«E' il solito bluff di Fausto
«E' il solito bluff eli Fausto «E' il solito bluff eli Fausto E Prodi oscilla tra neocomunisti e liberisti AROMA NCHE Fausto Bertinotti ha contratto la sindrome dell'altalena. Il leader di Rifondazione comunista alterna giudizi pubblici e privati del tipo «Romano Prodi è un democristiano abile, che sa come districarsi, non ci sarà una rottura con lui», ad altri in cui «il presidente del Consiglio ha adottato io schema dalemiano, pensa che noi bluffiamo ma si sbaglia, noi non vogliamo nessuna manovra e non abbiamo paura delle elezioni». Per arrivare al punto, si ha quasi la sensazione che le parole in politica non costino niente. Che un uso spropositato e contraddittorio di esse al massimo può aumentare la confusione nei «media» o nell'opinione pubblica e, comunque, non più di tanto. C'è anche chi pensa che in fondo in fondo questo bailamme possa avere i suoi vantaggi: consente al gran manovratore di muoversi indisturbato, di far finta di decidere senza decidere, di cambiare i numeri a suo piacimento e magari di far passare tasse per tagli. Purtroppo non è così. Mai come in questo periodo ogni frase, ogni respiro può avere delle conseguenze sui mercati, può essere utilizzato per una speculazione o, magari, nella guerra economica che si sta svolgendo sull'unione monetaria tra banche e governi centrali. Quelle battute di Bertinotti che da noi sono considerate alla stregua di «peccati veniali», di tributi da pagare alle esigenze di visibilità di Rifondazione, hanno, invece, delle pesanti ripercussioni. In realtà le parole costano. Come pure le promesse mancate, le finte tattiche o le trattative estenuanti. E per una politica come la nostra, appunto manovriera e parolaia, questa rischia di diventare un'amara verità. Purtroppo è difficile sapere quale incidenza ha sul bilancio dello Stato il capitolo di spesa «parole in libertà», ma semmai un giorno potrà essere calcolato, si scoprirà che non è certo di poco conto. Possono i politici nostrani risparmiare parole, essere chiari nelle scelte, mantenere impegni o, magari, decidere senza ripensamenti cambi di alleanze? E' difficile, se non impossibile. L'avvento del bipolarismo non ha cambiato una classe politica che non risolve le questioni ma le esorcizza, che da sempre preferisce il rinvio alle decisioni, che scambia ura credenza del pa'az- zo per una legge della fisica, quella secondo la quale il tempo risolverebbe di per sé i problemi. Quello che sta avvenendo nelle ultime settimane è la fotografia di questo stato di cose. Ieri il ministro del Tesoro è ritornato a dire che ci vuole una manovra di 14 mi¬ la miliardi. Il segretario di Rifondazione, cioè di un partito che è nella maggioranza di governo, ha ripetuto invece che non ce n'è bisogno. In mezzo c'è Prodi: per mesi il presidente del Consiglio ha sperato di evitare la manovra ma poi si è convinto che è necessaria anche se l'ha ribattezzata «manovrina»; adesso, mentre il super-ministro dell'Economia Carlo Azeglio Ciampi indica delle cifre, Prodi confida ancora nei dati della Trimestrale di cassa per dimezzare quei 14 mila miliardi di cui si parla. «Ne ho discusso questa mattina con lui - ha confidato ieri Gianclaudio Bressa, uno dei suoi uomini ombra - e non è detto che alla fine per far quadrare i conti non basti una manovra di seimila miliardi». Ma poi di che manovra si tratterebbe? Bertinotti non vuole - lui solo sa come - né tasse né tagli alla spesa. Massimo D'Alema, Franco Marini e Lamberto Dini, cioè esponenti dell'attuale maggioranza, vorrebbero intervenire più con i tagli alla spesa. Mentre Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini hanno offerto i loro voti per una manovra che operi ap- punto sulla riduzione delle spese. Romano Prodi sta in mezzo a tutto questo: un giorno è più vicino a Massimo D'Alema, un altro si allontana da Franco Marini, un altro apre a Silvio Berlusconi, un altro riprende a filare con Bertinotti. Ma poi, ogni tre giorni il Professore si ritrova al punto di partenza: spe- ' ra che quello di Rifondazione comunista sia un «bluff», che magari concedendo qualcosa o più di qualcosa a Bertinotti, secondo la logica democristiana, si possa superare anche questo ostacolo. E i problemi dell'ingresso j in Europa? Li risolverà il tempo, forse verranno in aiuto le difficoltà di Helmut Kohl. Nessuno, però, calcola le parole che si sono spreca- j te per tornare esattamente ; nel punto da cui si era partiti qualche giorno fa. Parole che costano. Augusto MinzoSini Intanto Berlusconi rilancia la proposta di un accordo per l'Europa «Tutti insieme e alla luce del sole» A sinistra Massimo D'Alema con il leader di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti A destra il presidente di An Gianfranco Fini »
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