«Faremo di più, faremo meglio di Deng»

Molti indizi confermano i timori americani: i giochi per la successione non sono ancora chiusi Molti indizi confermano i timori americani: i giochi per la successione non sono ancora chiusi «faremo di più, faremo meglio di Deng» Giallo a Pechino su una frase del PresidenteJiang PECHINO DAL NOSTRO INVIATO Ombre sfuggenti, ambiguità, messaggi trasversali, prese di distanza, moniti. In un complesso gioco di ombre cinesi, dall'ondata commemorativa ufficiale per la morte di Deng Xiaoping affiorano segnali contrastanti, ma precisi e indicativi di contrasti di vertice in ricerche di posizionamento. E sono espliciti i timori di spontanee manifestazioni di cordoglio nell'incubo che possano diventare altro. Da ieri punti strategici della capitale sono presidiati da agenti in uniforme da campo della Polizia armata del popolo, il corpo speciale antisommossa potenziato dopo la repressione dell'89 sulla Tienanmen. La Corte Suprema emana una direttiva «per la rigorosa applicazione della legge e salvaguardia della stabilità sociale». Le spontanee dimostrazioni di lutto avvenute in varie città sono state ieri interrotte d'autorità: con garbo, ma bloccate. Le centinaia di corone deposte ai piedi di ritratti di Deng in improvvisati altari, portate via. Deng va ricordato solo in celebrazioni al chiuso dalle unità di lavoro. Tra i pechinesi, nessuna particolare emozione, all'apparenza: ma nel chiuso dei cuori Deng è l'uomo della liberazione del pensiero e del grandioso sviluppo economico, non solo della Tienanmen. Il regime minimizza l'evento per dire al mondo e al Paese che nulla cambia, che il dopo-Deng è già in atto da anni, non dall'altro giorno. L'attività diplomatica è intensa e lo sarà ancor più nei prossimi giorni. Ieri, il premier Li Peng ha incontrato il ministro degli Esteri del Venezuela; Jiang Zemin, capo del partito e dello Stato, ha ricevuto il presidente del Kazakhstan, Nazarbayev. E con lui ha suonato una nota per molti stonata, se non critica verso il leader scomparso. Facendo l'elogio di Deng e assicurando che nulla cambierà, gli ha detto, secondo quanto riferisce l'agenzia ufficiale Nuova Cina: «Faremo di più e meglio». I giornali hanno pubblicato finora foto di Deng soltanto, non una di lui con accanto Jiang Zemin: è questi che non vuole, o sono i rapporti di forza interni che impediscono la sua legittimazione fotografica? In questo caso la sua dichiarazione a Nazarbayev può sembrare una risposta a messaggi trasversali a lui diretti in una lunga biografia di Deng diffusa l'altro giorno da Nuova Cina e pubblicata ieri mattina sul Quotidiano del popolo e su tutti i giornali. Essa fa seguito a un profilo dello scomparso diramato giovedì dal Comitato centrale, ma si diffonde di più su punti cruciali, apparentemente per il passato: in nessuno dei due documenti si menziona Li Peng, e nel secondo Jiang sembra destinatario di moniti e avvertimenti a non cre¬ dersi leader assoluto, sottolineando la dirigenza collettiva. Laddove il primo si limitava a ricordare che Deng aveva fatto cambiare lo statuto del partito nel '56, Nuova Cina specifica che con ciò egli «voleva mettere in guardia contro il divorzio dalle masse e dalla perdita di contatto con la realtà, rafforzando la dirigenza collettiva». Nuova Cina si diffonde sui disastri provocati al Paese dal grande balzo in avanti voluto da Mao nel '58, che provocò decine di milioni di morti di fame, esaltando le correzioni apportate da Deng; e, ricordando che questi, durante la rivoluzione culturale, fu mandato da Mao per anni in campagna, afferma che quegli anni furono per lui «il periodo più diffìcile e tormentoso della sua vita»: inflittogli da Mao, cui spesso Jiang si richiama. Essa ricorda le condanne di Deng alle tendenze di sinistra: «Evitare misure di "sinistra" divorziate dalla realtà. Esse non servono a edificare il socialismo», poi l'indicazione per il futuro: «Le riforme sono la seconda rivoluzione cinese». Si esalta il Deng innovativo in economia, ma anche quello che stabilisce la fermezza del marxismo-leninismo e dittatura proletaria: e si toccca quindi il 1989, quando «Deng e altri veterani fermamente sostennero le misure prese dal partito e dal governo per salvaguardare l'indipendenza, la dignità, la sicurezza, la stabilità». Più che sostenere, Deng volle la repressione: si cerca già di ridurre il suo ruolo in quella circostanza? Si esalta il suo viaggio a Sud nel '92: in quel momento, scomparsa l'Unione Sovietica nel dicembre '91, le riforme stavano per essere bloccate e lui andò a rilanciarle dalle regioni di maggior successo economico. E si ricorda che egli impegnò il partito a proseguire su questa linea di riforme per i prossimi 100 anni: chiaro monito che, se viene rivolto, è perché c'è qualcuno in agguato. Il Comitato centrale sottolinea che Deng ha curato personalmente il terzo volume delle sue opere: quello in cui vi sono le sue responsabilità per la Tienanmen. Nuova Cina sottolinea che curò il secondo e il terzo: il secondo è dedicato alla battaglia per la «liberazione del pensiero», cioè per de-maoizzare la Cina e avviare le riforme. Jiang Zemin è nominato solo due volte, quale «centro» della terza generazione di dirigenti. La stessa espressione è usata nella conclusione, con l'invocazione a andare avanti «sotto la guida del Comitato centrale con Jiang Zemin al centro». Liturgia vorrebbe «sotto la guida del Comitato centrale capeggiato da Jiang Zemin». Il dopo-Deng è in atto da tempo, è vero: ma le lotte di posizionamento stanno cominciando. Fernando Mezzetti Messaggi trasversali al delfino: i giornali non pubblicano fotografìe del Capo dello Stato con il leader scomparso i m I Prove generali nel cimitero di Babaoshan della solenne cerimonia funebre di Deng Xiaoping, in programma martedì. Militari portano a spalla la bara trasparente che conterrà il corpo del Timoniere A destra, due soldati cinesi sull'attenti in piazza Tienanmen, davanti a una bandiera a mezz'asta

Luoghi citati: Cina, Nuova Cina, Pechino, Unione Sovietica, Venezuela