Due cuori e due capanne di Roberto Beccantini
La politica non riesce a unire televisione e impresa, Milan e Inter La politica non riesce a unire televisione e impresa, Milan e Inter Due cuori e due capanne SILVIO & Massimo, due cuori e due capanne. Televisioni e petrolio, Milan e Inter. Soltanto la politica, in Italia, può avvicinare ciò che il calcio visceralmente divide, o almeno dovrebbe. Le poltrone non sono come gli scudetti: la melina serve, e come. Berlusconi, Moratti. Lo stile non si compra, e neppure si baratta. Ognuno ha il suo. Il caso vuole che, oggi, sia Massimo a guardare dall'alto (della classifica) Silvio. Il Cavaliere frigge, gli va già stretta l'opposizione in Parlamento, figurarsi l'alternanza in campionato. Per uno che ha strappato il Milan dalla bancarotta, trasformandolo in una macchina micidiale, e rivoluzionato il calcio, facendone uno spettacolo criptato, l'importante non sarà mai partecipare. Moratti è presidente da due anni. L'Inter sta alla sua famiglia come la Madonnina al Duomo. Silvio e Massimo vivono nel culto dei padri, Angelo e Luigi. Angelo, il demiurgo dell'Inter mondiale; Luigi, il direttore della banca Rasini. Berlusconi è il Cavaliere, il Dottore, Sua Emittenza. Moratti, per adesso, è il dottor Massimo o il presidente dell'Inter. Non ha titoli di riferimento. Li avrà. L'uno, l'interista, vive in pieno centro, dietro piazza San Babila. L'altro, il milanista, tiene bottega nella cintura, fra Macherio e Arcore. Massimo fuma come un turco, Silvio no, Silvio suonava il piano con Fedele Confalonieri sulle navi, suonava e cantava e giocava, centravanti. Nel calcio, è stato un fior di progressista. A differenza di Massimo, che si è subito circondato di «santini» viventi, Facchetti, Corso, Mazzola, Suarez: le colonne dello squadrone paterno. Silvio, in compenso, ha chiuso con il passato e litigato con Rivera. Narrano i biografi che prima di dirottarla fra le mense di Pellegrini, Fraizzoli avesse offerto l'Inter proprio al Cavaliere: o che costui, addirittura, gli avesse fatto la posta. Insomma: al cuore non si comanda, ma gli affari sono affari. Vinse il cuore, per un pelo. I due si rispettano e, forse, si stimano. Silvio si muove in elicottero, vezzo rubacchiato all'Avvocato. Massimo impiega auto d'ordinanza: quando prelevò il tesoro di Pellegrini, Berlusconi lo inondò di coccole, «i tifosi ringrazino Id- dio perché uno come Massimo non nasce tutti i giorni». Al Cavaliere, che lo ebbe socio in Telepiù, piace fare il mattatore, se non l'allenatore, ed esserne il tutore, come con il primo Sacchi. Il petroliere tesse nell'ombra: Carraro presidente della Lega è sbocciato nei suoi uffici, lunedi scorso. Ognuno ha il suo lessico preferenziale. Berlusconi non smentisce: disdice. Per Moratti, sono tutti «simpaticissimi». Anche Baggio, che l'ha tradito per il Berlusca. Ogni tanto, Massimo dà due calci nel suo villone di Imbersago, in Brianza. La famiglia Moratti è una tribù smisurata, la famiglia Berlusconi un branco meno folto, ma non meno compatto. E San Siro il loro santo, da sempre. Da Adriano Galliani a Giammaria Vi¬ sconti di Modrone, non c'è imperatore senza mandarino. Il Miian di Berlusconi ha vinto tutto, ma oggi è in crisi. L'Inter di Moratti, ancora fresca di doglie, non ha medaglie da offrire, ma oggi ha sei punti di vantaggio. Ed è in Europa, senza balzelli extra. Letizia Brichetto, cognata di Massimo, è stata presidente della Rai sotto il governo Berlusconi. Massimo stava per diventare sindaco di Milano con la benedizione di Silvio. Meglio così, sospira il popolo tifoso, nella testa del quale non c'è che una data: quella del derby, il 13 aprile. L'urna del Meazza, altro che i giochi di Palazzo Marino: vade retro, inciucio. Roberto Beccantini
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