Prodi: troppi veti, ma non cederò

CENZA Prodi: troppi veti, ma non cederò LE «GABBIE» DEL PALAZZO QROMA UI è difficile fare qualsiasi cosa, per colpa dei conflitti politici, dei veti incrociati di Rifondazione e di Rinnovamento e delle pastoie burocratiche... Tutto è bloccato... Gli altri Paesi europei hanno solo alcuni problemi aperti, noi li abbiamo tutti aperti...». E a metà cena, il presidente del Consiglio, messi da parte bonomia e ottimismo, si lascia finalmente andare. E' lunedì sera e i suoi commensali sono gli otto deputati dei comunisti unitari (la costola di Rifondazione che nella scorsa legislatura abbandonò Bertinotti e che adesso è approdata nel gruppo della sinistra democratica). A quell'incontro conviviale partecipano anche il fratello eh Romano Prodi, Vittorio, e il sottosegretario Arturo Parisi. In tavola gli «straccetti» di manzo con la rucola si succedono alle orecchiette con i broccoletti. Il leader dell'Ulivo sospira. Crucianelli gli fa presente che l'orse, se prendesse un'iniziativa forte sull'occupazione, almeno il «nodo» con il prc si scioglierebbe. Ma il presidente del Consiglio emette un nuovo sospirane, che questa volta è quasi un gemito, e spiega: «E no, quello è proprio uno dei problemi più complessi. Sul patio per il lavoro non c'è spazio per l'are niente adesso. La conferenza nazionale sul lavoro non si può tenere, le risorse destinate per alcuni provvedimenti ci sono, ma sono bloccate per colpa di alcuni problemi burocratici, sul lavoro interinale c'è il "no" di Bertinotti... Insomma io che posso fare?». Gli ospiti di quella tavolata austeramente imbandita al terzo piano di Palazzo Chigi si guardano interrogativamente, l'uno con l'altro. «L'unica cosa che proprio non si può rinviare, anche se Rifondazione dice 'no" a tasse e a tagli sulla sanità e le pensioni - riprende Prodi - è la manovrala». «Ma sarà più vicina ai 6 o ai 15 mila miliardi?», gli chiedono i comunisti unitari. E lui: «Ai 15 mila». Altro silenzio. I commensali del leader dell'Ulivo continuano a scrutare questo presidente del Consiglio «imprigionato». Parisi si informa garbatamente se i comunisti unitari hanno una struttura nazionale, estesa in tutto il territorio. Loro rispondono, ma l'attenzione di Crucianelli è fissa sul problema Rifondazione. Vorrebbe coinvolgerla di più. Ma Prodi appare scettico. «Bertinotti - osserva - usa sempre la stessa tattica. Lui dice subito "no", "no", su tutto. E infatti, dopo questo suo alzar di scudi, i primi incontri con lui sono quasi inutili, si potrebbero anche non fare perché non portano a niente. Solo dopo si attivano le telefonate, i contatti diplomatici e la situazione comincia a sbloccarsi. Del resto è stato sempre così, sin dall'inizio. Anzi prima era peggio: quelle di adesso sono fibrillazioni quasi di "routine"». Eppure il «tarlo» de! presidente del Consiglio non si chiama Fausto Bertinotti. «Voi parlate di Rifondazione - spiega Prodi ai comunisti unitari - ma vi rendete conto che io debbo avere a che fare anche con Stajano? Rinnovamento mi dà tanti "aut aut" quanti me ne dà il Prc. Anzi, i primi sono molto più pesanti dei secondi. Stajano insiste come Bertinotti, ma almeno quest'ultimo è ima persona intelligente...». E anche il partito popolare, versione Franco Marini, dà qualche grattacapo al leader dell'Ulivo. «Già - dice ai suoi ospiti il presidente del Consi¬ glio - il ppi adesso ha bisogno di rilanciarsi, di avere visibilità, e quindi anche questo partito fa sollecitazioni, richieste». A una sola forza politica della coalizione Prodi non ha rilievi da fare: alla Quercia. Ma i comunisti unitari hanno l'impressione che questo silenzio sia dovuto alla provenienza politica degli interlocutori che il leader dell'Ulivo si trova di fronte. Nel lunghissimo incontro conviviale, però, Prodi tenta anche di rassicurare i suoi commensali. Dice lo¬ ro: «Con Rifondazione non romperò». Poi spiega: «Sulla manovra non cercherò i voti del Polo». Quindi continua così: «Nonostante tutto, noi siamo a un passo dall'unione europea, e sono sicurissimo che ce la faremo, non c'è dubbio». In quelle due ore e mezzo si lascia anche andare a parlar d'altro, il presidente del Consiglio. La storia della clonazione, per esempio, lo affascina: «Certo, bisogna assolutamente regolamentare la materia - osserva - ma io vi dico la verità, quando la vedo sui giornali, quella pecora Dolly mi piace tanto...». La serata finisce. I comunisti unitari si allontanano da palazzo Chigi. Sono perplessi e si chiedono come andrà a finire. In quel mentre Gianfranco Nappi osserva: «Io l'ho trovato piuttosto insipido». Gli altri lo guardano. Ma l'osservazione ha implicazioni culinarie e non politiche: Nappi si riferisce al cibo di palazzo Chigi e non al suo inquilino. Maria Teresa Meli «Dini, basta aut-aut. Anche Marini adesso fa sollecitazioni perché cerca visibilità» A sinistra premier Romano Prodi A destra il ministro degli Esteri Lamberto Dini