lo, faccia da straniero
«Lo Stato vuol fare concorrenza al Front National e trasformare i cittadini in sbirri, è una mentalità che va cambiata» lo, faccia da straniero «Trent'annifa ero un sans-papier » GEORGES MUSTAKI PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Georges Moustaki ti guarda ancora, trent'anni dopo, con «quella faccia da straniero» che i juke-box riversarono come tormentone estivo sulle spiagge italiane nell'ormai lontano '69. «Sono un immigrato clandestino» dice con l'ironia delle sue sessantadue primavere lo chansonnier greco. Allora è la sua storia personale, Moustaki, a farle firmare su «Charlie Hebdo» un j'accuse contro la legge Debré? «Arrivai in Francia nel '51, senza quattrini, né prospettive. In attesa di trovare un mestiere, mi feci ospitare clandestinamente. Poi arrivò l'amore per la musica. Fu Edith Piaf a farmi rilasciare un certificato amministrativo con il titolo di "autore". Pura compiacenza. Per 7 anni mi dibattei tra le maglie della legalità. E nessuno mi denunciò. In caso contrario, il semiclandestino Georges Moustaki non avrebbe mai potuto scrivere le centinaia di canzoni che i francesi sentirono poi cantare da Barbara, Serge Reggiani, Yves Montand, Dalida, la stessa Piaf...». Furono i difficili esordi a suggerirle «Lo straniero»? «Non quelli professionali. Ave- vo una ragazza, francese. J. suoi genitori mi lanciarono come epiteto "métèque". Nell'Eliade antica erano i cittadini ateniesi di serie B. La Francia riscoperse il vocabolo a inizio '900. "Meteco!" apostrofò all'Assemblée Nationale un parlamentare di destra il suo collega franco-cubano Paul Lafargue. Scrissi "Le métèque" nel '65. Ma la registrai solo quattro anni più tardi. Uscivamo dal Maggio '68. E chi lo animò? Guarda caso l'ebreo tedesco Daniel Cohn-Bendit, un "forestiero da strapazzo" come dicevano i benpensanti. Il motivo conobbe uno straordinario successo. Mi chiedo ancora perché. In ogni caso neutralizzò l'insulto, costringendo gli xenofobi ad usare altre formule. In francese abbondano peraltro gli appellativi ironici verso i popoli non solo africani ma europei. Gli italiani divengono allora "rital", i tedeschi "fritz", "boche" o "fridolin". E non dimentichiamo come la Francia abbia considerato a lungo "estranei" bretoni e corsi». Trova che Jean-Louis Debré restituisca una seconda giovinezza al suo refrain? «La Storia balbetta. E rieccoci alle prese, nel 1997, con vecchi fantasmi. Lo Stato fa concor¬ renza al Front National. E vorrebbe trasformare i cittadini in flic. Lo trovo inammissibile. Ma non mi stupisce. Chi entrò a colpi d'ascia nella chiesa di Saint-Bernard per espellere i sans-papiers segue una logica brutale. Come non reagire?». Lei si definisce «cittadino della lingua francese...». «In molti lo siamo. Prenda il mio campo. Leo Ferre era figlio di un croupier monegasco, Yves Montand aveva radici italiane come Brassens, Aznavour armene, la Piaf sangue algerino nelle vene. Quanto a Johnny Halliday, è belga. Ci ha unificati non la Francia, ma il suo idioma. Bisogna saper cogliere la differenza». Nel veder sfilare insieme artisti, intellettuali e politici della Gauche che sensazione prova? «La Sinistra agisce per opportunismo. Non che manchino le adesioni sincere, ma il gioco elettorale è vistoso. Ebbene, non penso che far rientrare il ps al potere nelle Politiche '98 eliminerebbe i rischi di una legislazione discriminatoria. I partiti inseguono per natura il consenso, dimenticando i principi. Più che il governo occorre cambiare le mentalità. 1 nazionalismi non giovano. Io, per passaporto, ho il Mediterraneo», [e. b.] «Lo Stato vuol fare concorrenza al Front National e trasformare i cittadini in sbirri, è una mentalità che va cambiata» In alto, un momento della manifestazione a Parigi contro la legge Debré A destra Georges Mustaki
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