Vecchia guardia addio, nello Stato arrivano i «commissari» di Valeria Sacchi

Vecchia guardia addio, nello Stato arrivano i «commissari» NOMI E GLI AFFARI Vecchia guardia addio, nello Stato arrivano i «commissari» Franco Tato all'Enel, Giancarlo Cimoli alle Ferrovie dello Stato, Guido Rossi alla Stet. Nominalmente amministratori delegati e presidente nei tre grandi gruppi pubblici Di fatto «commissari» del governo nelle difficili province dell'impero. Nelle quali è in arrivo un quarto «commissario)) ai Monopoli di Stato, dove il ministro delle Finanze Vincenzo Visco ha appena licenziato il potente direttore generale Ernesto Del Gizzo Perché, gira e rigira, così va il mondo Risanamenti e dismissioni non vanno d'accordo con vecchie dirigenze. Può avere pure ragione l'ex amministratore delegato della Stet, Ernesto Pascale, quando dice che non era lui a remare Ernesto contro la pri- Pascale vatizzazione della Stet. Ma forse chi viene da consuetudini del passato non e libero da condizionamenti, per quanta buona volontà ci metta. Cosicché non si ha cambiamento senza sostituzione del manovratore. E meglio, almeno in Italia, se il manovratore assomiglia il più possibile ad un commissario. Del resto anche nella superconservatrice Francia si regolano alla stessa maniera. Al disastralo Crédit Lyonnais il governo ha spedito Jean Peyrelevade a sostituire Jean-Yves Habérer, l'uomo che sognava la banca «alla tedesca». Al gruppo assicurativo Gan, anch'esso in profondo rosso e legato da intrecci societari con la Sai di Salvatore Ligresti, Jean Arthuis ha preso il po¬ sto di Francois Heilbronner. C'è solo un rischio in questi cabiamenti: che, fagocitati dalla macchina che dovrebbero cambiare e forse dalle dolci brezze romane, i commissari a loro volta scivolino in tentazioni conservatrici. Lo scontro fra Tato e il ministro dell'Industria Pieluigi Bersani sul documento elaborato dalla commissione guidata da Umberto Carpi, è un segnale. Il bello, comunque, verrà quando bisognerà scrivere la parola «fine» all'epopea dell'Iri. Il suo presidente Michele Tedeschi, dopo essere stato (a dire il vero per una non lunga stagione) il propugnatore dell'estinzione dell'istituto, oggi sembra alla ricerca di un progetto di «riconversione». Riuscirà? O Giancarlo dovrà anche Cimoli Guido Rossi lui fare le valigie per lasciar posto al liquidatore? Forse riuscirà perché in suo aiuto è arrivato un insolito cavaliere bianco: Fausto Bertinotti. Il quale vorrebbe affidare all'ente quelle «attività extramercantili» che vanno dall'ambiente alla tutela e valorizzazione del patrimonio artistico-culturale e delle grandi aree urbane da risanare. Quelle attività, insomma, di cui il mercato non si occupa, per la loro scarsa convenienza economica. Ricordando che, accanto alle pagine nere, l'industria patria ha visto anche pagine gloriose, come l'Iri di Enrico Beneduce o l'Eni di Enrico Mattei, il segretario di Rifondazione, probabilmente ispirato dal consulente economico Nerio Nesi, disegna per l'Iri Due un importante futuro. Esce dalla Consob con l'onore delle armi Enzo Berlanda, e lascia in eredità alcune raccomandazioni: un sindaco indicato dalle minoranze, un flusso maggiore di informazioni tra comitati esecutivi e consigli di amministrazione. E tre segnalazioni alla magistratura su ipotesi di insider trading. Tocca a Tommaso PadoaSchioppa raccogliere la bandiera e i mille grattacapi. Anche se il cambio della guarda non avverrà prima di metà aprile, consentendo al «Pastore bergamasco» di chiudere la sua presidenza con la relazione sul 1996. Curiose, o forse anticipatrici alleanze. Mentre entra nel vivo il dibat- tito sulle fondazioni bancarie, una proposta comune porta la firma di due «avversari» politici: il senatore dell'Ulivo Franco Debenedetti e l'ex ministro degli Esteri Antonio Martino, senatore del Polo. I quali, partendo dal disegno di legge del ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi, sollecitano l'introduzione ài scadenze temporali, almeno per quanto riguarda i grandi gruppi. A loro volta i grandi gruppi, fatta eccezione per il Monte dei Paschi di Siena che si tiene al coperto, sono in fibrillazione. A Vicenza, il presidente di Ambroveneto Giovanni Bazoli insiste per un aumento di capitale che possa servire come arma di manovra nell'ipotesi di un'intesa con Cariplo. E da Milano uno dei vicepresidenti di Cariplo, Claudio Demattè, esce allo scoperto affermando che tale intesa avrebbe forti valenze industriali. A Torino, la privatizzazione del San Paolo si intreccia con un diverso modo di intendere il ruolo della Fondazione da parte del presidente della Spa, Gianni Zandano, e di Luigi Arcuti presidente dell'Imi e azionista del gruppo torinese. La mediazione tra i due, in una contesa che nasconde anche contrasti sulla direzione della banca e sugli uomini dello staff, è affidata ad un torinese doc, che queste storie interne le conosce per filo e per segno, il presidente della Fondazione Gianni Merlin! Valeria Sacchi Giovanni Bazoli Ernesto Pascale Giancarlo Cimoli Guido Rossi Tommaso Padoa Schioppa Carlo Azeglio Ciampi Giovanni Bazoli

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