Illusioni e rimpianti di un'inflazione alta di Alfredo Recanatesi

F F OLTRE LA LIRA Illusioni e rimpianti di un'inflazione alta N certo signore, un bancario per la precisione, ha scritto ad un giornale per sfogare il suo risentimento: non ci vengano a raccontare - è il succo del discorso - che la riduzione dell'inflazione è un successo; la realtà è che io e molti come me stavamo meglio, ma molto meglio prima, quando l'inflazione era ben più alta, ma potevo permettermi spese che ora non posso più permettermi. Questa lettera ha colto nel segno di sensazioni assai diffuse come dimostra il fatto che ha avuto un largo seguito sia di altre lettere ai giornali, sia di interventi che hanno giustamente colto e sottolineato la realtà di quelle sensazioni. E tuttavia, la domanda implicita in quella prima lettera non ha trovato risposta; anzi, se è possibile, la confusione in materia, già implicita nel modo stesso in cui il problema è stato posto ulteriormente aumentata. E' aumentato il sospetto, o molto spesso la convinzione, che i due fenomeni siano legati da un nesso di causalità; ossia che l'inflazione si sia ridotta in quanto si è ridotto il tenore di vita o, se si preferisce, che il tenore di vita si sia ridotto in quanto c'è meno inflazione. Sensazione pericolosa perché, com'è già avvenuto per il processo di integrazione monetaria dell'Europa, la riduzione dell'inflazione viene associata a conseguenze negative sul benessere, sull'occupazione, sulle possibilità di crescita dell'economia e suscita, conseguentemente, risentimento e diffidenza, ancorché indistinti, verso questa come verso ogni altra politica cosiddetta virtuosa. Il corollario di queste senzazioni, infatti, è che una ripresa dell'inflazione non è mal vista come, invece, è necessario che sia. Siccome la prima resistenza che all'evenienza deve essere opposta ad una sempre possibile ripresa dell'inflazione è proprio quella di comportamenti soggettivi non disposti ad accettare aumenti di prezzo ingiustificati, fino a quando senzazioni come quelle del nostro bancario continueranno ad essere condivise, l'inflazione avrà sempre qualche speranza di poter rialzare la testa, e di conseguenza il suo ripiegamento non potrà essere considerato veramente strutturale e definitivo. La sensazione errata che bassa inflazione e regresso del benessere siano inevitabilmente ed indissolubilmente legati tra loro discende dal fatto che nella recente esperienza italiana i due fenomeni si sono verificati I contestualmente. Ma è tropI po poco per poter conclude- re che l'una cosa sia conseguenza dell'altra. L'inflazione, infatti, non è altro che una continua, sensibile e unidirezionale modificazione del metro monetario, col quale viene misurato il valore di beni reali come le merci, il lavoro, i manufatti, gli immobili ed il loro rapporto di scambio. Almeno in teoria, nulla impedisce di ipotizzare che una economia possa espandersi ed i suoi frutti possano essere equamente distribuiti anche in presenza di una inflazione elevata; ma nella prassi ciò è impossibile da realizzare per la infinità di effetti che l'inflazione produce, con intensità e tempi diversi, facendone perdere il controllo. Una inflazione bassa, quindi, si concreta in ordine, prevedibilità, e soprattutto trasparenza nella generazione c nella distribuzione del reddito. Proprio questa trasparenza ha reso più evidente che, soprattutto in termini reali, il risanamento della finanza pubblica è stato relizzato in questi anni pesando soprattutto sulle classi di reddito medie e basse, con entrate costituite essenzialmente da fiscalità non progressiva e spesso neppure proporzionale e spese che sono state contenute in tutti i settori tranne, ovviamente, quello degli interessi. In questo modo il risanamento ha modificato la distribuzione del reddito in senso regressivo (meno a chi ha poco, e più a chi ha molto) e depressivo (perché come ovvia conseguenza sono stati penalizzati i consumi di massa) impantanando l'intero sistema economico in una stagnazione dalla quale sembra sempre più difficile uscire. E' questa regressione nella distribuzione del reddito che ha costretto il nostro bancario ad un tenore di vita più attento: non si è ridotto il reddito che lui percepisce, che anzi quello è aumentato; si è ridotta la parte di esso della quale ha libera disponibilità e che determina il tenore di vita, che infatti avverte essersi ridotto. Ha ragione, dunque, a lamentarsi: è in una condizione molto diffusa e, quasi certamente prevalente. Ma questo impoverimento non ha nulla a che fare con la discesa dell'inflazione. Alfredo Recanatesi es^Jj

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