Le ragioni di Guccini

lllì II lllì II illi i LA SETTIMANA Le ragioni di Guccini ON sappiamo voi. Ma a noi, l'arrivo, in città di Francesco Guccini rallegra. Amiamo chi, nel 1997, scrive una canzone come «Cyrano». Vi è già capitato di ascoltarla? E' una corrucciata invettiva contro «nuovi protagonisti, politici rampanti, portaborse, ruffiani e mezze calze, feroci conduttori di trasmissioni false che avete spesso fatto del qualunquismo un'arte». Meravigliosamente fuori moda, oggi. Oggi non soltanto l'indignazione è perduta, ma è scomparso addirittura quel minimo di censura sociale che dovrebbe tracciare il limite invalicabile fra galantuomini e farabutti. Non che un tempo mentitori inveterati, voltagabbana senza vergogna, ignoranti saccenti, finissero tutti in galera, anzi: molti prosperavano felici. Ma, se non altro, la gente dabbene non li salutava, le madri proibivano alle figlie di frequentarli, i negozianti li servivano senza affabilità. Adesso, invece, i più infernali mestatori portano a spasso le loro facce di bronzo qua e là per il Paese, vanno in tivù, sproloquiano, dettano legge. E vengono presi sul serio. Ci si domanda spesso perché Francesco Guccini, che fa così poco per piacere, per vellicare il gusto corrente, sappia ancora affascinare ragazzi che non erano neppur nati quand'egli era già un uomo maturo, e da un pezzo cantava che Dio era morto, ma però. E se l'amore dei giovani per il patriarca scontroso si spiegasse proprio con quel suo essere orgogliosamente fuori moda? Alla moda, oggi, sono la miseria umana e intellettuale, l'abilità funambolica di star sempre con la ragione e mai col torto, il piccolo cabotaggio dei sentimenti, l'opportunismo dello sciacallo. Francesco Guccini incarna, con la malagrazia naturale di chi pretende ancora di rispettarsi, ciò che un giovane oggi non trova nell'esistenza quotidiana che gli viene grigiamente somministrata. Racconta, Guccini, il coraggio di sbagliare, di amare, di lottare. In una parola, di vivere.

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