Corte dei Conti, presidente a giudizio

Accusato di abuso d'ufficio con altri due magistrati, processo il 14 maggio Accusato di abuso d'ufficio con altri due magistrati, processo il 14 maggio Corte dei Conti, presidente a giudizio L'inchiesta è delpm Maria Cordova L'OPPOSIZIONE HA UN LEADER ma previdenziale a quello delle relazioni sindacali. Se vuole entrare nell'Unione monetaria e restare nell'Unione europea l'Italia deve cambiare l'una e l'altra. Come la Commissione bicamerale anche la prossima finanziaria avrà un senso per l'Europa soltanto se dimostrerà ai nostri partner che l'Italia ha capito la ragione dei loro dubbi ed è pronta a fare il necessario per voltare pagina. Operazioni di questo genere richiedono una maggioranza più larga e soprattutto più omogenea di quella che sostiene attualmente il governo Prodi. La lettera di Berlusconi all'Unità e le cose che egli ha verosimilmente detto al presidente del Consiglio nel corso del loro incontro rispondono alle condizioni e all'interesse del Paese. Se l'Italia fosse l'Inghilterra, ripeto, dovremmo rallegrarcene. Ma non è facile capire come questa collaborazione per l'Europa possa avvenire, come ha detto Berlusconi, nell'ambito di un accordo «che non cancelli le differenze tra opposizione e governo». La riforma dello Stato non spetta alla Bicamerale, ma, in primo luogo, al Consiglio dei ministri. Se è difficile supporre che Rii'ondazione continui a sostenere Prodi mentre D'Alema e Berlusconi si accordano su riforme costituzionali che Bertinotti e Cossutta vedono come il fumo negli occhi, è ancora più difficile immaginare che Bertinotti continui a sostenere il governo mentre esso si accorda con Berlusconi per cambiare lo Stato sociale. Delle due l'una: o in Italia le dichiarazioni non valgono la carta su cui sono stampate, o Rifondazione dovrebbe uscire dalla maggioranza sbattendo la porta. Portate sino alle loro logiche conseguenze, in altre parole, le iniziative di Berlusconi comportano un nuovo governo, forse presieduto dallo stesso Prodi, ma certamente sostenuto da una diversa maggioranza. E' pronto D'Alema ad accettare una tale prospettiva? E se egli accettasse quali sarebbero le reazioni dei popolari, dei verdi, dei cristiano sociali e di quella parte del suo partito che non condivide la linea del segretario? Credo che il terremoto - perché di questo si tratterebbe - sarebbe utile e salutare per il Paese. Ma mi chiedo quante persone a sinistra siano pronte a collaborare. Le fredde dichiarazioni di Prodi («E' la nostra maggioranza che ha vinto il 21 aprile e siamo noi ad avere la responsabilità di guidare il Paese per questa legislatura»), le glaciali parole di Bertinotti («Berlusconi fa benissimo a tentare di escludere Rifondazione comunista. Confido che la sua speranza e il suo obiettivo vengano vanificati») e le prudenti distinzioni di Cofferati («Non vedo quali possano essere le linee di convergenza tra Polo e centrosinistra») dimostrano quante difficoltà l'allargamento della maggioranza troverebbe sulla sua strada. Torniamo alle ragioni delle iniziative di Berlusconi. Come ogni uomo politico il leader d: Forza Italia ha probabilmente due obiettivi di cui il primo «ottimo», il secondo «buono» Raggiungerebbe il primo se riuscisse effettivamente a ribaltare il rapporto tra le forze politiche e a entrare nell'«area di governo». Raggiungerebbe il secondo se riuscisse, in mancanza di meglio, a seminare zizzania nel campo della maggioranza e ad accreditarsi di fronte all'opinione pubblica come leader ragionevole, lungimirante, pensoso degli interessi della patria. Se riesce a ottenere un altro governo, cancella il risultato delle elezioni dello scorso aprile e dimostra che l'Ulivo non ha vinto. Se non riesce potrà sempre dire che non e colpa sua se l'Italia non riesce a sintonizzarsi con l'Europa. Resta da capire quale sia in questo imbroglio la strategia di D'Alema. Si sta servendo di Berlusconi per sondare il terreno? O si serve del leader di Forza Italia, più semplicemente, per preoccupare Bertinotti e costringerlo a essere più conciliante? Le domari3e che vorremmo rivolgere a Berlusconi e a D'Alema sono fra quelle a cui gli uomini politici preferiscono non rispondere. Ma vi sono altre domande a cui tutta insieme la classe politica dovrà dare, nei prossimi mesi, una risposta chiara e convincente. Sono quelle che vengono da Bruxelles, Bonn, Parigi. Fra di loro i nostri uomini politici possono anche parlare per allusioni e messaggi cifrati. Con l'Europa debbono farsi capire. Sergio Romano ROMA. Sarà processato per il reato di abuso d'ufficio il presidente della Corte dei Conti Giuseppe Carbone, e con lui il presidente di sezione Roberto Coltelli e l'ex procuratore generale Emidio Di Giambattista. Per falso in atto pubblico è stato rinviato a giudizio anche l'ex segretario generale Sergio Risticuccia. I fatti contestati risalgono al periodo 19871992. Il processo comincerà il 14 maggio prossimo, come hanno stabilito i giudici della IV sezione della corte d'Appello di Roma. Un verdetto che scuote i più alti vertici della magistratura contabile, e che ha messo fine ad una lunga battaglia ingaggiata dalla Procura di Roma e in particolare dal sostituto Maria Cordova, che s'era vista respingere dal gip, un anno e mezzo fa, una prima richiesta di rinvio a giudizio, ha fatto ricorso e ieri l'ha vinto. Altre tredici posizioni di magistrati o funzionari della Corte sono state archiviate, ed altre accuse contro Carbone sono cadute, ma per la Cordova la decisione di ieri è una vittoria. «I fatti sono gravi - commenta il pm -, e le indagini furono svolte con molto impegno e attenzione. Ho dovuto superare diverse difficoltà, e qualcuno della Corte dei Conti aveva presentato pure un esposto nei miei confronti». Le difficoltà, a sentire il pm, vennero pure dall'ex procuratore di Roma Ugo Giudiceandrea: «Più volte mi aveva chiesto gli atti, sollecitandomi spiegazioni». Di tutt'altro parere l'avvocato Carlo Taormina, difensore di Carbone e di Di Giambattista, che dice: «E' una decisio¬ ne che si inserisce in un'antica controversia sorta all'interno della Corte, dove si sono scontrate opinioni diverse intorno alle modalità di gestione». Secondo Taormina, le denunce da cui parti l'inchiesta erano «strumentali», e i reati contestati «dovranno fare i conti con la prescrizione e l'ipotesi di depenalizzazione dell'abuso d'ufficio». E l'Associazione magistrati della Corte dei Conti ritiene che i fatti, «già oggetto di ben quattro archiviazioni», erano in realtà «contrasti di opinione che avrebbero dovuto trovare soluzione in sede diversa da quella penale». Al presidente della Corte sono stati contestati cinque episodi in cui viene ravvisato l'abuso d'ufficio. Il più grave è quello di aver mantenuto, anche dopo essere passato dal Consiglio di Stato alla Corte dei Conti, «senza richiedere il parere obbligatorio del consiglio di presidenza, e senza nemmeno informare lo stesso», la presidenza del consiglio di amministrazione della Cemat, una società a partecipazione delle Ferrovie dello Stato e come tale sottoposta al controllo della Corte. In pratica, secondo l'accusa Carbone svolgeva le mansioni di controllore e controllato, ma la difesa del presidente replica che non si tratta di abuso d'ufficio, perché quando stava al Consiglio di Stato l'autorizzazione c'era, e successivamente Carbone avrebbe dovuto autorizzare se stesso. Altri episodi attribuiti a Carbone riguardano presunti favoritismi ai suoi vice-procuratori con l'assegnazione di arbitrati o la nomina a commissioni di collaudo, e un «indebito ritardo» nell'assegnazione di una causa relativa ai fondi neri dell'Iri «nonostante l'imminenza dei termini di prescrizione e il rischio di dispersione delle garanzie patrimoniali». Sempre per la vicenda Cemat, l'ex pg Di Giambattista dovrà rispondere di falso idelogico (così come il segretario generale Risticuccia) e di abuso d'ufficio per altri due episodi, [gio. bia.] Il presidente della Corte dei Conti Giuseppe Carbone