D'Alema, basta cedere a Rifondanone di Alberto Rapisarda

Quasi due ore faccia a faccia con Prodi a Palazzo Chigi. Oggi Berlusconi va da Kohl Quasi due ore faccia a faccia con Prodi a Palazzo Chigi. Oggi Berlusconi va da Kohl D'Alenici, basta cedere a Rifondanone E Marini appoggia la «linea dura» verso Bertinotti ROMA. E' l'ora della resa dei conti con Rifondazione comunista. Questo è andato a spiegare ieri, per quasi due ore, Massimo D'Alema al presidente del Consiglio. Non ci sono più margini. O ti metti su questa linea o non se ne esce, è il senso della lunga conversazione. E Prodi ha capito che questa volta rischia veramente di venire bruciato. Perché i tempi sono proprio cambiati e ora appare credibile la nascita di un nuovo governo di «larghe intese» (per entrare in Europa ma anche per combattere l'emergenza disoccupazione), vista la disponibilità che Berlusconi ogni giorno riconferma. D'Alema è convinto di essere riuscito a persuadere il presidente del Consiglio. «L'incontro con Prodi è andato bene» ha assicurato. Ed è andato poi a parlare della situazione col segretario dei Popolari, Franco Marini, che concorda totalmente sulla linea dura verso Bertinotti. Prodi deve costringere Bertinotti a discutere del programma del governo con tutta la maggioranza, e non in sede separata. A quanto pare, il pds preferirebbe che Prodi rimanesse al suo posto, ma tocca a lui fare i passi necessari se vuole durare. Cioè, deve finire il continuo sforzo di rappezzare il rapporto con Bertinotti. Bisogna rispondere con un «basta!» definitivo alla lunga lista di «no» di Rifondazione comunista a tutto ciò che riguarda la fase due del go- verno. Prodi è ora sul filo del rasoio di cui parlava l'altro ieri il pidiessino Fabio Mussi. Il presidente del Consiglio sa che D'Alema ha più carte di lui: ha vinto il congresso del pds, ha fatto approvare la sua linea sulla riforma dello Stato sociale, alla guida del ppi c'è Marini e non più Bianco. E poi, D'Alema ha bisogno di chiudere al più presto il tira e molla con Rifondazione, perché nel pds l'ala sinistra si è messa in moto per formare una corrente che farebbe da ponte con Bertinotti e Cossutta. In mattinata, prima di vedere D'Alema, Romano Prodi aveva affrontato la delegazione di Rifondazione comunista, senza ottenere alcun risultato. Volti scuri da una parte e dall'altra e disaccordo su privatizzazioni, occupazione, manovra, telecomunicazioni, immigrazione. «Disaccordo, ma non rottura». La trattativa è aperta. Se il governo risponde di no si crea un problema politico. «Sono loro che si stanno mettendo in una posizione negativa, di chiusura» spiegava al termine Oliviero Diliberto. E si è capito che Prodi, affiancato da Veltroni, Ciampi e Treu non aveva lasciato tanti margini. E che Rifondazione deve valutare se arrivare alla rottura o no. Armando Cossutta, realista, pare il più cauto. «C'è una reciproca preoccupazione per vedere di trovare soluzioni valide. Continua la trattativa. Continua la riflessione». A sera, riflettendo riflettendo, Rifondazione comunista ha cominciato a cedere qualcosa. Potrebbe avere una posizione più «morbida» sulla privatizzazione della Stet, a patto che venga garantita una presenza pubblica, del tipo anticipato da Ciampi martedì. E anche accettazione del lavoro interinale se si vara un piano di sostegno per i disoccupati da più di due anni. Soluzione che piacerebbe anche al pds. «Alternativa di governo non c'è» diceva Diliberto dopo il «difficile» colloquio a Palazzo Chigi. Rispondendo a Prodi che aveva presentato come realistica quella alternativa. C'è Berlusconi che fiuta il vento propizio ed è in piena azione. Oggi va anche lui a parlare col cancelliere tedesco, Kohl, per presentarsi come colui che può dare stabilità all'esecutivo. «Il governo è costretto all'inerzia perché le posizioni al suo interno sono contraddittorie» dice il capo del Polo. «Mi auguro che si possa arrivare ad un cambiamento di azione politica». Alberto Rapisarda Il segretario del pds Massimo D'Alema con il presidente del Consiglio Romano Prodi

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