«Provocazione? No, rabbia»
Napoli, i «corsisti» denunciano: tre mesi fa avevamo lanciato l'allarme sulla nostra situazione Napoli, i «corsisti» denunciano: tre mesi fa avevamo lanciato l'allarme sulla nostra situazione «Provocazione? No, rabbia» / disoccupati replicano a Napolitano NAPOLI. Il ministro Giorgio Napolitano ha parlato di provocatori tra i manifestanti che venerdì si sono scontrati con la polizia, violando rimmagine-cartolina di piazza del Plebiscito. Prefetto e polizia hanno attribuito ai corsisti, a quelli che dovrebbero prepararsi ad un mestiere che invece non c'è, la responsabilità degli incidenti. Ma loro non accettano di fare mea culpa e ieri hanno rispedito al mittente le accuse, ricordando di avere avvertito tre mesi fa Napolitano dei rischi cui si andava incontro, lasciando senza speranze centinaia di disoccupati. E' un portavoce dei «corsisti organizzati per la finalizzazione» - la sigla che raccoglie la maggior parte dei 1220 ammessi ai corsi di Napoli e Acerra - a diffondere il testo di una lettera consegnata al ministro dell'Interno il 3 dicembre scorso, in occasione di un vertice sulla criminalità. Roberto Ascione, 37 anni, corso su «auditing tecnologico e risparmio energetico», 600 mila lire al mese e nessuna prospettiva, ricorda bene quel giorno: «La lettera l'ho consegnata io. Abbiamo spiegato a Napolitano che a marzo i corsi sarebbero terminati e che nulla si sapeva del nostro futuro. Perché adesso ci si meraviglia di quel che è accaduto venerdì?». Roberto insiste: «Dove c'è bisogno, c'è disagio e dove c'è disagio, c'è tensione. Ci sono persone che da anni urlano la loro rabbia e la loro disperazione, che sono nauseate dalla loro stessa impotenza e non riescono LA RABBIA IN ALTO ADIGE MERANO DAL NOSTRO INVIATO «Fùr Gott, Kaiser und Vaterlaud», c'è scritto sul monumento ad Andreas Hofer. Dio, Imperatore e Terra, erano il suo credo. Ma quasi due secoli dopo sembra impossibile che qualcuno sogni, se non un imperatore che non c'è più, almeno il Tiralo unito, ora irrimediabilmente diviso tra Nord e Sud, tra Austria e Italia. Ci credono gli Schùtzen, 4000 in tutto l'Alto Adige, 700 ieri pomeriggio a Merano con i loro costumi tradizionali, davanti al monumento al loro eroe, che nel 1809 venne fucilato dalle truppe napoleoniche. Sono impiegati, ragionieri, commessi, contadini, studenti come Armin, che ha 17 anni, e dice: «Siamo democratici e stiamo con la Chiesa». A loro adesso tocca combattere un'altra battaglia: quella contro chi li vorrebbe spazzar via, dopo Je polemiche innescate dall'omicidio di Christian Waldner, uno Schùtze ammazzato da un altro Schùtze. «Storie private», dicono tutti, sotto gli stendardi con l'aquila bicipite simbolo del Tiralo. «Ma che c'entriamo noi con 1 quello, sarebbe come chiedere lo scioglimento dei carabinieri, anche loro vanno fuori di testa», tronca ogni polemica Helmut Gaidaldi, comandante della compagnia di Merano, cappello piumato in testa, pantaloni alla zuava di cuoio, calzettoni bianchi ricamati e la giacca rossa della sua compagnia. C'è lui alla guida dei settecento che marciano a ritmo di tamburo, su due file e a passo cadenzato, da piazza Alpini d'Italia, dove c'è il monumento fatto saltare alla fine degli Anni 60, fino alla piazza davanti alla stazione. Dove c'è la statua di Hofer, che la sua dose di tritolo la ricevette all'inizio degli Anni 60. Quando l'Heimat, che mescola insieme nsieme patria, anima e popolo, si manifestava con la dinamite. «Ma non eravamo terroristi, dire questo significa fare una "Unterstellung", una falsificazione», si irrigidisce Eva Klotz, oggi consigliere regionale degli oltranzisti della «Union fùr Sùdtirol», rispettata soprattutto per essere figlia di Jorg Klotz, il primo comandante degli Schùtzen. Che da Valtina prese la strada della Val Passiria, per diventarne il «martellatore», tanto fecero scalpore i suoi attentati. a farsi sentire da chi è potente». «La prospettiva della fine dei corsi - scrivevano nella lettera - sta provocando grave disagio, perché fino ad oggi non si vedono soluzioni alla nostra vertenza. Disagio che viene vissuto in modo drammatico all'interno delle famiglie dei corsisti. E lei, essendo napoletano, conosce la gravità della situazione. Disagio, che in occasione di pubbliche manifestazioni purtroppo genera gravi tensioni, non avendo noi avuto ancora risposte concrete sul¬ la finalizzazione. Anzi, c'è il diffuso timore di perdere questo minimo vitale conquistato dopo anni». E adesso che la violenza è esplosa, è all'incertezza del futuro, e non alla presenza di provocatori, che i corsisti attribuiscono gli incidenti. Mentre le polemiche sugli scontri non si attenuano, non cala il rischio che si ripresentino occasioni di rivolta. Il segretario della Cisl di Napoli, Pasquale Losa, ritiene che «non è assolutamente educativo); convocare vertici a Roma dopo gli incidenti, dando ragione a «gruppi ben individuati che ripercorrendo vecchie logiche intendono aprire corsie preferenziali per il lavoro». Ma i corsisti hanno spiegato che la protesta sui tetti della chiesa di San Francesco di Paola è terminata solo perché le istituzioni hanno assicurato che ci sarà una riunione con i rappresentanti di Comuni, Regione e Provincia, e il coordinatore della task-force del governo, laia Sales. Mariella Cirillo
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