Dini ora bisogna stanare Bertinotti

Il ministro al governo: fuori le unghie. Oggi la proposta della commissione Onofri sul Welfare State Il ministro al governo: fuori le unghie. Oggi la proposta della commissione Onofri sul Welfare State Dini: ora bisogna stanare Bertinotti Veltroni placa il leader neocomunista ROMA. Sono le cinque del pomeriggio di ieri, quando Fausto Bertinotti e Nerio Nesi varcano il portone di Palazzo Chigi. Motivo ufficiale della visita, un confronto sulle privatizzazioni di Enel e Stet: è noto che Rifondazione comunista preme perché lo Stato mantenga, nelle aziende che verranno messe sul mercato, una particolare azione, detta «golden share», che consente di intervenire in caso sia in ballo l'interesse nazionale. Ma da quel portone Nesi e Bertinotti escono dopo due ore, alle sette di sera, e finalmente rasserenati. A Walter Veltroni sta insomma riuscendo l'opera di lenta ricucitura nei rapporti tra governo e maggioranza da un lato, e Rifondazione dall'altro. Il piano che per l'occupazione prevede il governo, e di cui si saprà di più oggi, quando la commissione Onofri consegnerà i risultati del proprio lavoro, ha ricondotto Bertinotti all'ovile. Dopo la tesa e quasi aspra telefonata di ieri l'altro tra D'Alema e Bertinotti, dopo le distanze che si sono create tra il segretario di Rifondazione da una parte e Prodi e Marini dall'altra, è oggi Veltroni «l'unico che possa portare avanti il tentativo di allentare la morsa del pds su Rifondazione», per dirla con le parole di chi all'incontro ha assistito. Oggi il gruppo di economisti che ha studiato per conto del governo la riforma dello Stato sociale e delle pensioni consegnerà, presentandolo ufficialmente alla stampa, il proprio lavoro. Ma quali che siano le proposte della cosiddetta commissione Onofri, che Prodi ha ufficialmente chiamato «delle compatibilità economiche, di cui fanno parte economisti di varia area, dal consigliere economico di D'Alema professor Nicola Rossi, al ghost-writer del Papa Stefano Zamagni, la decisione sarà poi politica. Lo sa bene Lamberto Dini, che ha esortato: «Il governo tiri fuori le unghie, faccia le sue proposte, compresa la riduzione della spesa pubblica, e le mandi in Parlamento. Rifondazione deve essere stanata». E lo sa bene Fausto Bertinotti che ieri mattina, a San Macuto, ha prevenuto il governo presentando la proposta di Rifondazione. Conservazione dello Stato sociale, autonomia del sindacato, resistenza al modello della «assoluta flessibilità del la- voro, come vorrebbe il modello statunitense». Nulla di nuovo: ma Bertinotti ha anche sottolineato la necessità «di non spaccare lavoratori e disoccupati». Un chiaro messaggio per la Cgil, nella quale, proprio ieri, è nata una minoranza interna che ha proprio Rifondazione come riferimento politico esterno. Ieri mattina è passato alla Camera il decretone di fine anno, dopo una seduta-fiume. Alle dieci, le votazioni sono riprese e continueranno fino a stamattina, ininterrottamente: era l'unico modo per riuscire a far passare in tempo utile anche il decreto sull'autotrasporto. Ma il provvedimento di ieri è passato per soli 19 voti di scarto, con ben 100 deputati dell'opposizione assenti. E dunque, il capogruppo del pds Fabio Mussi ha preso carta e penna e ha scritto ai 51 parlamentari assenteisti, tra i quali figurano anelli; Massimo D'Alema, Achille Occhetto e Giovan¬ na Melandri: «Abbiamo corso il pericolo, con possibili effetti catastrofici, di fare il bis sulla Stet, e di fare ancor più brutta figura, perché tra noi sul decretone non c'erano dissensi». Ma, per fortuna, come si è visto, l'assenteismo non è solo prerogativa della maggioranza, ma anche dell'opposizione, che pure ha presentato una valanga di emendamenti per costruire il proprio ostruzionismo. Continuerete?, è stato chiesto a Gustavo Selva di Alleanza nazionale. «Vedremo, demani è un altro giorno», è stata la sua risposta. Antonella Rampino La proposta di Rifondazione «Stato sociale, sindacati autonomi, no alla flessibilità del lavoro, necessità di non dividere lavoratori e disoccupati» Nella foto, Fausto Bertinotti leader di Rifondazione comunista Minaccia di ritirare il consenso al governo Prodi in caso di accordi con Berlusconi e sostiene che «la manovrina non è necessaria»

Luoghi citati: Roma