«lo, pizzaiolo da week-end disoccupato senza futuro» di Fulvio Milone

«lo, pizzaiolo da week-end disoccupato senza futuro» «lo, pizzaiolo da week-end disoccupato senza futuro» COME VIVERE ALLA GIORNATA NAPOLI ON gli piacciono i cortei, è convinto che gli scontri in piazza servono solo a peggiorare le cose e non ha mai aderito ad alcuna delle mille sigle che costellano l'universo dei senza-lavoro a Napoli. Antonio Di Maio fa parte dello sterminato esercito di disoccupati «disorganizzati», quelli che vivono il loro dramma l'orse con rassegnazione, sicuramente in silenzio. Lo stesso silenzio che, come ha detto qualche giorno fa il sindaco Bassolino, «preoccupa e angoscia più di mille blocchi stradali n incidenti con la polizia». La storia di Antonio è comune a quella di tutti i giovani che, come lui, vivono un presente fatto di niente e cercano di non pensare a un futuro dominato dall'incertezza. (Eccomi qui: Di Maio Antonio, 23 anni, due fratelli e una sorella, orfano di padre. Sto in famiglia, in mi appartamentino nel quartiere Pianura, alla periferia occidentale della città. Di soldi, in casa, se ne vedono pochi. Mia madre vive della pensione che le ha lasciato papa: un milione seicentomila, lira più lira meno, ogni due mesi. Dei miei fratelli solo uno, il più grande che ha trent'armi, lavora. Abita in provincia di Avellino, lo stipendio è appena sufficiente per mantenere la sua famiglia. Gli altri sono disoccupati come me, e come me si arrangiano. Devo dire però che nessuno di noi fa la fame: il lavoro nero, quello a Napoli non manca. Ci dà abbastanza per tirare avanti con un minimo di dignità. «Non vivo come i miei coetanei. Loro escono il sabato e la domenica, vanno a divertirsi. Io, invece, lavoro solo nei weekend. Faccio il pizzaiolo in un ristorante della zona, se mi va bene riesco a guadagnare anche settantamila lire in mia sera. Non sarebbe male, se non fosse per il fatto che, mentre gli altri se la spassano, io devo sudare davanti a un forno a legna arroventato. Ma non posso lamentarmi, perché so di gente che sta molto peggio di rne e non trova niente da fare nemmeno nei fine-settimana. E poi io sono imo che guarda sempre al lato positivo delle cose. Ho una ragazza che mi vuole bene e capisce le mie esigenze: al cinema ci andiamo ogni tanto il martedi o il mercoledì. Di pomeriggio, si capisce, perché il bigbetto costa meno. Vuoi sapere come trascorro la giornata? Per la verità non c'è molto da raccontare. Di mattina accompagno mia madre a fare la spesa, il pomeriggio lo passo con gli amici: ci occupiamo di solidarietà, frequentiamo una sezione dell'Arci. La sera esco con la mia ragazza. «Le mie aspirazioni? In passato ne ho avute, eccome. Pensa un po' : un tempo credevo addirittura che avrei trovato un lavoro attinente al mio titolo di studio. Era il '93, una vita fa: avevo il diploma di ragioniere in tasca e un sacco di idee per la testa. Ero convinto che ce l'avrei fatta, ma poi sono passati i mesi, e dopo i mesi gli anni, e all'ottimismo e alla voglia di fare è subentrata la stanchezza. C'è stato un momento in cui tutto mi sembrava inutile, a cominciare dalla file quotidiane nell'ufficio del collocamento. A poco a poco mi sono reso conto che qui a Napoli non avrei mai trovato un lavoro. Qumdi, due anni fa, mi son detto: Anto, è arrivato il momento di emigrare. Alcuni giovani del quartiere l'a- vevano già fatto: erano saliti su un treno diretto in Emilia. L'Emilia... Per noi era un mito, l'Eldorado dove la ricchezza e il lavoro non mancano mai. «L'ho preso anch'io, quel treno, a settembre del '95, dopo aver clùesto e ottenuto il trasferimento di tutta la mia documentazione di disoccupato doc dal collocamento di Napob a quello di Reggio Emilia. E' stato come piombare in un altro pianeta. Le bacheche dell'ufficio di1 lavoro erano piene davvero di xichieste di assunzione di manodopera specializzata: bastava andare in fabbrica, scambiare quattro chiacchiere con il padrone e il posto era tuo. Pensavo: finalmente ce l'hai fatta, ora ti aspetta una nuova vita. «Dio sa se ci ho creduto, ma purtroppo non è andata così. Ho fatto i conti e mi sono accorto che con la paga che mi avrebbero dato non ce l'avrei mai fatta a mantenermi lontano da casa. Se da uno stipendio che non supera il milione e otto togli i soldi per il fitto di casa, le bollette e il cibo e i trasporti, non arrivi nemmeno alla fine del mese. Allora mi sono chiesto: è vita questa? Se dovevo campare da pezzente a Reggio Emilia, tanto valeva tornarmene a Napoli, e così ho fatto. Certi giorni mi prende una rabbia che spaccherei tutto. Ma la rabbia è meglio tenerla a bada, perché è una bestia pericolosa: se esce dalla gabbia chissà quanti guai può combinare. E poi spero sempre che qualcosa cambierà. Sai com'è: sono ottimista per natura». Fulvio Milone

Persone citate: Antonio Di Maio, Bassolino, Di Maio Antonio

Luoghi citati: Avellino, Emilia, Napoli, Reggio Emilia