«Perché Hong Kong non ha paura»

«Perché Hong Kong non ha paura» «Perché Hong Kong non ha paura» Parla Tsang, deputato e direttore di giornale IL CONTO ALLA ROVESCIA HONG KONG DAL NOSTRO INVIATO L'articolo 23 della Basic Law, cioè la legge base concordata tra Cina e Gran Bretagna per concordare il passaggio di Hong Kong in mani cinesi, dice che non sarà ammesso «alcun atto di tradimento, sedizioso, sovversivo, o di furto di segreti di Stato». Molti, a Hong Kong e in Occidente, temono che sarà questo il cavallo di Troia con cui la Cina chiuderà la bocca al flusso di informazioni e alla libertà di critica. Che ne pensa Tsang Tak Sing, direttore del più importante giornale in lingua cinese di Hong Kong, il Ta Kung Baal Che è anche il più vecchio giornale in cinese che esista in assoluto essendo stato fondato nel lontano 1902, un sacco di tempo prima della rivoluzione e diciannove anni prima della fondazione del partito comunista cinese. «Non credo che necessariamente quell'articolo influenzerà la libertà di stampa a Hong Kong». Quel necessariamente fa venire molti brividi. Non crede? «Mi dica lei qual è lo Stato che non persegue i traditori della patria. E mi consenta una piccola polemica. Durante il periodo coloniale si poteva criticare tutto a Hong Kong, proprio tutto, salvo il governo coloniale. Io ho fatto due anni di prigione, dal 1967 al marzo 1969, per avere diffuso "materiali sediziosi". Cioè volantini di protesta contro i libri di storia dove la guerra dell'oppio, che fu alla base dell'occupazione inglese, veniva definita guerra "per la libertà commerciale"». Il giovanotto che mi sta di fronte, seduto su una sontuosa poltrona di pelle, al quindicesimo piano di un palazzo di Hennessy Street, nel salone dei ricevimenti, dove campeggia un grande ritratto listato a lutto di Deng Xiaoping, dimostra molto meno dei suoi 45 an¬ ni. E la sua carica di direttore del Ta Kung Bao è la meno importante della serie. Che comprende, al primo posto, quella di deputato del Congresso nazionale del popolo cinese e, al secondo, quella di membro del «Comitato di selezione» che ha eletto il capo dell'Esecutivo (il futuro governatore) e l'Assemblea legislativa provvisoria della regione amministrativa speciale di Hong Kong. Va da sé che 3 signor Tsang Tak Sing esprime un parere non al di sopra delle parti. Eppure non è precisamente quello di Pechino. «A parte le polemiche - continua -, non credo proprio che la capitale impedirà le critiche. Al massimo i giornali che si distingueranno in questo senso non circoleranno in Cina». E che ne sarà dei concreti portatori della critica? «Potranno difendersi. Deciderà il ministro della Giustizia di Hong Kong. Che è appena stato confermato nella persona della signora Elsie Leung Oi Sie, che io conosco benissimo». Sì, perché anche lei è membro del Congresso del Popolo. E il signor Tung Chee-Hwa potrebbe comunque cambiarla al primo segno di eterodossia. 0 sbaglio? «Teoricamente no. Ma non ci sarà questo tipo di ingenuità. Hong Kong non è la terraferma. Chi deciderà in ultima istanza sarà la corte d'appello, che siede qui e dove ci sono e ci saranno anche stranieri, neozelandesi e britannici e altri. Sono eletti a vita, nessuno li può cambiare. Solo il presidente della corte dovrà essere cinese. Ma di Hong Kong ed essere un magistrato di carriera». Tutto dipenderà dalla tenuta della nuova leadership cinese. Cioè terranno fede alla linea di Deng? «Deng non era più in condizione di agire da almeno quattro anni. Ciò significa che Jiang Zemin e il team al completo hanno già mantenuto fede a quella linea. Il dopo-Deng è già in corso da tempo. E poi guardiamo i fatti. Tung Chee Hwa era nel governo di Chris Patten. Suo padre era molto vicino al Kuomintang. Lui certo non è un comunista. Insieme a Tung sono stati confermati ventidue su ventitré membri dell'Esecutivo del governatore Patten. Il premier Li Peng ha approvato. Dunque? E' vero che gli uomini di Pechino non hanno lo stesso calibro di Deng, ma non è di questo che c'è oggi bisogno». Dunque lei ritiene del tutto infondate le preoccupazioni occidentali in tema di diritti umani? «Noi sappiamo benissimo di che cosa abbiamo bisogno, anche in questo campo. E' molto arrogante da parte americana pretendere di stabilire il metro di misura. E' anche ipocrita. Perché hanno taciuto durante tutto il periodo coloniale. Un bel silenzio di 140 anni. Quanti sanno che le prime elezioni si sono tenute solo nel 1990? Sei anni dopo la dichiarazione congiunta sino-britannica». Molti pensano che la sorte dei rapporti con Taiwan dipenderà dal successo dell'esperimento del passaggio di Hong Kong... «Non è solo un esperimento, anche se è vero che Hong Kong sarà un modo per rassicurare Taiwan». Quanto tempo ci vorrà, se¬ condo lei? «Deng pensava ad almeno cinquant'anni. Dipenderà dai taiwanesi. Hong Kong ha sei milioni di abitanti, mentre Taiwan ne ha 21. Hong Kong non ha un esercito, loro ce l'hanno. Hong Kong non ha mai preteso di rappresentare un'altra Cina. Insomma sono due questioni diverse». Come descriverebbe la geografia dei sentimenti dei cittadini di Hong Kong in questo momento? «L'elettorato ha sentimenti misti. Prima di tutto sono cinesi e si sentono tali. Per questo nessuno è contro il ritorno in Cina. Ma molti diffidano del comunismo- cinese, per ragioni storiche che considero comprensibili. Nel complesso prevale il pragmatismo». Lei è membro del partito? «No, mai stato». E per lavorare nel suo giornale non è necessario essere comunisti? «Qualcuno lo è. Io non lo chiedo a nessuno». Un'ultima domanda. Gli osservatori notano che i capitali cinesi, già molto cospicui (oltre 20 miliardi di dollari) da tempo si stanno impadronendo dei settori chiave di Hong Kong. C'è chi ha scritto che l'echino usa, come «agente per una nazionalizzazione nascosta, uomini come Larry Rong, presidente della Citic Pacific... Tsang Tak Sing sorride. «Lei sta parlando di uno degli uomini più ricchi e potenti di Hong Kong, che era uno dei favoriti di Chris Patten. E' anche vero che è figlio del vicepresidente cinese Rong Yiren. Qualcuno pensa che la Cina voglia nazionalizzare Hong Kong, ma potrebbe anche essere il contrario, che Hong Kong privatizzi la Cina». Giuliette Chiesa «Il piccolo timoniere non governava da 4 anni e il potere ha rispettato gli impegni Libertà? Qui il primo voto si è svolto nel '90» La Borsa di Hong Kong: nessun panico per il passaggio alla Cina