Gli italiani
Gli italiani Gli italiani Da 110 aziende appello di pace TIRANA. Cautela, fiducia, un poco di preoccupazione. Con qualche voce dissonante sono questi i giudizi che la comunità imprenditoriale italiana esprime nelle ore difficili e convulse della crisi albanese. Una forza cosciente di essere ormai una voce importante nel panorama economico del Paese: 30 mila posti di lavoro da quando ha cominciato a diffondersi ^azienda Italia», altrettanti occupati nell'indotto, 400 imprenditori presenti su tutto il territorio (alcune fonti parlano di 1500), investimenti complessivi per circa 300 miliardi di lire. «Una forza - spiega Luigi Fabri, ingegnere, presidente del comitato che riunisce circa 110 aziende - che ha prodotto stipendi sicuri, prelievo fiscale, pagamento di oneri sociali, ma soprattutto lavoro». Oggi il comitato ha fissato una riunione degli aderenti in cui gli imprenditori italiani chiederanno «che si trovi una soluzione di tipo politico che coinvolga tutti i partiti». «La nostra preoccupazione dice Fabri - è che se la lotta politica si inasprisce vi sarà un grave danno complessivo per tutto il Paese, per noi e per chi lavora per noi. Noi siamo ospiti dell'Albania, e sono convinto che il nostro ruolo ora sia quello di inviare un messaggio perché il Paese sia riportato alla normalità». Cristina Busi, l'italiana che rappresenta la Coca-Cola in Albania (140 dipendenti, 16 milioni di bottigliette all'anno, stipendi dai 150 ai 200 dollari al mese) accusa del caos albanese le bande illegali che hanno preso fiato dagli errori commessi negli anni scorsi: «Qui è passato l'inverosimile: il mondo esterno si è arricchito alle spalle degli albanesi e questa è la conseguenza. Noi siamo venuti qui, abbiamo inventato, investito, insegnato, portato lavoro». E' proprio il lavoro la categoria protagonista dei giudizi degli italiani. Fabri spiega che non a caso la rivolta albanese è esplosa a Sud, dove il lavoro è sempre stato un'emergenza e l'illegalità ha rappresentato l'unico sfogo alla disoccupazione. «Le zone dove maggiore è l'occupazione, Durazzo, Tirana, il Nord - continua Fabri -, sono rimaste tranquille. Forse gli albanesi hanno compreso che la vera risorsa è il lavoro e dove c'è lavoro non c'è spazio per l'insurrezione». Una conferma viene da Carlo Alberto Rossi, della Hobbit, società di consulenza alle imprese che in questi giorni funziona da «collegamento tra gli imprenditori, una sorta di canale aperto tra le aziende». Rossi racconta di avere parlato con alcuni imprenditori italiani che ancora si trovano nella zona di Valona. «Ci hanno detto che gli stessi operai albanesi hanno organizzato presidi nelle aziende. Difendono il loro posto di lavoro». [Ansa]
Persone citate: Carlo Alberto Rossi, Cristina Busi, Luigi Fabri
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