Cosa nostra finisce sul lettino di Giovanni Bianconi

Cosa nostra finisce sul lettino TRA CRIMINE E PATOLOGIA Cosa nostra finisce sul lettino Gli psicologi: «Una malattia dell'anima» PALERMO per la prima COSA nostra, volta nelle insolite vesti di «paziente», affronta il lettino dello psicoterapeuta. Con il patrocinio della Fondazione di Studi Giuridici «Gaetano Costa», da stamane a Palermo un intero plotone di psichiatri e psicologi apre i lavori del primo seminario di ricerca sul tema «La mafia dentro: studi sulla psicologia e psicopatologia mafiosa». Due giorni no-stop: stamane l'appuntamento sarà nell'aula magna del Palazzo di Giustizia, domani nei saloni di Palazzo Steri. La mafia, dunque, scrutata e analizzata come malattia dell'anima, come aggregazione patologica che produce sofferenza e impedisce ai propri componenti di sviluppare un'identità autonoma, come struttura to¬ talizzante che trasforma i suoi «picciotti» in soggetti psicologicamente immaturi. Quel «male oscuro», insomma, che oggi richiede oltre agli ovvii interventi di natura repressiva - anche una specifica diagnosi. Gli esperti, del resto, assicurano che la lettura clinica del fenomeno mafioso, del tutto nuova in Italia, promette già sviluppi interessanti. Sul piano, per esempio, della cosiddetta «formazione» degli operatori della giustizia: e cioè quei magistrati e avvocati che devono confrontarsi con padrini e sicari, ma soprattutto con i pentiti, gli unici veramente disponibili a mettere in discussione la propria identità mafiosa. L'interesse del mondo giudiziario - com'era prevedibile - è enorme. Tra i promotori del seminario ci sono le cattedre di psicologia dinamica e di teoria e tecnica della dinamica di gruppo dell'università di Palermo, ma anche il Movimento per la Giustizia-Proposta 88. E oltre al procuratore Gian Carlo Caselli, che presiede l'apertura dei lavori, al microfono del seminario si alternano da stamane magistrati del calibro di Roberto Scarpinato, Teresa Principato, Luigi Patronaggio e Gioachino Natoli, della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, avvocati come Luigi Li Gotti, filosofi di spicco come Gianni Vattimo e sociologi di fama come Renate Siebert, che parlerà di «Donne e psichismo mafioso». Tutti insieme appassionatamente per tracciare con rigore accademico il «profilo psicodinamico» di Cosa nostra, ma soprattutto - come si legge nell'invito - per istituire a Palermo un «momento di studio scientifico e non di mera opinionistica, che metta in comune ricerche psicodinamiche e riflessioni che provengono dall'area giuridica». Non è poco. «Vogliamo fornire nuovi strumenti di comprensione del fenomeno mafioso», spiega Girolamo Lo Verso, ordinario di psicologia dinamica e «promoter» del seminario. «La mia proposta è trattare l'identità mafiosa come sintomo, nella misura in cui produce sofferenza e impedisce la soggettivazione dei suoi membri. Non riesco a pensare ad un'altra struttura che abbia creato un così forte sistema di accoglimento psichico, dove il singolo non è più individuo». Sandra Rizza rantito soltanto a quei collaboratori che rischiano realmente la vita. Inoltre, per accedere al programma bisognerà raccontare agli inquirenti fatti nuovi o fino a quel momento sconosciuti; non basterà più confermare quello che altri collaboratori hanno già fatto scoprire. Tutto questo, insieme alla riduzione dei reati per i quali ci si potrà «pentire» in senso tecnico, risponde all'esigenza di ridurre il numero dei collaboratori che lo Stato dovrà gestire. Oggi i pentiti protetti sono oltre 1200, più di settemila persone calcolando i rispettivi familiari. Con questi numeri il sistema rischia la paralisi, di qui l'esigenza di correre ai ripari. Ma si interviene anche per garantire la genuinità delle confessioni, e dopo lo diatribe sulle «dichiarazioni a rate», ecco che la nuova legge stabilisce il termine di sei mesi entro il quale il pentito dovrà vuotare il sacco. Se parlerà a tennine scaduto, per di più di argomenti che non ha inserito nella «dichiarazione d'intenti», allora dovrà anche spiegare perché non ha detto prima quelle cose. E le sue giustificazioni saranno un elemento di valutazione sia per l'inchiesta o nel corso del processo, sia per mantenere o no il programma di protezione. Novità in arrivo anche per gli stipendi, che saranno sempre calcolati sulla base degli indici Istat del costo della vita, ma corrisposti a tempo, nella prospettiva che il collaboratore possa mantenersi autonomamente. La proposta del governo, invece, non prevede che venga fissato un limite massimo al numero di pentiti che uno stesso avvocato difensore può assistere. Giovanni Bianconi

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