Un ciak con Marcos di Raffaella Silipo

Un ciak con Marcos Un ciak con Marcos u N rendez vous tra due grandi comunicatori. Da una parte Fausto Bertinotti, il neocomunista più simpatico d'Europa. Dall'altra il «subcomandante insurgente» Marcos, che in comunicazioni è addirittura laureato. E così il video del loro assai pubblicizzato incontro di gennaio nel Chiapas, «Cose dell'altro mondo» - che sarà distribuito sabato insieme con «Liberazione» - è un piccolo gioiellino rivoluzionario, che dosa sapientemente slogan e belle immagini, senza mai scivolare nel fanatismo o nell'oleografia. Non per nulla la parola che più ricorre nei trenta minuti del video, «dedicato a coloro che lottano per la libertà e la dignità di tutti i popoli» è «rispetto». I toni sono sempre pacati, anche quando si ribadisce «la guerra al neoliberismo mondiale», e le zoomate sui (bellissimi) bambini indios, sulle feste di paese a San Cristobal e sui combattenti a cavallo non superano mai il livello di guardia. Anche esteticamente, i due leader sono corame il faut. Il subcomandante è esatta- mente come ci si aspetta dal capo della guerriglia zapatista: pipa che spunta dal passamontagna nero sotto il berretto a visiera ciancicato, fucile d'assalto M 16 a tracolla e doppia bandoliera di pallottole sulla camicia color caffè; parla con lo sguardo dritto nella telecamera. Bertinotti sceglie il profilo basso, polo a righine, sigaro in bocca e portaocchiali a vista: i suoi discorsi sono sempre filmati indirettamente, mentre si rivolge agli zapatisti, con traduzione simultanea e cinguettio d'uccelli nel sottofondo. Come in ogni storia d'amore che si rispetti, non si capisce chi abbia conquistato chi. ((Abbiamo molta diffidenza verso gli uomini di partito - dice Marcos - ma quest'uomo ha mostrato rispetto e umanità nei nostri confronti. Ci trattava alla pari». «(Abbiamo bisogno di voi come voi di noi - ricambia Bertinotti -. Il trionfo del neoliberismo significa la morte della cultura europea e l'omologazione agli Usa. Resistere non basta, bisogna creare un'alternativa, un altro modello di vita. Dobbiamo smettere di pensare che c'è solo una verità, solo un modo per lottare. Non si può più pensare alla lotta della classe operaia staccata dalla lotta degli indigeni dei paesi del Terzo Mondo». «Questi di Rifondazione - si sbilancia Marcos - sono gente umile, onesta, fraterna, semplice, combattiva e determinata. E' la prima volta che siamo così soddisfatti di un incontro: ribalta il vecchio stile della solidarietà come dare-avere e stimola a cercare di imparare gli uni dagli altri». «Noi non pensiamo a nessuna forma di internazionalismo - precisa Bertinotti, dando en passant una stoccatina a D'Alema e alla sua Internazionale socialista -, ma di collaborazione. Non si può, per esempio, risolvere il problema del¬ la disoccupazione se non si cambia il rapporto con il Terzo Mondo». «Rifondazione è un sintomo, e noi anche - spiega Marcos -. E' mi sollievo vedere che non sono pentiti della lotta contro il capitalismo. Sono gente che ha nella testa, nelle mani, nello stomaco, l'idea che il cuore batte sempre a sinistra». Infine, Marcos promette un viaggio in Europa e mostra per un attimo un po' di insofferenza. «Voi siete tutti presi, giustamente, dalle vostre lotte contro il neoliberismo, ma noi abbiamo bisogno del vostro appoggio. Il momento è grave: siamo disposti a tutto ma non possiamo farcela da soli. La bandiera che cerchiamo di sollevare è tropo grande per noi». «Anche il movimento operaio non può farcela da solo» ritorce il leader di Re. A Marcos, definitivamente conquistato, non resta che promuovere sul campo i combattenti di Rifondazione, che torneranno dal Chiapas non più partito ma «banda di Bertinotti». Raffaella Silipo Nella foto in alto il premier Romano Prodi con Fausto Bertinotti subcomandante Marcos In video l'incontro nel Chiapas

Persone citate: Bertinotti, D'alema, Fausto Bertinotti, Romano Prodi

Luoghi citati: Europa