Marcenaro, moderato con rabbia di Antonella Rampino

Marcenaro, moderato con rabbia Marcenaro, moderato con rabbia Chi è l'uomo che ha osato sfidare il re della Quercia Il segretario regionale della Cgil piemontese Pietro Marcenaro za -. «D'Alema al corteo dei metalmeccanici ci è venuto, no?». Di certo, l'uscita del «pacato» Marcenaro, le parole che ha scelto, portano dentro tutta la contraddizione di un sindacalista, di uno che il sindacalista l'ha fatto fin da piccolo, ma sempre in un'area di libero pensiero, e fuori invece dagli sche¬ mi della Cgil che era veterocomunista. «Pietro è un intellettuale», dice chi lo conosce, come se questa potesse essere una motivazione. Perché Marcenaro nasce 47 anni fa da una più che agiata famiglia genovese, si avvicina al mondo degli operai nell'anno operaista per eccellenza, il 1969, e così non finisce nemmeno la facoltà di Filosofia. Recupererà poi, molto più tardi, e per ineriti acquisiti sul campo, il mondo dell'università: ricercatore a contratto in Sociologia dell'industria. Prima, dopo aver bazzicato gruppetti e gruppuscoli, ma sempre, come si diceva allora, «da cane sciolto», dopo aver disapprovato il fratello Andrea, un po' scapestrato aderente a Lotta Continua, dopo aver fiancheggiato il psiup, ha sentito il bisogno di andare a lavorare in fabbrica. Questa è una cosa di cui Marcenaro non parla mai, nemmeno con gli amici. Una cosa di cui neanche si saprebbe, probabilmente, se non fosse che in quei tre anni in fabbrica una pressa gli tranciò un dito tutto intero. Nove dita, però, gli bastarono per scrivere una lunga intervista al suo maestro, Vittorio Foa, il padre nobile della sinistra, e del sindacato italiano. Quindici anni fa, nel presentare a Sarzana «Riprendere il tempo», Primo Levi disse «leggere questo libro è come ascoltare una telefonata da una parte sola». Altro che moderato: Marcenaro sembra voler affermare se stesso per sottrazione. Forse è anche un po' una posa, o uno stile, acquisito in vent'anni di vita torinese, con moglie e due figli tra le facciate antiche e nobili di via Maria Vittoria, senza però perdere quasi nulla della parlata genovese, con la erre che cala dolcemente sul discorso. Il punto è che Marcenaro non è solo un sindacalista: un minuto prima della Bolognina, lui che in tasca non aveva mai avuto altro se non l'amicizia con Foa e Trentin, prese carta e penna e scrisse a Occhetto: «Caro Achille, non sono mai stato comunista. Ma la tessera, me la dai?». Lo stesso tempismo con il quale, adesso, l'intellettuale dal volto affilato, manda a dire a D'Alema: «Ricordati, Massimo, l'ostacolo al rinnovamento del Paese non è la Cgil». Antonella Rampino Il leader corre troppo e il partito non riesce a seguirlo ragazzina del movimento giovanile che gli rimprovera di non farla sognare, c'è il sindacato che lo contrasta, c'è una diffusa diffidenza nel partito verso il suo straordi-

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