Ha carri armati e batterie anti-aeree di Vincenzo Tessandori

Ha carri armati e batterie anti-aeree Ha carri armati e batterie anti-aeree molti restano tappati in casa, perché ormai è chiaro che nella «Libera Repubblica» si pensa forse abbastanza alla dichiarazione d'indipendenza, ma di sicuro in parecchi approfittano del momento per regolare certi conti rimasti in sospeso troppo a lungo. Sì, la gente ha paura e non soltanto dei carri che potrebbero spuntare in ogni momento dall'ultima curva e puntare diritto su piazza della Bandiera, quella dove, nel 1912, venne proclamata l'indipendenza. Ha paura pure di questa guerra per bande e delle sparatorie che, di notte, scandiscono il tempo, dei morti ammazzati che ormai nessuno conta più, dei Kalashnikov imbracciati da ragazzi di 12 o 14 anni, della follia generale. «Consegnate le armi!», hanno ordinato da Tirana e si dice che oltre 3500 mitra e pistole siano già stati riportati nei commissariati. Ma non sembra una notizia esatta: perché i commissariati, se non son stati ridotti in cenere, appaiono deserti, perché, dice un biondino sui vent'anni di Saranda, «qui nessuno restituisce niente per il semplice fatto che non c'è neppure un'autorità a cui darle, le armi». E se per raro caso qualcuno ha cominciato la raccolta, ecco pronta l'accusa: quelle armi sono state subito rivendute, insomma son tornate in circolo. I carri e la grande battaglia. Se c'è qualcuno che delira, altri mostrano di avere la testa sulle spalle. E si tenta di allontanare lo spettro almeno di una strage degli innocenti. Così la Fondazione Scanderbeg ha lanciato l'idea di inviare una nave nel porto di Valona per raccogliere i bambini. Patrizio Ciu, presidente della Fondazione, si defi¬ nisce «un clandestino alla rovescia», perché è arrivato qui dall'Italia quando crollò l'ultimo muro. Spiega: «Chiediamo una nave smilitarizzata per attendere un intero giorno tutti i bimbi possibili. Affidateci per un giorno, uno soltanto, quella nave e date a quei bambini una chance: uno solo che riuscirà a salire a bordo sarà uno in meno a rischiare la vita». E' un progetto non facile, perché da una parte son molte le irragionevoli ragioni di Stato che potrebbero sconsigliare un dialogo, quale che sia, con i «ribelli comunisti» del Sud e, dall'altra parte, è altrettanto complicato individuare, a Valona, il gruppo dominante, quello che finora ha diretto la rivolta e che, forse da solo, potrebbe decidere una tregua. Perché senza una tregua, senza la certezza che qualcuno non ceda all'impulso di sparare nel mucchio, Giustizia sommaria ai danni di un filogovernativo legato ad un palo. Sotto, ribelli a Saranda controllano armi, munizioni e una motovedetta che hanno appena strappato all'esercito l'idea appare irrealizzabile. L'elenco dei morti si allunga, uno a Saranda ma forse era un ladro d'auto sorpreso sul lavoro, si precisa; un altro è stato ucciso ad Agirocastro, un ragazzo che attendeva per strada e non sapeva di aver bruciato la sua ultima ora. Ancora due a Valona. Aldo Zenzani, un romagnolo rimasto in città, dice al telefono che «le pallottole mi fischiano vicino alle orecchie. Vorrei andarmene, ma non sanno come fare a tirarmi fuori». Altri tre italiani dei quali non sono stati forniti i nomi hanno superato ieri la frontiera greca. Notizie che, ormai, a Tirana non provocano più neppure emozione. Come non colpisce neppure tanto il fatto che Halil Rec,i, capo delle guardie presidenziali, sia stato silurato e messo agli arresti domiciliari. Come rischia di lasciare indifferenti il fatto che molti giornali non esco¬ no per evitare la censura preventiva. Ma non solo la censura è la preoccupazione di molti giornalisti, naturalmente dell'area di opposizione. Giorni fa hanno appiccato il fuoco al quotidiano «Kola Jone», e ieri i redattori hanno denunciato la «persecuzione» perché già molti, dicono, sono stati aggrediti, picchiati, sequestrati: per questo, qualcuno, da ieri ha scello la clandestinità. L'altra notte hanno tentato un'aggressione a mano armata contro Shpetim Nazarko, direttore di «Dita». Tre, armati e in abiti civili, si sono presentati a casa sua e lo hanno chiamato a gran voce e poi hanno sparato. Ma stavolta, hanno fatto fuoco anche i vicini, sugli aggressori, che son dovuto fuggire. Ma a Tirana, soffocata dal coprifuoco, non si aspettano i carri armati. Vincenzo Tessandori La mappa delle principali città in rivolta si sviluppa in tutto il Sud del Paese dove l'esercito avanza con i mezzi blindati La Fondazione Scanderbeg tenta di imbarcare tutti i bambini di Valona su una nave per sottrarli a orrori e rischi della guerra

Persone citate: Aldo Zenzani, Halil Rec, Kola, Patrizio Ciu

Luoghi citati: Agirocastro, Italia, Tirana, Valona