«Piango per il padre della Cina prospera» di Fernando Mezzetti

Davanti a 10 mila persone esalta la linea riformista del leader come la repressione dell'89 Davanti a 10 mila persone esalta la linea riformista del leader come la repressione dell'89 «Piango per il padre della Cina prospera» Il Presidente in lacrime alla commemorazione di Deng PECHINO DAL NOSTRO INVIATO Bandiere rosse, falce e martello, Intemazionale. Nel teatro dell'Assemblea del popolo c'è tutta la ritualità comunista, per i diecimila presenti e per il miliardo e passa cui è destinata la diretta tv. Si commemora Deng Xiaoping, imperatore di una Cina che con le sue riforme e l'abbandono di fatto del comunismo è uscita dal sottosviluppo. Il suo erede, Jiang Zemin, capo del partito e dello Stato, comandante dell'Armata, lo celebra con la voce rotta dal pianto, e più volte deve asciugarsi le lacrime. Nel richiamo al marxismo esalta lo scomparso per la prosperità cui ha portato il Paese; lo mette sullo stesso piano di Mao e proclama l'impegno a proseguire su riforme e apertura, e a «rimuovere interferenze di linee erronee»: ammissione di resistenze nel partito, ma rilancio di questa politica. Non usa la parola globalizzazione, ma quasi: «L'apertura è essenziale, il mondo è aperto, il nostro sviluppo è inseparabile dal mondo». La linea di Deng «sarà la guida per la nuova lunga marcia verso il prossimo secolo», nella stabilità interna e in una politica di pace: Hong Kong tra poco, Macao tra due anni, tornano alla Cina, e la questione di Taiwan si risolverà. Un discorso equilibrato, messaggi rassicuranti al Paese e all'estero. Cerimoia presieduta da Li Peng, che si limita a fare da annunciatore. C'è un certo stacco tra questa ritualità proletaria in cui è gradito l'abito scuro e la Cina di Deng, del «socialismo dalle caratteristiche cinesi» in cui «arricchirsi è glorioso». Tra i diecimila si contano sulla mano le giubbe alla Mao, addosso a canizie e fantasmi riesumati per l'occasione, tremebondi e svaniti, sorretti da infermieri. Il vertice e tutti gli altri sono in abito scuro di raffinata eleganza, involontariamente esaltata dal fiore bianco all'occhiello in segno di lutto. Fuori c'è la piazza Tienanmen trasformata in parcheggio per le berline e i bus con cui sono arrivati i diecimila mandarini. Lungo le transenne, centinaia di curiosi, tenuti d'occhio da altrettanti poliziotti in uniforme e in borghese. Qualcuno cerca di esibire striscioni a lutto, ma viene bloccato. Altri riescono a deporre fiori al monumento per la rivoluzione, che vengono poi rimossi. Oltre la piazza, oltre l'orizzonte, una Pechino e un Paese vibranti, gonfi di un benessere da secoli ignoto, con nuova borghesia, sana imprenditoria, affarismo, e sì, anche truffal- dmeria e corruzione, in una società diversificata e non più livellata in basso. Una città vicino a Shanghai, e nella quale il 65% dell'attività produttiva è privata, fa sapere che il modo migliore di onorare Deng è cercare di fare più soldi. La scomparsa di un imperatore può comportare la fine del «mandato del Cielo», cambio di dinastia. Il discorso di Jiang Zemin è tutto un impegno di continuità e stabilità. Avvenne lo stesso alla morte di Mao nel settembre 1976, ma a cadavere ancora caldo avvenne anche il regolamento di conti, con l'arresto della vedova e dei suoi accoliti. Nella dirigenza lasciata da Deng vi sono differenze su gradi e tempo delle riforme, ma non contrasti insanabili da regolare a colpi di mano come in quella lasciata da Mao. La struttura di potere è al suo posto da tempo, non c'è il vuoto lasciato dal Timoniere. Jiang mette Deng allo stesso livello del Timoniere, la sua teoria sull'«economia socialista di mercato» alla pari con il pensiero di Mao. Due personaggi opposti, ma padri di due rivoluzioni: quella socialista e quella per crescita economica e modernizzazione. Con umano tocco e equilibrio politico ricorda le tre purghe che Deng ha subito, la prima negli Anni Trenta, le altre due a opera di Mao, all'inizio e al tramonto della Rivoluzione culturale. Ed esalta il fatto che, tornato al potere nel '77, egli abbia rovesciato il primato maoista dell'ideologia puntando su sviluppo e crescita del tenore di vita «per portare ordine dal caos» e quale realizzazione del socialismo, ribadendo l'intoccabilità del sistema a dittatura proletaria. Uomo «di ascese e cadute», determinato sulle riforme nel decisivo momento della primavera '92, «tra gli alti e bassi di Paesi socialisti»: scomparsa l'Urss, in quel momento, la linea di Deng stava per essere bloccata. Elogia la repressione dell'89, che «salvo l'integrità e la sovranità del Paese», ed esalta l'Annata quale pilastro dello Stato. Non è solo un rituale omag.■is gio: il potere e sulle canne dei fucili. Fernando Mezzetti se vibranti, gonfi di un benessere da secoli ignoto, con nuova borghesia, sana imprenditoria, affarismo, e sì, anche truffal- liiiip Paese», ed esalta l'Annata quale pilastro dello Stato. Non è solo un rituale omag.■is gio: il potere e sulle canne dei fucili. Fernando Mezzetti I poliziotti hanno l'ordine di sorvegliare le espressioni di dolore dei cinesi per la morte di Deng

Persone citate: Deng Xiaoping, Fernando Mezzetti, Jiang Zemin, Mao