UNA COPERTINA DI URANIA FONDA UN'INFANZIA

IL CLASSICO IL CLASSICO di Alessandro Fo LA delicata figura di Andromaca torna ad affacciarsi fra le nostre pagine in due momenti lontani e quanto diversi della sua «esistenza» Uno dei Frammenti di Saffo curati ora con grando finezza e competenza da Antonie Aloni per i «Classici Giunti» (con testo a fronte, pp. 300 L. 36.000; e l'epitalamio per le sue nozze con l'eroe troiano Ettore e la coglie fra ricchi ornamenti e mille aromi Interverranno poi le luttuose vicende narrate nett'Iliade ed eccoci al polo opposto della vita: Troia è caduta, Ettore e il loro bambino Astianatte sono morti, Andromaca è schiava di Neottolemo, figlio di Achille. Forzata ad esserne la concubina, ne ha avuto un figlio, ed ora è oggetto di pericolosa invidia da parte di Ermione. la sposa legittima, ma sterile, di Neottolemo. Su questo plesso di angosce e mitologici drammi si costruisce la tragedia Andromaca di Euripide: la presente per la Bur Rizzoli (testo a fronte, pp. 148, L. 15 000) Caterina Barone, in una traduzione asciutta e vibrante (in prosa, e linea contro verso per i cori), corredata da note e da una puntuale introduzione, attenta soprattutto a due temi: la guerra come catena di catastrofi che travolge anche i vincitori; il gioco dei ruoli e degli affetti nella famiglia, con la parte che vi svolge la donna specialmente «in relazione alla discendenza». UNA COPERTINA DI URANIA FONDA UN'INFANZIA | Con Mari, sull'onda dei (comuni) ricordi tu sanguinosa infanzia Michele Mari Mondadori PP I3S L 26.000 LA TERZA ETÀ' DEL CONIGLIO I racconti di Updike fratello cicala John Updike traduzione di Luigi Schenoni Feltrinelli pp. 288 L 30.000 fratello cicala John Updike traduzione di Luigi Schenoni Feltrinelli pp. 288 L 30.000 OME la faccia di Jack Lemmon o come il trattato divulgativo del dottor Shervin Nuland sui modi «normali» di morire, gli ultimi ventidue racconti di John Updike illustrano vividamente e anche brillantemente il modo con cui l'uomo americano di classe media scivola dalla seconda età in quella definitiva e irreversibile. Questo passaggio può essere accompagnato da diversivi di carattere erotico, leggi i consueti adulteri updikiani con mogli di amici che sono più che altro repliche della propria; o di carattere turistico, come crociere culturali in luoghi classici, o escursioni in macchina nella vecchia Europa («Che cosa è un Vettoriale?» - «Non lo so. Una qualche specie di vittoria?»), magari con risvolti illuminanti come quando durante un percorso di golf nell'inevitabile Scozia sacrario di questo sport, un anziano giocatore comincia a sentire uscire dalla bocca del vecchio e saggio caddy del luogo oltre ai consigli sul vento e su quale mazza usare, profonde rivelazioni sul privato del cliente. Nella maggior parte dei casi però i protagonisti dei racconti, più o meno coetanei dell'autore (n. 1932J, rivisitano il proprio passato, magari partendo da una pacata considerazione sul presente. «Ci sono parecchi argomenti di cui ormai non mi interesso affatto», rileva uno di costoro. E un altro, ripensando agli antichi scoppi di ostilità della sua prima moglie, si rende conto che intorno ai trent'anni si è «creativi, potenti e plastici, creiamo e disfiamo le famiglie, abbiamo il mondo nelle nostre mani. Scherziamo con la dinamite». Ora però le cose sono cambiate. «Tutt'intorno a loro... i matrimoni andavano in pezzi. Tra le rovine prosperavano i consiglieri matrimoniali, gli psichiatri per l'infanzia, gli avvocati, gli agenti immobiliari. In vecchiaia non rimaneva altro che produrre qualche affaruccio per le pompe funebri e un'ora di piacevole lavoro per l'ecclesiastico locale. Mentre gli assicuratori avevano infine smesso di avvicinarlo e i cineasti l'avevano cancellato dalle statistiche demografiche del pubblico, gli eserciti della legge naturale, di cui c'era bisogno in tutta la terra per fare esplodere la dinamite dove contava, do due coniugi si recano a trovare una coppia di coetanei che ha ricominciato una vita diversa ed ecologica in una pittoresca Inghilterra rurale, con un ostentato entusiasmo che in qualche modo non convince i visitatori. Andando avanti, troviamo un maturo single che raccoglie l'appello di una conoscente malata terminale, e cercando poi sue notizie senza veramente coinvolgersi assaggia l'atmosfera di ospedali e infermieri; un altro, in seguito, prova qualcosa di simile ma in pillole, in occasione della seduta per una pulitura di denti. Spesso l'occasione per il bilancio è il confronto con una vecchia casa, da svuotare in seguito alla morte della madre, o da visitare con l'anziana genitrice perché messa in vendita da coloro che la comprarono da lei quasi cinquant'anni fa, o da abbandonare per un trasloco che costringe a rivedere oggetti e ad aprire bauli; o semplicemente da contemplare da lontano in seguito al caso che ha diretto il protagonista da un notaio donna abitante proprio nella sua antica strada. Altre volte il pretesto è più labileconsiderazioni sul mutato rapporto col sonno, o rievocazione di una vaga curiosità per l'esterno, che indusse all'acquisto, tanto tempo prima, di un piccolo telescopio da puntare verso il cielo. Diversamente da altrove, Updike consente di rado alla comicità delle situazioni di espandersi, perlomeno ddiventare allegria, la nota unificante di tutto il libro essendo 10 avevano lasciato a vagare in un crepuscolo di incoerenza». Il Coniglio di turno insomma scruta più soltanto se stesso, gli altri gli servono come specchio. Il primo racconto contiene, per esempio, le rapide vite parallele di due cognati, di cui 11 meno frivolo e più affidabile continua segretamente a invidiare la spericolatezza e il successo dell'altro fino alla morte in miseria di costui. Nel secon¬ do due coniugi si recano a trovare una coppia di coetanei che ha ricominciato una vita diversa ed ecologica in una pittoresca Inghilterra rurale, con un ostentato entusiasmo che in qualche modo non convince i visitatori. Andando avanti, troviamo un maturo single che raccoglie l'appello di una conoscente malata terminale, e cercando poi sue notizie senza veramente coinvolgersi assaggia l'atmosfera di ospedali e infermieri; un altro, in seguito, prova qualcosa di simile ma in pillole, in occasione della seduta per una pulitura di denti. Spesso l'occasione per il bilancio è il confronto con una vecchia casa, da svuotare in seguito alla morte della madre, o da visitare con l'anziana genitrice perché messa in vendita da coloro che la comprarono da lei quasi cinquant'anni fa, o da abbandonare per un trasloco che costringe a rivedere oggetti e ad aprire bauli; o semplicemente da contemplare da lontano in seguito al caso che ha diretto il protagonista da un notaio donna abitante proprio nella sua antica strada. Altre volte il pretesto è più labile, considerazioni sul mutato rapporto col sonno, o rievocazione di una vaga curiosità per l'esterno, che indusse all'acquisto, tanto tempo prima, di un piccolo telescopio da puntare verso il cielo. Diversamente da altrove, Updike consente di rado alla comicità delle situazioni di espandersi, perlomeno di diventare allegria, la nota unificante di tutto il libro essendo lucidamente malinconica; in compenso lo scrittore continua a sfoggiare la sua caratteristica capacità di descrivere con competenza artigianale di vero figlio di pionieri manufatti di arredamento, e poi anche piante, colori, paesaggi, ottenendo un iperrealismo dalla vividezza e dalla precisione addirittura diaboliche. Masolino d'Amico tu sanguinosa infanzia Michele Mari Mondadori PP I3S L 26.000 OICHE' non siamo critici, cattedratici, magistrati della letteratura, nulla ci obbliga a indossare la maschera deU'impassibilità. Ci arriva <.(Tu, sanguinosa infanzia» di Michele Mari, autore di varie opere narrative da noi non lette e del quale abbiamo sentito parlare da lontano. Sono racconti. Leggiamo l'indice. Il titolo del terzo racconto è: «Le copertine di Urania». Noi, che di «Urania» siamo stati i curatori per anni e anni, come potevamo non fremere di curiosità immediata? La fantascienza periodica era un lavoro che facevamo cercando di saldare il massimo della scrupolosità, dell'impegno, al massimo del divertimento. La rivista andava benino, poi bene, poi benissimo e sapevamo dunque di avere un pubblico amico e ragguardevole, secondo le annate si vendevano da 20/25 mila a 40/45 mila copie. Ma a parte qualche lettera, qualche casuale incontro con un amatore, di quel pubblico non sapevamo niente. Un violinista, un attore, un cantante ha lì davanti una sala con mille o duemila persone in carne e ossa che si spellano (o no) le mani, e oggi un comico, un conduttore d'indovinelli tv dispone di cani da audience che gli abbaiano in tre secondi l'effetto prodotto dalla sua esibizione. Noi lavoravamo al buio per acquirenti anonimi di cui la mente e il cuore ci erano ignoti. Mai ci siamo sentiti tanto gratificati (e diciamolo, giustificati), come dal racconto di Mari, che sulle copertine e i titoli di Urania sognò sfrenatamente da piccolo. Il suo non è affatto un libro nostalgico, niente sentimentalismi, basta coi violini sui bei tempi andati. Al contrario, si tratta di un recupero accanito, elegantemente maniacale, di quanto davvero «importava» nell'infanzia e primissima adolescenza. Un periodo sanguinoso, straziato da ferite minuscole e definitive, lo smarrimento di ima macchinina, di una carabina Winchester di cinquanta centimetri, dall'arroganza di un compagno detestato, dal sorriso di una Circe di 5a elementare rivolto a un altro, non a te. Disordini e dolori precoci, che l'autore invita a tesaurizzare in uno stile «alto», ironicamente paludato, ma insieme urgente, drammatico, da naufrago nel gran mare del tempo. Nulla deve andare perduto di quell'età, nulla abbandonato alla corrente. Crescere, maturare, lasciare la presa sui tormenti, le fantasie, le passioni dell'infanzia è un errore micidiale. Non si arriverà a capire niente di Tacito, di Kafka, se non ci si è dati anima e corpo alle avventure di Cocco Bill, di Mandrake, se non si è prima passati famelicamente per Collodi e Salgari. Un simile suggerimento vale volumi di scienza pedagogica. Nel suo fanatismo rimembrante Mari fa spesso scoccare scintille di poesia. Ma le pagine dedicate a Urania sono per noi il massimo, faziosamente. Noi di qua, fra Torino e Milano, alle prese con l'illustratore olandese Karel Thole, artista di gran genio, deliziosamente irascibile, fumatore a catena di Gauloises, che ci chiedeva uno spunto, un dettaglio cui aggrapparsi per la copertina. Provammo a mandargli i romanzi perché se li leggesse con comodo e si preparasse in tempo per le scadenze, ma era un uomo dell'ultimo istante e finivamo per riassumergli noi trame e personaggi. Lui prendeva la matita e si metteva ad abbozzare davanti a noi geometrie dissennate, protuberanze, tentacoli, liquami. Capitava che inventasse mostruosità tali che lui stesso vi rinunciava ridacchiando sotto i baffi anneriti dalla nicotina. Era un complice ineguagliabile. i Era u cop ggPer i titoli era lo stesso, a volte li discutevamo con la signorina Negretti, fedele redattrice, una donna alta, bionda, teutonica, un po' minacciosa, che viveva infelicemente con una madre in perpetua depressione. Comunista acerrima, odiatrice della Fiat, «la» Negretti aveva spinto la propria fede politica fino ad acquistare una vettura Skoda, fabbricata dai compagni cecoslovacchi, sempre guasta e coi ricambi introvabili; dopo qualche anno si arrese, ma alla Ford. Nulla abbiamo dimenticato, abbandonato alla corrente, di quell'età per noi tutt'altro che sanguinosa. Lo diciamo a beneficio di Michele Mari, che di qua, in casa del nonno, faceva scorrere l'intera collezione della rivista e sognava le nefandezze da noi escogitate, ingurgitava le suggestioni dei titoli da noi concepiti proprio per lui. Il suo preferito, fra i tanti, era «Colui che sussurrava nel buio» e non possiamo dargli torto. A noi piaceva molto anche «Camminavano come noi», sebbene, possiamo confidarglielo, il titolo supremo, inarrivabile, in qualsiasi tipo di fiction, restò sempre ai nostri occhi, ed è tuttora, «Ho sposato un mostro venuto dallo spazio». Ma era purtroppo il titolo di un film. Carlo Frutterò Franco Lucentini LA VITA E'FESTA SENZA FINE «La negligenza» di Pellegrini la negligenza Enrico Pellegrini Marsilio pp. 136 L. 20.000 la negligenza Enrico Pellegrini Marsilio pp. 136 L. 20.000 RA i romanzi «giovani» che ho letto negli ultimi tempi, La negligenza di Enrico Pellegrini mi sembra quello che più nettamente si distingue dall'occasionalità e dall'ossequio alle mode e ai mezzi di comunicazione di massa, per tendere, invece, a rappresentare il rapporto fra la vita giovane e le ragioni e le ansie di sempre: l'avventura, il desiderio, i moti dell'animo, le ambizioni, la sofferenza, la morte. Pellegrini concreta il racconto in tredici episodi, che corrispondono ad altrettante feste, poiché proprio la festa viene a costituirsi come l'occasione degli incontri, dell'intreccio di attrazioni, fughe, bizzarrie, umori, novità d'incontri e di luoghi, ma soprattutto perché è l'emblema della vanità, dell'inutile cercarsi e del perdersi dei personaggi, dell'altrettanto vana sequenza di esperienze che non conducono a nessuna maturazione, ma, se mai, alla disperazione e, infine, alla più o meno consapevole corsa verso l'autodistruzione, la cancellazione di sé, per l'impossibilità di raggiungere anche uno soltanto dei fini anche minimi di soddisfazione o d'amore. C'è una festa a questo proposito particolarmente significativa: quella in cui uno dei personaggi dice che, nella villa dove avviene, tutti si cercano o si inseguono senza mai trovarsi, e tutti i tentativi di raggiungere la persona desiderata finiscono nel nulla, proprio come accade nel Enrico Pellegrini (foto di Giorgia Fiorio/Grazia Neri palazzo ariostesco di Atlante, ma, nel romanzo di Pellegrini, con una nota amara di delusione e di sconfitta. Il protagonista è un liceale, di famiglia agiata, così come quasi tutti gli altri personaggi, quelli del suo mondo torinese come quelli delle altre feste, che si svolgono a San Francisco, a New York, a Praga, lungo le quattro stagioni di un anno. Nel trascorrere delle stagioni le feste vengono ad apparire sempre più tristi e insensate. Il protagonista Enrico ha alcuni compagni e amici che ritornano di festa in festa: il più singolare è Franz, violento, autoritario, amante di Marinella, la ragazza da cui anche Enrico è attratto, e che dimostra simpatia e desiderio a sua volta per Enrico. Ma tutto è vago, impossibile, inconsistente, come gli incontri di Enrico con altre ragazze che corteggia con ansia ma senza andare mai a fondo né con il desiderio né con i sentimenti: e fra questa c'è anche un'improbabile miss America che studia all'Università e fa l'indossatrice. A poco a poco il livello, prima molto elevato, delle feste, si degrada; e quelle di New York e di Praga sono di tale caduta di livello e più acre disperazione gli emblemi. La penultima festa è quella della notte di Natale, nella quale Enrico fa finalmente l'amore con Marinella, si ubriaca, corre nella notte, con l'auto che i genitori gli hanno appena regalato, per le strade ghiacciate, con la ragazza, ha un incidente in cui Marinella muore, mentre Enrico si salva a stento, tutto rotto (e il capitolo Festa senza festa è dedicato, dietro l'ironia del titolo, al ricovero e alle cure in ospedale di Enrico, che per caso apprende la notizia della morte di Marinella fra le sofferenze delle cure). L'ultima festa è quella, in ospedale, per il diciannovesimo compleanno di Enrico, con le visite degli amici che gli portano ciascuno un dono: anche Franz, sconvolto, distrutto, svuotato, infinitamente remoto dal personaggio dell'inizio, prepotente e aggressivo. Così si chiude il cerchio dell'anno esemplare e delle feste: con la tragicità non soltanto della morte, ma più ancora delle vite casuali, vane, malgrado tutti i tentativi che pure Enrico e gli altri fanno per trovare un senso, un ancoraggio, una via da percorrere verso una qualche meta. Pllii qPellegrini ha un linguaggio asciutto, netto, capace di incidere figure e situazioni con pochi segni sicuri, ma pur lasciando loro intorno sempre l'alone di un'infmita malinconia, più acuta proprio perché così giovane e già così definitiva. La negligenza è davvero un ottimo, mi bel romanzo. Giorgio Bàrberi Squarotti