Rivoluzione in nota di Sandro Cappelletto
Rivoluzione in nota Rivoluzione in nota Così la Chiesa riscrìve le melodie la fede e le sinfonie LA musica è morta con Palestrina», amava ripetere, nella sua bella casa a due passi dal Pantheon, padre Domenico Bartolucci. Più gli anni passavano, più l'invocazione diventava stentorea, e nostalgica. E il repertorio che il direttore della Sistina insegnava ai suoi cantori non conosceva deroghe. La sua rimozione, che segue di un anno quella di padre Bonifacio Baroffio, preside del Pontificio Istituto ai Musica Sacra e magnifico difensore del rigore gregoriano, indica con chiarezza che il tempo delle deroghe, invece, è giunto. La scadenza imminente del Giubileo induce il Vaticano a riconsiderare la propria politica anche nei confronti della musica. L'obiettivo di una Chiesuniversale sembra conciliarspoco con i difensori di una tradizione rigorosamente eurocentrica, e l'invito ai compositori contemporanei di consderare con rinnovata attenzione il genere sacro non potevtrovare troppo sostegno da chpreferisce dialogare con il passato. I mutamenti, specie se bruschi, impressi all'ordine dellCappelle pontificie, rivelansempre disagi e progettQuando, nel 1562, l'eviratcantore spagnolo FrancescTorres viene assunto tra le voci di soprano della Sistina, lChiesa dimostra di accettarla pratica di quella orrendmutilazione, se il risultatconsente di celebrare la glori di Dio anche con quelle voci inaudite, e così adatte ad esprimere l'estetica barocca della meraviglia. Quando, nel 1903, in un momento di grave crisi creativa della musica sacra cattolica, Lorenzo Perosi persuade papa Pio X ad abolire l'usanza e a mandare anzitempo in pensione Alessandro Moreschi, ultimo castrato a dirigere la Sistina, le ragioni positive della natura sembrano di nuovo prevalere. Quando, alla fine degli Anni Sessanta, le chitarre elettriche e gli accordi del pop accompagnavano, in liberissime traduzioni italiane, i diversi momenti della liturgia, la strizzata d'occhio ai gusti dei giovani divenne palese, anzi compromettente. E la moda passò presto. Ma l'Italia non è il centro della politica vaticana: negli stessi anni il successo della Missa Crioìla, costruita su temi del folklore amerindio, confermava l'attenzione e la disponibilità verso il moderno, anche a costo di confusioni e retromarce. Dopotutto, perfino il «genio della musica», il fiammingo Johannes Ockeghem, di cui si celebra in questi giorni il quinto centenario della morto, aveva fatto transitare nelle sue Messe le melodie di alcune chan- sons popolari, e la sensualità del canto di Palestrina - Nigra sum, sed formosa dal Cantico dei Cantici - non aveva impedito la devozione. Oggi, la scelto di don Giuseppe Liberto, che con il coro del Duomo di Monreale ha partecipato alla grande rinascita, critica ed esecutiva, della musica barocca e dei suoi fasti rappresentativi in atto a Palermo, sembra indicare una scelta piuttosto precisa. Nihil innovetur itisi qiiud traditimi. La quadratura del cerchio tra progresso e tradizione, che da secoli è il problema del canto sacro, ha richiesto una sterzata a vantaggio dei gusti attuali della modernità. Sandro Cappelletto Negli Anni Sessanta entrarono nei cori le chitarre elettriche
Persone citate: Alessandro Moreschi, Bonifacio Baroffio, Domenico Bartolucci, Giuseppe Liberto, Johannes Ockeghem, Lorenzo Perosi, Nigra, Pio X
Luoghi citati: Italia, Palermo, Palestrina
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