«Forse anche lei sapeva che l'ora era arrivata» di Francesco Grignetti

Boris come Steffi, nei guai col fisco «Forse anche lei sapeva che Para era arrivata» L'EX VITTIMA DELL'ANONIMA TORTOLI' ON è voluto mancare alla manifestazione della solidarietà, Giuseppe Vinci, trentenne di Macomer, benestante, certo non miliardario, tenuto sotto sequestro per oltre 300 giorni dall'Anonima, polemico contro il sequestro dei beni «che complica solo le cose, non le risolve». Ha stretto in un abbraccio il papà eh Silvia. Ma in pubblico è riuscito a dire pochissime parole, travolto dalla commozione: «Coraggio. Sono sicuro che per Silvia finirà presto. Non arrendiamoci». Dopo, a fine manifestazione, per Giuseppe Vinci e un tripudio di abbracci, di pacche sulla spalla, di strette di mano. La gente gli si affolla intorno. Lo indicano a dito. E' quasi un'icona, da toccare con mano per sentirsi più forti della paura. La paura dei rapimenti, cioè, che torna a dilagare, come e raccontata da un anomino imprenditore al quotidiano Unione Sarda: «Mai farsi prendere da) panico, altrimenti si finisce per vivere come certi amici miei con la sindrome da sequestro. Al lavoro e in vacanza, a cena, fuori e a letto». Lei lo sa, Giuseppe Vinci, che anche Silvia Melis aveva paura, ma senza farsi paralizzale? Che si era fatta coraggio, proprio come dice lei? «Non mi stupisce. Per forza, ti devi fare coraggio. Devi vivere. Quando mi hanno sequestrato, io sapevo. E sapere in anticipo del sequestro mi è servito come anestetico. Mi ha multo aiutato». Scusi, Vinci, in che senso lei sapeva? «Mi avevano avvertito». Le avevano detto genericamente che si preparava un sequestro a Macomer? «No. Mi avevano proprio detto di preparanni al peggio. Una voce amica mi aveva informato che si stavano apprestando a rapirmi. Ma uno, in questi casi, che può fare? Vive la sua vita e spera». Insomma, anche lei, come Silvia Melis, andava avanti con la morte nel cuore. «Non so Silvia, che non conoscevo. Posso parlare per me. Io sapevo. In fondo, erano 20 anni che me lo aspettavo. Ogni settimana. Ed era venuto il mio momento». Lo aveva saputo perché in un paese non possono sfuggire i preparativi di un sequestro, vero? «Certo. I sopralluoghi, i pedinamenti e il resto. Come pensate che tutto ciò possa accadere in un paesino senza che nessuno lo noti?». Movimenti sospetti di gente forestiera, per di più. O peggio, tristemente conosciuta. «Si, nei paesi lo sanno, o almeno lo capiscono, in tanti. Poi magari qualche voce corre e ti arriva all'orecchio, come è successo a me. Oppure no. Perché l'omertà è ancora molto forte. C'è tanto da lavorare, qui, per vincere la sfiducia nello Stato e nelle istituzioni. E' una questione di cultura». E comunque un tempo era peggio. Oggi qualche segnalazione arriva alle forze di poli¬ zia. Si fanno le manifestazioni di piazza, si mettono i lenzuoli alle finestre, si stampano i volantini. «Sì, è vero. Un tempo era peggio. Nel mio caso, dopo il sequestro, sono arrivate molte segnalazioni. L'omertà non è più totale come una volta». Senta, Vinci, il suo sindaco racconta che lungo il corso di Macomer è capitato a una vittima di incontrare il suo sequestratore, condannato ma già libero, e sentirsi salutare con ironia. E' lei, quel sequestrato? «No, non sono io. Ma conosco bene il fatto perché è accaduto a un altro giovane. Un mio amico. Uno che è stato rapito qualche anno fa». In conclusione, capita a voi ex sequestrati che qualche amico si confidi e racconti i suoi timori? «A me succede spesso. Sono in tanti che hanno paura». Francesco Grignetti Giuseppe Vinci rimase oltre 300 giorni prigioniero: «Ero stato avvertito di prepararmi al peggio»

Persone citate: Giuseppe Vinci, Para, Silvia Melis

Luoghi citati: Macomer, Tortoli'