«Ma questo governo risolverà i problemi»

«Ma questo governo risolverà i problemi» «Ma questo governo risolverà i problemi» IL SOTTO SEGRETARIO MICHELI R ROMA ICAPITOLIAMO. Scalfaro in partenza per il Sud, preoccupato per le tensioni dei disoccupati meridionali, chiede lumi sul tema-lavoro al governo, che studia in fretta e rimpannuccia addirittura un «decretone». D'Alema, il Premier Virtuale, apre la strada ad un compromesso con Bertinotti sul risanamento dei conti pubblici. Prodi, il Premier Reale, blandisce il leader rifondatore e gli strappa un mezzo accordo sulle privatizzazioni, che prevede la vendita della Stet a ottobre ma il «sacrificio» dell'Enel. Insomma, magari un po' democristiana, ma questa non sarà davvero una svolta per il governo dell'Ulivo, che può tirare il fiato, Bicamerale permettendo, almeno fino al prossimo autunno? Enrico Micheli, nel suo ufficio a Palazzo Chigi, affila il consueto sorriso scaltro, ma prudente: «Stiamo facendo passi avanti, ma evitiamo previsioni. Io sono come gli allenatori di calcio, che quando li intervisti sulle ambizioni della squadra dicono sempre "non pensiamo allo scudetto, viviamo del giorno per giorno, poi vedremo a fine campionato cosa accadrà"». Per ora accade che Scalfaro, con una mossa magari pure discutibile, vi mette «in mora» sull'occupazione... «Il Capo dello Stato non ci ha creato alcun imbarazzo. Era da tempo che puntavamo ad imprimere un'accelerazione al patto per il lavoro, a scuotere il Parlamento ed uscire da certe prolissità sul disegno di legge Treu. L'invito del Quirinale è stata l'occasione per dare questa svolta. Faremo un decreto legge, per fluidificare le procedure e sbloccare i fondi per l'occupazione, spero già la prossima settimana». Dica la verità, dottor Micheli, finora avete fatto poco. Ed è uno dei motivi per cui avete il sindacato contro... «Sì, il sindacato ha le sue ragioni: sul patto del lavoro non siamo riusciti a marciare come avremmo voluto, per difficoltà nostre e hon solo nostre. Ma il sindacato, di cui ho grande rispetto perchè il nostro è tra i più seri d'Europa, deve a sua volta compiere passi concreti verso la flessibilità». Nel frattempo, per superare gli scogli dei prossimi mesi trattate con Bertinotti... «Mettiamola così. In questi ultimi giorni tutti hanno preso coscienza del fatto che alternative palesi, a questo governo e a questa maggioranza, non ce ne sono. E quindi bisogna andare avanti con l'azione programmatica che ruota su 4 pun ti: risanamento, ingresso in Europa, occupazione e privatizzazioni. Su questi punti il governo deve marciare senza cedimenti». Dottor Micheli, di cedimenti se ne vedono eccome... «Sbaglia. Si vede un'attitudine alla mediazione e al negoziato, che spero continui perchè se le posizioni si irrigidissero in modo radicale il governo ne subirebbe un colpo mortale». Eppure dal vertice D'AlemaBertinotti... «Dal vertice D'Alema-Bertinotti, che è stato molto positivo, è uscita esattamente questa consapevolezza: il governo deve andare avanti. Questo vuol dire che su ciascuno dei quattro punti programmatici di cui parlavo prima si sta cercando di trovare un accordo. La situazione è fluida, e d'altra parte non è una novità. Questo governo ha sempre navigato in mare aperto, in mezzo a venti che a volte l'hanno sospinto, altre volte l'hanno frenato». Stiamo ai punti programmatici, e partiamo dalla manovrimi. Ora il vento di Rifondazione vi spinge o vi frena? Dopo l'incontro D'Alema-Bertinotti si è parlato persino un possibile rinvio a dopo le elezioni amministrative. «Vede, quando si avvicina una scadenza elettorale un certo "bradisismo" politico è comprensibile. Ma la manovrina è materia sulla quale decide il governo, e nessun altro». Prima delle elezioni? «Certo, alla fine della prossima settimana avremo i dati della trimestrale e faremo le nostre scelte. Per adesso restiamo a quel che Prodi ha detto al Senato: lo scostamento sul deficit, secondo le principali istituzioni finanziarie internazionali, oscillerà tra lo 0,3 e lo 0,7% del Pil, cioè tra i 6 e i 14 mila miliardi. Lo colmeremo, qualunque sia l'entità effettiva». Circola l'ipotesi che alla fine il governo, per non creare attriti con Rifondazione e sindacati, si limiterà ai 6 mila miliardi del prelievo sul Tfr. «Glielo ripeto, la manovra aggiuntiva avrà l'entità adeguata a farci rientrare nel rapporto del 3% tra deficit e Pil per il '97, previsto dal trattato di Maastricht. E quanto al Tfr...». ...preferirete lo «strappo» con la Confindustria di Fossa, che vi ha intimato per lettera di non procedere, a quello col sindacato, che rifiuterebbe altri tagli di spesa. E così? «Mi faccia dire: sul Tfr stiamo ancora valutando, e nulla è stato ancora deciso. Ma la Confindustria non si deve lamentare: non è vero che per le imprese non abbiamo fatto nulla, guardi solo a come il governo ha risolto la vertenza dei metalmeccanici venendo incontro anche alle loro esigenze. E poi mi pare che abbiamo dimostrato sensibilità anche per il rilancio di coiti settori produttivi, come l'auto, per esempio». D'accordo, ma resta il fatto che, sia sulla manovrina, sia sulla Finanziaria, state indulgendo al «teorema impossibile» di Bertinotti: come si fa a fare una manovra senza tagli di spesa e senza tasse? «Infatti, è il rebus su cui ci stiamo arrovellando in questi giorni. E' chiaro che quando Bertinotti dice "no ai tagli di spesa" pensa alla spesa sociale». E voi a cosa pensate? «Beh, ci sono tanti capitoli nella spesa pubblica, sui quali si può in terveniro...». Dottor Micheli, non si fanno manovre da migliaia di miliardi tagliando la carta igienica dei ministeri, come dice il ragioniere Monorchio... «No, ma si può ancora risparmiare molto». Sulle pensioni, magari. Userete o no i «consigli» della Commissione Onofri? «La Commissione ha fatto un ottimo lavoro, sarà un contributo al dibattito, insieme ad altri. Quanto alle pensioni è im tema all'ordine del giorno, come tutta la riforma del Welfare. Ma non voglio entrare nel merito delle misure concrete e dei tempi, anche se una cosa voglio dirla: abbiamo un obiettivo irrinunciabile, l'ingresso in Europa. Se tutti lo condividiamo, allora dobbiamo ricordare che l'anno decisivo per raggiungerlo è il '97, e che sarebbe un delitto fermarci a dieci metri dal traguardo: quindi dobbiamo fare ancora qualche sacrificio». Ma l'anticipo della Finanziaria è ancora in piedi o no? Berlusconi da Bonn è tornato ad offrirvi il suo aiuto... «L'ipotesi è all'ordine del giorno: sarebbe un segnale forte sui mercati, e ci eviterebbe i soliti tormentoni ottobrini. Certo l'incontro ProdiBerlusconi è servito a stabilire una fairness. Ora il fatto nuovo è che il Polo dice "siamo disposti a confrontarci sui provvedimenti in Parlamento". La pretesa originaria era un'altra ed era sul merito: e cioè "se fate la Finanziaria che faremmo noi vi daremo il nostro appoggio". Questa era inaccettabile, mentre la nuova proposta, sul metodo, è apprezzabile». Ultimo dei punti programmatici: si profila un'intesa anche sulle dismissioni: sì di Rifondazione alla vendita Stet, ma in cambio Enel e Eni restano pubbliche, giusto? «No, non la inetta in termini di scambio!». Non ce la metto io, ce la mette Bertinotti... «Sulla Stet stiamo facendo progressi, non c'è ancora un accordo definitivo ma le posizioni si sono molto ravvicinate: Bertinotti ha compreso l'importanza della golden share, sul piano strategico, e si è convinto della buona fede del governo sulla creazione del "nucleo duro'', che potrà comprendere istituzioni nazionali pubbliche e private, ma non dovrà escludere partner stranieri, perchè la Stet dovrà essere un grande competitor di livello mondiale». Enel ed Eni non si vendono. «Sull'Eni manterremo per ora il 51%, sull'Enel stiamo valutando: ogni settore industriale è diverso e può contare su assetti diversi. Io credo che un accordo soddisfacente si può raggiungere, anche col contributo delle opposizioni». Questo nuovo china di collaborazione con le opposizioni è possibile anche perchè D'Alema ha rassicurato Bertinotti sul fatto che la «stampella» del Polo non significa più «larghe intese». E' così? «Direi di sì. Sotto questo profilo, negli ultimi giorni abbiamo fugato il rischio di nuovi sbocchi trasformistici ai problemi del Paese. Ora finalmente è chiaro: ogni ipotesi di ribaltone è impossibile. Lo dico ancora una volta: questo governo è forte, non ha alternative». Ma questa è anche una debolezza... «No, è una realtà. L'Ulivo ha vinto le elezioni, quindi governa. La debolezza c'era ai tempi della Prima Repubblica, quando caduto un governo se ne faceva subito un altro e tutto andava avanti come prima». A questo punto crede davvero che se cadesse il governo Prodi andremmo a votare? «L'ha detto D'Alema. l'ha ripetuto oggi Veltroni. Perchè mai non dovrei crederci?». E a un Prodi-bis ci crede? «L'altro giorno qui a Palazzo Chigi parlavamo di questo problema della clonazione, mi hanno spiegato che è il prelievo di una cellula poi riprodotta tale e quale. Ah, ho risposto, adesso ho capito cosa sarebbe il Prodi-bis. Per quanto mi riguarda non ne esistono altri». Massimo Giannini «Ci stiamo mettendo d'accordo con Bertinotti Il peggio è passato» ministri economici al Colle: «Cè una questione che non mi dà pace: quando sento che ci sono somme di denaro ferme ed inutilizzate, conosco un poco di diritto costituzionale», sottolinea con tono quasi irridente. Da questo Sud Scalfaro lascia te al lavoro che manca bisogna rimboccarsi le maniche insieme». «Insieme», parola chiave che percorre tutti i pensieri del Presi- esto governo à i problemi» illà l 03 l 07% dl Pill Cfidti di F hi dii l' bbli i li i ò i Qui sopra il leader di Rifondazione Fausto Bertinotti A destra il sottosegretario Enrico Micheli

Luoghi citati: Bonn, Europa, Fossa, Roma