Il primo giorno di guerra civile

Manovra a tenaglia dell'esercito nel Sud sen2a testimoni: fermati i giornalisti Il primo giorno di guerra civile Assedio a «Valona libera», battaglia a Saranda Manovra a tenaglia dell'esercito nel Sud sen2a testimoni: fermati i giornalisti SUL CONFINE TRA DUE ALBANIE FIER DAL NOSTRO INVIATO Il colle di Koshoviza è poco più di una gobba, circondalo da pini bassi o nodosi c taglialo da una strada dissestata che è l'unica, fra il Nord e il Mezzogiorno, la sola per Valona la ribelle. Ieri Koshoviza, pochi chilometri oltre Fier, era il posto di frontiera fra le due Albanie, un posto di frontiera sbarrato da duecento poliziotti, militari e uomini delle forze speciali. Volti tesi, le mani sul grilletto del Kalashnikov, gli occhi puntali laggiù, al curvone dopo la discesa dove, dicono, ci sono «i ribelli comunisti», quelli che, per giorni, radio e televisione di Stato avevano chiamato «terroristi», e molti dei quali hanno perso tutto nelle finanziarie. «lk!», «Via!», intimano quelli delle forze speciali, ragazzi dal volto di pastore con indosso una divisa di un colore vicino al nocciola, indefinito, marezzata di nero, eredità di vecchi rapporti con la Germania Est. Quelle divise non coprono neppure gli abiti borghesi che nessuno s'è cambiato, quando li hanno arruolati in fretta e furia. «Ik!», andate via. Non c'è niente da vedere, dice uno che stringe il mitra quasi volesse spezzarlo. «Niente, per te italiano. Siete tutti comunisti, voi italiani». Non c'è il nemico, più avanti, non c'è niente e basta. Ma dalla strada spunta un furgone con tre ragazzi. Lo fermano. E' mezzogiorno. Dalla perquisizione salta fuori un'arma e al guidatore neppure danno il tempo di spiegare: lo afferrano, parlerà al «Komisariati Ipolicise» di Fier. Non c'è niente da vedere, ma tre raffiche rabbiose smentiscono tutti. Poi, dal curvone, arriva un'auto con quattro sopra e uno è ferito. E' un ufficiale di polizia, lo hanno preso a una gamba, diranno all'ospedale di Fier, e anche al polmone. Ma forse, quelle ferite, non faranno statistica. Non succede più nulla, né qui a Fier e neppure a Valona, garantisce Pask Tusha, colonnello di polizia. «La situazione a Valona è sotto controllo, la polizia è tornata in città, la gente collabora, anzi, a centinaia consegnano le armi: ne abbiamo raccolte più di tremila, finora. Valona è libera, non ci sono i cani armati». Il colonnello cerca di mantenere un tono convincente. «Non esistono problemi, se uno vuole andare a Valona. Telefono e sento com'è la situazione». Occorre un lasciapassare per il posto di blocco? Ecco fatto: solo che sul documento c'è scritto che l'auto può tornare da Fier a Tirana, e il foglio servirà al massimo a sveltire i controlli nei 14 posti di blocco. Così il bluff è sfumato. Perché a Valona nessuno comanda o, forse, vogliono comandare tutti, e pure ieri ci sono stati sei morti, anche una bimba eh 4 anni che giocava in giardino, anche quattro che, ha rilanciato per tutto il giorno la radio, stavano andando a consegnare le armi. Uccisi dai loro stessi compagni, fucilati nella pubblica piazza. «Ma non ci sono problemi», ripete sotto il salice piangente di fronte al cancello del commissariato il colonnello Pask Tusha. Fier è serena, assicura, ma mentre parla qualcuno spara raffiche di mitra e non sono colpi di gioia, e le auto senza targa dei servizi di sicurezza schizzano dalla caserma. Perché solo una settimana fa la gente da qui aveva sloggiato le forze dell'ordine. Ma ora, questa, è una città di retrovia: da due giorni gli alberghi sono completi, requisiti per militari e poliziotti, e alle 13 arrivano anche sei blindati, quelli lunghi, con i musi piatti, che servono per il trasporto dei militari. E ne portano a grappoli, infatti, armati di mitra e in abiti borghesi, preoccupati soprattutto di non essere fotografati. E' da qui, dal colle di Koshoviza che passano i carri pei" puntare sulla «libera Repubblica di Vlora», fondata sulla disperazione, ma anche sul denaro facile, sulla droga e su tutti i traffici più ignobili. Perché, da 72 ore, è scattata un'operazione militare in grande stile, la prima, per quest'esercito rima¬ sto cinquant'anni a vegliare sulle frontiere minacciate dai nemici di tutto il mondo. L'idea è semplice, in apparenza: bloccare a Nord, circondare Valona, che è lì, 35 chilometri più sotto di Fier, e affondare la lama da Sud. Per questo i carri armati ieri sono entrati a Argirocastro e per questo si sono appostati davanti a Saranda, la base navale che guarda Corfù, li, a portata di braccia. E i greci, pure loro, sono in allarme, e si dice che abbiano rinforzato le difese per rintuzzare l'idea, mai venisse, di una fuga in massa dei «ribelli comunisti». Ma è un'ipotesi, questa della fuga in massa sull'isola greca, sulla quale non sono possibili previsioni. A Saranda gli armati sono entrati nella base navale, si sono impadroniti non soltanto di mitra, pistole ed esplosivi, ma anche di quattro motovedette e pure di un sottomarino. E sulla costa che corre fino a Valona, come i bucanieri del tempo che fu, si sarebbero riuniti gli abitanti di sei villaggi in un patto d'acciaio inossidabile e si sarebbero passati le armi: se i fanti di mare albanesi volessero tentare uno sbarco, hanno fatto sapere, «li fermeremo sul bagnasciuga». E al tramonto nei pressi della base navale scoppia l'inferno: ci sono gli elicotteri e i carri armati, si spara, parlano di morti e feriti. 1 carri sono lì, in vista di Valona, stanno per entrare, la gente li aspetta, s'intende, «con sollievo». La voce dell'Albania ufficiale è instancabile nel tentativo di minimizzare. Per alcuni sacerdoti italiani che si trovano nelle zone meridionali non esistono preoccupazioni, ma ce ne sono per due suore che svolgono la loro missione sulle montagne. Con tono infastidito si dà la notizia che in tutto il Paese i bottegai hanno aumentato il prezzo degli alimentari. Eppure, si precisa, a dispetto di quanto si teme, non manca nulla. Il fatto e che la gente cerca di fare incetta anche di farina, a Tirana come a Elbasan, come a Lushnja, come a Durazzo. E proprio davanti al porto, su a Nord, otto mercantili sono alla fonda in attesa di poter scaricare. Ma davvero ci sarà la grande battaglia? Sul serio quelli di Valona manterranno la minaccia di fare della città «una nuova Stalingrado»? Veramente i soldati spareranno sulla gente? Questo non è un Paese sconfinato, dove si possono spostare uomini da luoghi remoti. Qui sono tre milioni e un ragazzo in divisa ha molte possibilità di trovarsi di fronte alla canna del mitra qualcuno di cui c stato amico. Forse per questo si potrebbe scegliere di prendere tempo. In fondo, Valona la ribelle è isolata dal mondo e manca tutto, anche la benzina, e per strada non circola quasi più nessuno. Soltanto loro, ripete la radio, i ((libelli comunisti». Ecco, forse è questa la carta a sorpresa: un assedio per lame. In serata gli affamati, pei' procurarsi cibo, hanno assaltato due ospedali. Vincenzo Tessandori Intervengono anche gli elicotteri, vittime «Giustiziati» dai compagni 4 uomini che consegnavano ie armi Uno dei ribelli Impugna un fucile automatico ■

Persone citate: Pask Tusha, Tusha, Vincenzo Tessandori

Luoghi citati: Albania, Durazzo, Germania Est, Stalingrado, Tirana