E Chirac telefona «Restiamo uniti » di Fabio Martini

E Chirac telefona: «Restiamo uniti E Chirac telefona: «Restiamo uniti » Prende forma il «club Mediterranée» dell Euro ROMA OMANO' comment ca ,va?». Sono le 10,26 di un giorno qualunque al piano nobile di Palazzo Chigi e Jacques Chirac ha appena fatto irruzione nel telefono di Romano Prodi. Una sorpresa quella telefonata dall'Eliseo, inattesa e preannunciata soltanto all'ultimo momento. Prodi, che parla un inglese fluente e un francese corretto, risponde dando del tu al Presidente francese; «Bien? Et toi?». Si parte con Jacques e Romano che si fanno un po' di «fusa», si scambiano i convenevoli, ma poi si arriva subito al dunque. Chirac spiega di essere «preoccupato» per il tragitto della moneta unica, Prodi gli risponde di «essere perfettamente d'accordo» e dopo essersi spiegati, i due convergono su un impegno, impensabile ancora qualche mese fa per l'Italia: «Jacques - dice Prodi , dobbiamo impegnare i nostri Paesi a rispettare la data fissata». E Chirac: «Sono d'accordo con te, sarebbe troppo rischioso per tutti spostarla». E Prodi: «Sarà utile sostenerci a vicenda». E Chirac: «Ho parlato con Aznar e anche la Spagna è su questa linea». I due parlano di Nato, di sicurezza interna e alla fine concordano sul fatto che il problema della disoccupazione è «molto serio» e può creare problemi di «consenso» a tutti i governi europei. La telefonata è finita: uno sguardo all'orologio e a Palazzo Chigi scoprono che la chiacchierata è durata 35 minuti. Più di mezz'ora per rassodare l'intesa - già cordiale tra Francia e Italia, due Paesi che ai tempi di Dini navigavano continuamente sull'orlo dell'incidente diplomatico. E la novità è che quella intesa cordiale ha preso forma in una sorta di «Club Mediterranée», un asse a tre Francia-SpagnaItalia per dialogare con la necessaria forza con la Germania. L'industria francese - ancora più di quella tedesca - ha interesse all'ingresso immediato dell'Italia nella serie A europea, e a Chirac non piace un'Europa ad impronta teutonica. Quanto a Prodi, deve aver calcolato che l'immedia- ta divulgazione della telefonata fosse cosa migliore che tenersela per sé. E d'altra parte che l'asse Parigi-Madrid-Roma non sia soltanto una suggestione lo ha confermato lo stesso Prodi: cinque ore dopo la chiacchierata con Chirac, il presidente del Consiglio è intervenuto al Senato, spiegando che nel colloquio con il Presidente francese «è emerso un perfetto accordo che riguarda i Paesi mediterranei di Italia, Francia e Spagna sulla strategia di avvicinamento» alla moneta unica. E proprio mentre si diffondeva la notizia della telefonata da Parigi, nel Palazzo riprendevano a circolare interpretazioni più o meno autentiche sul colloquio tra il cancelliere Helmut Kohl e il segretario del pds Massimo D'Alema. Il tam-tam più insistente rilanciava questa versione: «Kohl ha chiesto a D'A¬ lema di cacciare i comunisti dal governo e di preparare un governo di larghe intese». Insomma, un D'Alema novello De Gasperi quarant'anni dopo? La voce spunta per la prima volta su «Milano Finanza» il 15 febbraio. Da quel che se ne sa sono stati ambienti molto vicini al ministro Dini ad informare il quotidiano finanziarioo Mf sul «vero contenuto» del summit Kohl-D'Alema. Mf informa subito Bertinotti, tanto è vero che nello stesso servizio di Mf, «un alto esponente di Rifondazione» attacca D'Alema. Passano 10 giorni e mercoledì scorso la «velina» di Vitto¬ rio Orefice rilancia «l'indiscrezione». E stavolta fiocca la smentita, molto dura, di Botteghe Oscure: «Solo uno sprovveduto o uno sciocco sostiene Umberto Ranieri, re- sponsabile esteri del pds - può pensare che nell'incontro, il cancelliere Kohl possa aver parlato a D'Alema di grandi intese, equilibri politici e storie di questo tipo». Lamberto Dini, uno dei pochissimi ai quali D'Alema abbia riferito del suo colloquio, alimenta l'enigma: «Credo che D'Alema abbia parlato di questioni politiche e non di governo, affrontate invece nel vertice con Prodi...». E Rocco Buttigliene, uno dei rari politici italiani ad avere una certa confidenza con Kohl: «Credo che il Cancelliere volesse conoscere il vero leader della maggioranza in Italia e che abbia voluto ricordare quanto valga la cultura della stabilità, al di là dei parametri. Una cultura sconosciuta a Rifondazione...». Fabio Martini