La Lega riscrive «Va' pensiero»

La sfida davanti a Bossi, che commenta: «Lo sport è la primavera del mondo» La sfida davanti a Bossi, che commenta: «Lo sport è la primavera del mondo» la lega riscrive «Va7 pensiero» L'Inno debutta nel match di boxe con la Francia «SECESSIONE» NELLO SPORT DALMINE DAL NOSTRO INVIATO Mohamed Jemiai e Abol Ben Harrouni hanno lo sguardo divertito, mentre si alzano le note del «Va' pensiero» e la brava gente padana scatta ili piedi con la mano sul cuore o la tosta che sogna una medaglia olimpica. Mohamed e Abel se la ridono alla faccia di tutti: proprio loro, immigrati tunisini dall'italiano approssimativo, schierati nella prima nazionale padana nella storia dello sport. '(Naturalizzati», li ha definiti senza pudore il quotidiano di Bossi. Oriundi come gli «angeli della faccia sporca» che negli Anni 50 sbarcavano dall Argentina per giocare con gli azzurri del calcio. Padania-Francia di boxe, in una spoglia palestra tappezzata di striscioni e bandiere verdi, incomincia cos\ Con due ragazzi africani in mefezo alla folla che riesce a prendersi sul serio anche quando grida v<alè celti» proprio a loro. «Forse adesso che ho combattuto con questa maglietta - dice Harrouni - la finiranno di prendermi a calci nel culo quando vado a chiedere una casa in affìtto...». Mentre l'ex ministro dell'Industria e ora ministro di Mantova Vito Gnutti, poco pili in là, ride contento per aver dimostrato al mondo che «la Padania razzista e un'invenzione» dei romani cattivi. Alla fine, rimediata una sconfitta di misura dalla selezione francese, tutti sorridono e ripetono che la politica non c'entra nulla però, alle dieci di sera, quando suona il Nabucco, il clima è ancora carico di tensioni. «Il Coni di Roma ha minacciato di squalificare i ragazzi», dice Giulio Panza, uomo di Bossi nel Bergamasco. «Ormai la Federazione e piena di comunisti - insiste Rinaldo Conti, il "maestro" che ha selezionato i pugili - non volevano neppure lasciarci indossare la divisa verde. Si vede che diamo fastidio...». La grande provocazione, con quasi un'ora di ritardo per aspettare un Bossi che non si farà vedere fino alle dieci e mezzo, va in scena lo stesso. «Roma o non Roma, per me è tutto regolare», taglia corto il commissario di riunione Mario Savelli, uno che si definisce «padano di Ravenna». E tutto e regolare anche per gli arbitri dei combattimenti, quasi imbarazzati dallo scudetto tricolore che portano attaccato al petto. «Purtroppo siamo obbligati a farlo», dice uno di loro «padano del Carroccio» anche lui. Alla fine i «guerrieri celti» combattono, anche se un «diktat romano» ha proibito le magliette verdi, (ci penserà Bossi al suo arrivo a rimettere le cose a posto) e se tra il pubblico nessuno canta la versione riveduta e coiretta dell'inno, che tale Uggeri ha riscritto ad uso e consumo dei celti di Bossi: «Va' pensiero, sull'ali dorate / va' e ridesta i popoli padani / che ritrovili le loro radici / delle genti antiche fierezza e dignità...». Pa-da-nia Pa-da-nia. Se-ces- sio-ne se-ces-sio-ne. Alle dieci in punto, archiviati Verdi e la Marsigliese («E gli arbitri ringrazino che non vi abbiamo messo l'Inno di Mameli - ghignano gli organizzatori - che altrimenti veniva giù la palestra dai fischi»), archiviata pure una mezza rissa in tribuna por colpa di un «italiano» che rideva nel bel mezzo dell'inno, archiviato tutto l'armamentario della coreografìa leghista, final¬ mente arrivano i pugni. Il primo «verde» nella storia dello sport si chiama Davide Tucci e viene da Settimo Milanese. «Superleggero», dice il suo cartellino. Superleggero e basta, perché incredibilmente Tucci è al primo combattimento della carriera. «Io nella storia del pugilato padano? Ma non scherziamo», dice prima del match, lanciando imo sguardo preoccupato al suo avversario, un nero con la faccia più stupita che cattiva. Il match per Tucci aspirante ragioniere - è uno scambio selvaggio di pugni più presi che dati. Sei minuti di sofferenza che si concludono con una sconfitta ai punti nel momento stesso in cui Bossi fa il suo ingresso in palestra, seguito a poca distanza da Giancarlo Pagliarini e Mario Borghezio. La folla dimentica il povero Tucci e si consola venerando il suo leader. «Lo sport è la primavera del mondo, il segno che preannuncia tutti i cambiamenti - scandisce il senatur - qui a Dalmine stiamo vivendo uno dei tanti momenti nella costruzione della Padania: non ci fermeranno né i magistrati né i pretori. Combatteremo con il cuore, cme stanno facendo i nostri pugili». A questo pimto, il programma vorrebbe il debutto di Jemiai, il padano di Tunisi, ma nessuno osa sfidare le domande di Bossi, già sufficientemente incazzato per le magliette rosse che Roma vorrebbe fare indossare ai suoi (nel terzo torneranno verdi) e per un «non rompere le balle» che un responsabile della federazione gli spara sul grugno. Sul quadrato sale un padano doc, di fronte ad un francese che non si capacita dell'improvviso cambiamento di programma: «Io sono qui per combattere - taglia corto - perché c'è tutta questa confusione? Quando combatto a Marsiglia non viene mai nessuno a vedermi. La Padania? E che cosa diavolo è la Padania?». Guido Tiberga L'INNO PADANO Vai pensiero Va' pensiero sull'ali dorale Va ' e ridesta i popoli padani Che ritrovili le loro radici delle genti antiche fierezza e dignità. Dalle Alpi scoscese alle valli Fino infondo alla verde pianura O mia patria ferita e orgogliosa l.a ina gente ti riscatterà. A Venezia ci offrimmo i destini /■sfidammo il romano oppressore Nostre lingue, culture e valori Porteremo all'antico splendor. Grande popolo impugna la spada Già di Brenna e di Alberto da Giussano lì a testa alta come fu a legnano vinceremo per la libertà, vinceremo per la libertà, vinceremo per la libertà, per la libertà. Bandiere leghiste e, sotto Umberto