«Droga, il carcere non serve» di Daniela Daniele
«Drogo, il carcere non serve» li ministro d'accordo con Livia Turco: ci vuole un sistema alternativo «Drogo, il carcere non serve» RosyBindi: ridaremo fiducia ai giovani ROMA. Lo annunciò un mese fa il ministro della Solidarietà Sociale, Livia Turco, lo ha ribadito ieri, all'incontro con i detenuti del carcere di Rebibbia, il ministro della Sanità, Rosy Bindi: le sbarre non sono la soluzione del problema droga. Il carcere, lungi dall'allontanare i giovani dalla dose di anestesia quotidiana e dai reati commessi per procurarsela, li incoraggia a proseguire sulla stessa strada e spesso peggiora la situazione. Ci vuole un sistema alternativo. Ministro Bindi, è in totale accordo con Livia Turco, su questo punto? "Si, certo. In totale accordo nel ritenere che il carcere non sia la risposta da dare al problema. Direi, anzi, che il carcere contribuisce a togliere la responsabilità un po' a tutti, un po' a tutta la società. Parliamo di depenalizzazione, intendendo un nuovo modo di considerare la pena, soprattutto alla luce del recupero le il discorso, a ben vedere, andrebbe esteso a tutto il sistema carcerario) di chi ò finito nella tossicodipendenza. Certo, per i far questo ci vorrà un po' di tempo l che consenta di creare strumenti I giuridici appropriati. Di fare, ad esempio, distinzione tra quello che e illecito e quello che e punibile». Quando si parla di mar uscire i drogati di galera;», l'immaginario collettivo popola le strade di ladri, rapinatori e possibili veicoli di contagio dell'Aids. Come rispondere a queste paure della gente? «Alla paura si risponde sottolineando il fatto che proprio nel carcere sta il pericolo, chi: proprio dietro le sbarre le situazioni s'incancreniscono fino a diventare senza ritorno, che1 proprio dietro le sbarre il contagio si diffonde. E che siamo noi, scuola, famiglia, operatori nel sociale, a poter invertire questa tendenza. Va da sé che colui che si sarà macchiato di un reato grave dovrà scontarne la pena, ma che potrà essere una pena alternativa al carcere». Lei ha parlato di assenza di dialogo tra il servizio sanitario e quello carcerario. Perché? «Perché non c'è, tra i due, alcun collegamento. E a questo proposito ho espressamente chiesto al ministro Flick di'studiare questa realtà: lui si e detto disposto a farlo. E' importante che si arrivi a un tavolo comune, se vogliamo ottenere qualche risultato». Ha anche detto che i Sert, i servizi per il recupero dei tossicodipendenti, vanno modificati. In che senso? «1 Sert sono tutti diversi, uno dall'altro. A volte si registrano diffe- renze anche nella stessa regione. Bisogna arrivare a protocolli comuni, in tutto il territorio». Qual e l'ostacolo maggiore al progetto che lei e i ministri Turco e Flick state elaborando? «Senza dubbio l'atteggiamento culturale. E non soltanto quello dell'opinione pubblica, ma anche ciucilo degli operatori. Poi ce n'è un altro: la mancanza di formazione di tutti, soprattutto di scuola e famiglia. Non si deve delegare la questione droga soltanto agli specialisti. Deve crescere la sensibilità nella gente. Poi c'è il problema più difficile da risolvere: la lotta alla criminalità. E, infine, quello che tocca l'argomento alla radice: riuscire a ridare ai nostri giovani la speranza del futuro». Il vostro progetto richiederà nuovi fondi? «Macché. Basterà ridistribuirli. E con giudizio». Daniela Daniele II ministro della Sanità Rosy Bindi ieri ha incontrato i detenuti del carcere romano di Rebibbia
Persone citate: Bindi, Flick, Livia Turco, Rosy Bindi, Turco
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