Fausto nella tenaglia del pds

Fausto nella tenaglia del pds Fausto nella tenaglia del pds Lui accusa: D'Alema vuole tagliarci fuori SROMA ONO nervosi quelli di Rifondazione?». Nel Transatlantico di Montecitorio Pietro Folena, uno dei colonnelli di Massimo D'Alema, pone un interrogativo retorico a cui infatti, subito dopo, si risponde da solo spiegando la strategia che il pds ha messo in atto per stringere il Prc in una tenaglia dalla quale sarà difficile uscire, anche ad un sindacalista abituato alle trattative come Fausto Bertinotti. «Gli uomini di Rifondazione - dice Folena - hanno paura della nuova legge elettorale, ma se loro si erano veramente autoconvinti che si sarebbe fatto il Tatarellum, allora vuol dire che sono proprio dei marziani». Ed ecco allora il punto primo della strategia pidiessina: una legge che riduca la quota proporzionale, costringendo quindi Rifondazione ad un mero ruolo di testimonianza. Punto secondo: varare al più presto quei provvedimenti sull'occupazione che i sindacati vogliono e che il Prc non gradisce, al fine di mettere Bertinotti con le spalle al muro. «Prodi - osserva a questo proposito Folena - non potrebbe essere tentato di giocare anche in questo caso di sponda con Rifondazione perché il 22 marzo le confederazioni hanno indetto una manifestazione sull'occupazione che ha una valenza critica nei confronti di un governo che non ha dato ancora attuazione al patto sul lavoro. Già - insiste l'esponente pidiessino - Cofferati non ci sta più: non vuole più essere scavalcato dagli accordi politici che Bertinotti sigla a Palazzo Chigi. E di tutto ciò Prodi deve prendere atto». Punto terzo. Ma questo Folena lo «svela» solo in parte, per ovvie ragioni. Dice il dirigente della Quercia: «Dopo il nostro congresso, dopo le posizioni che abbiamo assunto, Bertinotti non può più fare il solito giochino eli sempre, cioè chiedere 100 per poi ottenere 20 e dire che ha vinto». La spiegazione di Folena finisce qui. Il resto del ragionamento di Botteghe Oscure è affidato all'interpretazione di Luigi Pintor, che su «il manifesto» descrive così il senso del congresso del pds: «Ora sappiamo che anche le larghe intese e le maggioranze elastiche non sono più un tabù ma una spada di Damocle che Berlusconi e D'Alema tengono sospesa. Le cose non dipendono più obbligatoriamente dal voto del 21 aprile ma dalla quantità e qualità di rospi che Bertinotti potrà digerire». Interpretazione malevola, quella di Pintor? Fatto sta che i dirigenti del Prc ci credono. Bertinotti è seriamente preoccupato e nella lunga riunione di segreteria, che va avanti per circa otto ore, non nasconde le sue paure. «D'Alema - spiega il segretario di Rifondazionc - vuole tagliarci fuori. Sì, lui e Berlusconi vogliono tagliare le ali, sia a destra che a sinistra. Per come si sono messe le cose, dobbiamo stare attenti: noi non vogliamo la crisi di governo, però dobbiamo metterla nel conto. E se si arriva a questo punto, allora deve essere chiaro che ci si arriva non per colpa no- stra, ma per colpa degli altri: non ci posso accollare pure questa responsabilità. La situazione - osserva ancora Bertinotti - non promette nulla di buono, anche perche da Prodi e da Veltroni ho avuto solo vaghe rassicurazioni sul fatto che la maggioranza resta questa e non cambia». Già, perchè un altro timore che si sta facendo strada dentro Rifondazione è che Berlusconi e D'Alema abbiano rassicurato Prodi che, se mai il governo delle larghe intese vedrà la luce, sarà lui a presiederlo. E questo rende ancor più delicata la situazione in cui si trova il Prc, che, a questo punto, potrebbe trovarsi privo della sponda del presidente del Consiglio. Che fare quindi? Ingoiare i «rospi» evocati da Pintor? A Rifondazionc non resta altra strada che la trattativa, anche se è una strada impervia. La base del partito, infatti, è in subbuglio, mentre la minoranza interna già annuncia che la settimana prossima, in direzione, chiederà al partito di uscire dal governo. E' su questo crinale che sono costretti a muoversi Bertinotti e Cossutta. E il primo, insidioso, terreno di mediazione ò l'occupazione. Lo si capisce dalle dichiarazioni dei rifondatori dopo la riunione eh segreteria. Dice Franco Giordano: «Noi non possiamo fare sempre un passo indietro, ma siamo costruttivi, non diciamo solo dei no, facciamo anche delle proposte sul lavoro». Osserva Oliviero Diliberto: «Rifondazione è sempre disponibile ai compromessi». Ma Bertinotti e Cossutta non sono personaggi nuovi alle lotte politiche. Quindi, se da una parte Rifondazione cerca di capire quali siano gli effettivi margini di trattativa, dall'altra il segretario sta lavorando alacremente per organizzare ufficialmente, dentro la Cgil, una corrente che faccia capo al Prc. E una prima iniziativa è quella di una pubblicazione periodica, intitolata «L'Area». E ((Area dei comunisti della Cgil» e proprio il nome di questa componente organizzata che potrebbe dare non pochi fastidi a Sergio Cofferati, e che, di contro, dovrebbe aiutare Rifondazione ad allargare i suoi margini di trattativa. Ma intanto il pds continua a lanciare a Bertinotti i suoi ammonimenti: «E' bene che il Prc sappia - avverte Fabio Mussi - che stiamo facendo sul serio». Maria Teresa Meli Pintor: non conta il voto ma il numero di rospi digeriti dai neo-comunisti Folena: «Dopo il nostro congresso Re non può più fare il solito giochino chiedendo 100 per ottenere 20 e dire che ha vinto» Rifondazione: non vogliamo la crisi di governo, ma va messa in conto

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