Pagine di Montagna

Pagine/// Montagna Pagine/// Montagna Quando la cronaca nera sale ad alta quota Incidenti alpinistici, frane, valanghe I brani di questa pagina sono tratti dal catalogo che accompagna la mostra, e che è in vendita alla cassa del museo e in libreria a 40 mila lire. L'allestimento propone un viaggio nel tempo e nella memoria di oltre cent'anni, e racconta con testi e immagini, come La Stampa, ha trattato l'argomento «montagna» in tutte le sue accezioni, dall'alpinismo allo spopolamento, dalla cronaca di incidenti e catastrofi (come il Vajont), alla nascita dello sci e alle spedizioni oltreoceano. Gli orari del Museo. Dal martedì al venerdì continuato: 8.30-19.15. Sabato, domenica e lunedi: 9-12.30/14.45-19.15. Ingresso 8 mila, ridotto 5 mila, soci Cai 4 mila. Il biglietto comprende la visita della mostra «Pagine di montagna», di tutte le collezioni del Museo, e permette di assistere alle proiezioni a ciclo continuo dei videomontagna. Informazioni 011/6604.104. Mostra aperta fino al 16 marzo. ,,, . . . le labbra screpolate dal freddo della montagna il veleno dalla ferita rendendo possibile la salvezza del suo soldato». Quindi a una colonna: «Impianto di una stazione di soccorso sul Monte Rosa a cura dei Club Alpino di Varallo», e «Valida opera di spegnimento di un incendio a Briga Marittima (in Disastro del Vajont, nel 1963: trasporto delle vittime con gli elicotteri Usa valle Roia allora italiana, ndr), a opera della Milizia Confinaria e dei Carabinieri». Infine, tra un Balilla che salva un compagno dalle acque del Tanaro a Cuneo, e il Carro di Tespi a Ciriè, la curiosità: «Tredici grandi fusti di vino precipitati in un burrone sulla salita dei Giovi. Danno complessivo circa 16 mila lire». VAJONT I DUEMILA MORTI DI LONGARONE Vajont, animali affogati dopo l'onda di piena ■ L Vajont con i duemila morti j I di Longarone (il primo giorH no si parlava di tremila vittime, cifra rettificata cinque giorni dopo) il 10 ottobre del '63, vede fior di mviati sul posto, da Francesco Rosso (del 1909, scomparso nel '91), a Gateano Tumiati, da Giorgio Martinat (entrambi in pensione), a Beppe Del Colle (che fu poi vice direttore di Famiglia Cristiana e attualmente è direttore del Nostro Tempo), fino a Giampaolo Pausa. La materia travalica ovviamente «la montagna», diventa una catastrofe immane, ripresa dai maggiori quotidiani del mondo, commentata da Didimo, pseudonimo di Rinaldo De Benedetti, decano e maestro dei giornalisti scientifici italiani, scomparso nel '9S a 92 anni. Compare anche un fondo di Luigi Salvatorelli, mentre Vittorio Gorresio scrive da Roma sull'inchiesta: «Per sta¬ bilire se sono state violate le leggi o se queste non sono adeguate ai tempi». Lo stesso 15 ottobre, sempre del '63, si verifica un fenomeno tipico ancora oggi: argomenti che prima sarebbero stati trattati marginalmente, assumono improvvisamente importanza, sull'onda dell'emotività. A pagine 12 de La Stampa una spalla a tre colonne con cartina racconta «Polemiche in vai d'Aosta per la diga di Beauregard: le popolazioni pensano con raccapriccio al disastro del Vajont». E sotto, un due colonne basso: «Proteste per una diga in costruzione a Sanremo»... Nel gennaio del 1967 Tumiati torna sul posto e scrive un pezzo in terza pagina. Il titolo è: «A Erto e Casso i due paesi del Vajont, è permesso abitarvi solo di giorno». Occhiello: «Sono passati tre anni dall'alluvione, ancora nulla di fatto». Solite cose. [r. se] Durante i cinque anni di guerra. La Stampa, come tutti i quotidiani, ha poche pagine, quasi tutte occupate dai comunicati ufficiali, la censura è rigida, lo spazio è poco, i problemi gravi. Di montagna non si parla se non con brevi note sulla corta guerra sul fronte occidentale. Nel '46, tornata lentamente la nomalità, il 20 gennaio, una domenica, tre colonne annunciano «La più grande nevicata del secolo», contenti solo gli sciatori e perfino «le sciatrici che giravano sotto i portici di via Roma in calzoni e scarponcini». Nel gennaio '47 sotto il titolo: «I negrieri della montagna», si racconta dell'arresto a Bardonecchia di due passeur di una piccola organizzazione per l'espatrio clandestino in Francia. La cifra pagata da ciascuno era di 100/150 mila lire. Una fortuna. Il cronista non specifica dove i clandestini passavano la' frontiera. Parla genericamente di «difficoltosi passaggi alpini... Radunati a Ulzio in squadre di dieci uomini, condotti da due loschi individui, non appena si giungeva in vista del confine gli accompagnatori si eclissavano abbandonando i poveretti. Decine di questi disgraziati sia perchè non pratici dei passaggi, sia per improvvise bufere perirono sepolti dalla neve o sfracelati in fondo a qualche crepaccio». Nel settembre '47 riappare un aggettivo (ci sono piccoli precedenti nel 1900), canagliesco nei confronti della montagna definita «traditrice» nell'occhiello del titolo: «Da quattro giorni scomparso sul massiccio del Gran Paradiso». La «montagna assassina», un classico della semplificazione ad effetto, verrà molti anni dopo, anche se c'è un precedente già nel 1900. L'aggettivo verrà poi usato sovente, in caso di incidenti mortali, nella maggior parte dei casi a sproposito: dalla lavatrice che fulmina la massaia, alla strada che ammazza a tradimento l'innocente (?) automobilista, fino all'irrangiungibile magnificat di un titolo recente, sul Corriere della Sera, «Mosto assassino», ovvero come i mortiferi miasmi delle uve in fermentazione, hanno asfissiato un contadino in Valtellina. Come se i soggetti incriminati (mammari), avessero una propria volontà di colluttazione e violenza.

Persone citate: Beauregard, Beppe Del Colle, Francesco Rosso, Giampaolo Pausa, Giorgio Martinat, Luigi Salvatorelli, Rinaldo De Benedetti, Roia, Tumiati, Vittorio Gorresio