L'ultimo mistero di Deng

L'ultimo mistero di Deng L'ultimo mistero di Deng Anche da morto resta invisibile NELLA CITTA' PROIBITA PECHINO DAL NOSTRO INVIATO Impossibile per chiunque tentare di appropriarsi della salina di Deng Xiaoping per guadagnare legittimità. Resta invisibile, come lui si era reso negli ultimi anni di vita. Per la prima volta nella storia della Cina popolare, in occasione della scomparsa di un leader incontrastato, non si ha la sfilata di piccoli leader davanti alla sua salma, con relative sgomitate per il posto più rilevante, dietro le quali si celano lotte implacabili. Con una lettera al capo del partito, Jiang Zemin, la famiglia, dichiarando di agire secondo le volontà di Deng, ha chiesto di ridurre al minimo le formalità funebri. Premettendo che Deng, «materialista fino in fondo, aveva mia visione filosofica della vita e della morte» e perciò «parlava spesso di come avrebbe voluto il suo funerale», i familiari esprimono cinque punti: nessuna cerimonia di addio: l'incontro per commemorarlo da tenersi solo dopo la cremazione; l'urna con le ceneri coperta dalla bandiera sormontata «da una sua foto a colori che esprima la sua superba apertura mentale». Niente visite in casa alla salma. Le cornee a una banca degli occhi e il corpo a disposione di scienziati per ricerche mediche. Le ceneri non debbono essere conservate ma come lui voleva, disperse in mare. Invisibile da vivo l'imperatore rimane più che mai tale anche da morto. I telegiornali gli dedicano più di un'ora, ma senza alcuna visione luttuosa: è tutta una rievocazione del suo passato. Non ci sarà qumdi, a differenza di quel che avvenne per Mao e Zhou Enlai, il funerale solenne sulla piazza Tienanmen: ma solo un incontro commemorativo martedì mattina nel palazzone dell'Assemblea del Popolo, cui saranno ammesse diecimila selezionate persone. Nulla, sulla piazza. Se la Tienanmen, Porta della pace celeste, è storicamente il simbolo dell'eterna Cina imperiale, l'immensa piazza creata dal regime è diventata altro dall'89: una ferita che pesa sulla coscienza collettiva, per chi l'ha subita ma anche per chi l'ha inferta. La lettera dei familiari, pubbhcata dai giornali, ha suscitato simpatie nei cinesi per questo stile di semplicità in un momento alto come la morte. Venendo incontro alle richieste dei familiari, il vertice evita cerimonie nelle quali su aspetti protocollari potrebbero emergere divisioni e schieramenti. Gli osservatori rilevano che essa è datata 15 febbraio, e cioè lo stesso giorno in cui il portavoce del mini- stero degli Esteri a Singapore diceva che le condizioni di Deng erano normali. La missiva suscita anche alcuni interrogativi tra gli analisti. E' la prima volta che un documento di tal genere viene reso pubblico. Per la morte di un altro importante dirigente due anni fa circolarono voci di specifiche richieste dei familiari ma nulla venne reso pubblico. Le domande della famiglia coincidono in questo caso con le preferenze del potere: minimizzare le formalità nel timore di una deflagrazione sociale, evitare folla sulla Tienanmen, luogo dannoso ed esplosivo. Per questo l'attività di governo procede regolarmente: malgrado il lutto nei prossimi giorni si avranno importanti visitatori in primo luogo la Albright. E' stato proclamato il lutto per sei giorni così che ieri Pechino ha vissuto in ufficiale mestizia la festa delle lanterne, che chiude i festeggiamenti per il Capodanno limare. Festoni e addobbi fuori dei negozi e degli stabili sono stati ritirati; alcune immense lanterne erette l'altro giorno davanti alla Città Proibita sono state smantellate. Cinema chiusi: avrebbero potuto dare sol- tanto film «rivoluzionari» che non attuano spettatori, così che i gestori hanno preferito chiudere. Sale da ballo e karaoke, locali notturni, chiusi d'autorità. In città tra la popolazione nessuna visibile manifestazione di cordoglio. Nel tempio buddhista tibe- tano i monaci hanno ieri recitato ima preghiera per lo scomparso: gratitudine per aver fatto riaprire nel '78 il tempio che era stato chiuso e devastato durante la Rivoluzione culturale. Ma per le strade, nessuno in giro con la fascia luttuosa ai braccio come avvenne per la morte di Mao e Zhou nel '76. Essendo da tempo preparata, la popolazione ha accolto la notizia senza sgomento. Ventuno anni fa si precipitarono tutti in strada a piangere, adesso restano davanti al televisore. Magari addolorati, ma senza disperazione. Una laicità di atteggiamento davanti ai leader che è tra i migliori risultati dell'azione di Deng, avverso a ogni culto della personalità. In vari luoghi del Paese tuttavia si sono avute spontanee azioni di cordoglio. A Chengdu, capoluogo del Sichuan, sua regione natale, trentamila persone hanno vegliato l'altra notte con un fiore di carta bianca, segno di lutto, e una candela in mano. Nel suo villaggio natio accorrono milioni di persone con scene di dolore. a Lanzhou, capoluogo del Gansu, sulla piazza centrale, sotto un ritratto di Deng sono state spontaneamente deposte centinaia di corone, la polizia sorveglia ma non interviene. L'agenzia Nuova Cina riferisce di manifestazioni di dolore a Lasha, capoluogo del Tibet, e a Urumqi, capoluogo del Xinjiang, la regione dove l'altra settimana si è avuto un sanguinoso episodio di ribellione della locale popolazione uiguara, musulmana. C'è anche chi capitalizza su questo lutto. Un imprenditore di Hong Kong, molto legato a Pechino, ha subito messo in vendita in una sua catena di negozi nella colonia tutta una serie di souvenir denghisti che vanno a ruba: i più venduti sono un orologio con Deng sul quadrante (circa 80 nula lire) e una statuina del gran vecchio seduto in poltrona con ai piedi mi gatto bianco e uno nero. Frenetico affarismo sulla morte del gran patriarca. Ma politicamente in linea con lui, emblematica rappresentazione della sua visione ideologica: «Non importa che il gatto sia bianco o nero purché prenda i topi». Ferdinando Mezzetti Per la prima volta resa pubblica una lettera dei famigliari di un leader al partito I toni soft coincidono con la volontà del potere che preferisce evitare il rischio di grandi raduni CHI SALE, CHI SCENDE Sul primo ministro • LI PENG circolano voci contraddittorie: una lo vorrebbe assurto alla guida del partito comunista Il presidente JIANG ZEMIN ha avuto l'appoggio del partito comunista (di cui è segretario) è delle forze armate (è capo della Commissione militare centrale). Ma non è chiaro se controlla davvero questi potenti apparati, ose invece ne. è controllato Il presidente dell'Assemblea del popolo (parlamento) .QIAO SHI è anche stato a capo dei servizi segreti: la sua insistente richiesta che «si affermi il ruolo del corpo legislativo»' (da lui guidato) potrebbe essere sostenuta dò 007 e dossier segreti Il governatore della Banca centrale ZHU RONGJI, che ' è anche vi.cèpremier, vorrebbe scalzare il suo , capo Li Peng dalla guida del governo in occasione del XV Congresso del partito, che potrebbe sciogliere in autunno i nodi della leadership a Pechino -quest'autunno, in . occasione del prossimo Congresso; l'altra scacciato dalla sua poltrona di premier a opera di Zhu Rongji Due immagini del lutto di Pechino: i soldati del picchetto d'onore depongono le armi nella Città proibita e una donna piange il leader scomparso |rOTO REUTERANSA]

Persone citate: Albright, Deng Xiaoping, Ferdinando Mezzetti, Jiang Zemin, Mao, Zhou Enlai, Zhu Rongji