Caselli: un sacco di menzogne di Francesco La Licata

Caselli: un sacco di menzogne Caselli: un sacco di menzogne «Attacchi diretti per screditarci Cosa Nostra esce allo scoperto » PALERMO DAL NOSTRO INVIATO Ritrattazione? Macche, finiamola. Gaetano Sangiorgi, detto «Tani», non può ritrattare nulla a proposito di Andreotti per un semplice motivo: non ha mai detto nulla sui rapporti fra il suocero - l'esattore Nino Salvo - e il senatore a vita. La Procura della Repubblica spara a zero sul medico palermitano - sotto processo perché accusato di aver collaborato all'uccisione di Ignazio Salvo, cugino del suocero - protagonista della clamorosa deposizione di fronte alla corte d'assise di Perugia. Una testimonianza che ha puntato il dito contro i pubblici ministeri di Palermo che sostengono, nei riguardi di Andreotti, l'accusa di associazione mafiosa ed insinuato il sospetto che i magistrati abbiano cercato di «far dire» al teste cose mai dette, magari facendogli balenare la possibilità di una «contrattazione»; trattamento di riguardo in cambio di ammissioni sulla presunta conoscenza o amicizia tra i Salvo e Giulio Andreotti. Giancarlo Caselli, Guido Lo Forte, procuratore aggiunto, e Gioacchino Natoli, imo dei pm dei processo Andreotti, parlano cliiaro e carte alla mano. «Sangiorgi - spiegano - ha detto mi sacco di menzogne. Ha lasciato intendere di essere sialo avvicinato e coartato mentre stava in carcere, sotto inchiesta per l'omicidio di Ignazio Salvo. Questo è falso, perché in relazione alla vicenda Andreotti lui è stato sentito una sola volta: il 2) luglio del 1993 ed era un uomo libero. Nessuno quindi poteva promettergli la libertà, dal momento che non ne era stato privato». Ma non è, questa, la sola inesattezza detta dal medico Secondo Caselli, Lo Forte e Natoli, in quel verbale del 1993 non c'è assolutamente nulla che possa essere considerato compromettente per l'impu• tato Andreotti. «11 valore probatorio di quella testimonianza - sottolinea Gioaccliino Natoli - è uguale a zero, visto che Sangiorgi non ha fatto alcuna ammissione cuca i rapporti diretti fra i suoi familiari, i Salvo, e l'ex presidente del Consiglio». Andando a rivedere il verbale (oggi pubblico), in effetti, si legge che Sangiorgi nega qualunque tipo di rapporto fra il suocero ed Andreotti, limitandosi a confermare quanto già acclarato pubblicamente e cioè lo stretto vincolo con Salvo Il procuratore G ancarlo Caselli Lima, capocorrente andreottiano a Palermo. 11 medico non fu utile all'accusa neppure per sciogliere gli altri piccoli «misteri» sul senatore a vita, e cioè se fu mai ospite dello yacht di Nino Salvo e se mando in regalo, alla festa di nozze di Sangiorgi con la figlia dell'esattore, il famoso vassoio d'argento mai trovato. «Quella - ripeti: Lo Forte - fu l'unica volta che Sangiorgi venne sentito per Andreotti e lo ricordo bene perché fui io ad ascoltarlo come teste. Di lui ci siamo occupati dopo, quando il collaboratore Gioacchino La Barbera lo chiama in causa per l'omicidio di Ignazio Salvo». Già, il pentimento di La Barbera Secondo la Procura, Sangiorgi intuì (o fu informalo) che per lui si metteva male e decise di lasciare la Sicilia (risulta da una testimonianza del collaboratore Gioacchino Pennino) prima ancora che contro di lui fosse formalizzata l'accusa di omicidio. Poi arrivò la tegola della prova schiacciante: un'impronta, presa all'interno dell'auto usata dai killer e rimasta anonima per il periodo delle prime indagini, fu confrontata con quelle del medico: i periti trovarono 17 punti di compatibilità, sufficienti per reggere pure in Cassazione. Ecco - secondo i magistrati di Palermo - che a cruci punto Sangiorgi, por evitare l'estradizione dalla Francia (dov'era stato catturato dagli uomini del questore Manganelli e «per questo calunnia anche lui»), indossa i panni del perseguitato politico. «Un disperato espediente per non essere estradato» che, secondo Lo Forte, naufraga perché i giudici francesi non gli credono. Sangiorgi, quindi, starebbe semplicemente continuando nel ruolo di «perseguilato»: operazione che «tradisce la sua debolezza» e sembra indirizzata più verso una strategia della confusione, attuata con una lucida abilità massmediologica, che verso la reale possibilità di «poter sfuggire ad una pesante condanna». La vicenda ha amareggiato Caselli. «Non riesco a capire - dice il procuratore - perchè lutto quello che dicono i pentiti, anche se ci sono i riscontri, viene sempre messo in dubbio, mentre ciò che racconta Sangiorgi e oro colato». Francesco La Licata Il procuratore Giancarlo Caselli

Luoghi citati: Francia, Palermo, Perugia, Sicilia