Dal Salvador a Timisoara di Maria Giulia Minetti
Dal Salvador a Timisoara Dal Salvador a Timisoara Quando svelò il bluff delle fosse romene L'UOMO DEGLI SCOOP SE gli hanno lasciato in mano la macchina fotografica, o se riesce a farsela ridare, Mauro Galligani non avrà nemmeno il tempo di avere paura. Penserà solo a scattare, a guadagnare un punto, forse quello definitivo, nella gara che lo oppone da sempre all'unico fotografo che ritiene davvero degno di sé, l'americano James Natchway, in giro per il mondo come lui a cercare immagini definitive. Cinquantacinque anni, un diploma di operatore al Centro sperimentale di cinematografia, la macchina da presa Galligani non l'ha usata mai, altra la sua voca- zione. Si fa notare coi suoi servizi sul Sessantotto (a quel tempo lavora per II Giorno) e poi, nel '72, p~.ssa a Epoca, che resterà nei decenni il «suo» giornale (anche se i suoi servizi li pubblicano in tanti, e i migliori: Time, Life, Stern fra gli altri). Cronaca e cronaca di guerra, Galligani è un genio del fotogiornalismo «sul campo». Ha fatto tutto, si può dire, dall'Italia dei terremoti al Medio Oriente terremotato dai conflitti, dalla diossina a Seveso alla guerriglia salvadoregna, dalla Cina ai tempi di Mao al Nicaragua conquistato dai sandinisti. Cose memorabili: le primi imma- gini della strage di Tal Al Zatar in Libano, Kabul appena occupata dai russi, il grande bluff di Timisoara... S'è eretto un piccolo monumento raccogliendo qualche sua foto in un libro, Cronaca di un fotografo, edizioni Ge.Co., pubblicato alla fine degli Anni Ottanta, ma non è uomo da perder tempo coi libri, ossessionato com'è dall'attualità. Galligani che ho conosciuto in tanti anni passati insieme a Epoca è un uomo divorato da una passione quasi assurda per il suo mestiere, una passione che non conosce relax o distacco, che sul servizio lo trasforma in un fascio di nervi così elettrico da avere paura a toccarlo. Infernale, lavorare con lui, sentirsi addosso il suo giudizio, la sua impazienza, l'esigenza che tu non gli sia d'intralcio. Ci sarebbe da diventare pazzi se non fosse che ogni momento t'accorgi di prendere lezioni di giornalismo, se non fosse che l'occhio con cui guarda le cose - e le cose che decide di dover andare a guardare - sono sempre quelle giuste, di più, quelle che daranno la chiave del reportage anche a te che scrivi. Conquistare la sua stima non è facile, e ogni volta bisogna ricominciare daccapo, ma se uno condivide al¬ meno in piccola parte la smisurata ambizione di capire che lo spinge, allora si può accettare quasi con gratitudine di passare attraverso le forche caudine del suo insopportabile carattere. Le immagini di Galligani sono sempre precise e sapientemente composte, come se la realtà in movimento fosse così gentile con lui da mettersi in posa davanti al suo obiettivo, in realtà chi ha lavorato con Mauro sa che quest'uomo, nervoso fino alla nevrastenia, mentre scatta, anche nelle circostanze più pazzesche, si muove con la calma perfetta di chi sa quando e come l'attimo fuggente si materializzerà e - clic - verrà inesorabilmente catturato. Di retorica professionale, però, gliene ho sempre sentita fare pochissima, e quando ritornerà dalla Cecenia non farà eccezione. Non vediamo l'ora di vederlo, quel reportage. Maria Giulia Minetti
Persone citate: Galligani, James Natchway, Mao, Mauro Galligani, Stern, Zatar
Luoghi citati: Cecenia, Cina, Italia, Kabul, Libano, Medio Oriente, Nicaragua, Seveso
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