La «sindrome» bulgara di Filippo Ceccarelli
Anche il leader non vuole il plebiscito la «sindrome» bulgara Anche il leader non vuole il plebiscito RITORNO AL PASSATO SROMA INDROME bulgara, con attorcigliamenti metafisici. Nel senso che per via di quell'ormai sciagurato 98,4 per cento il pds di D'Alema rischia di risultare bulgaro, ma così bulgaro da richiedere una riduzione del tasso di «bulgarità». Con il che risultando, tuttavia, un partito ancora più bulgaro, o meta-bulgaro, postbulgaro, trans-bulgaro o bulgarissimo, se si vuole, ma alla rovescia. Anche così, dunque, va il congresso nell'era in cui decisivo è fare bella figura. E un congresso dominato da un grigio unanimismo, bulgaro appunto, non dà esattamente l'idea di un dibattito autentico e democratico. Bisognerà quindi - com'è d'altra parte nell'interesse di D'Alema, ma pure dei suoi non irresistibili oppositori - escogitare per domani qualche opportuna votazione che raddrizzi questa specie di plumbeo convincimento balcanico. Se ne occupano, appunto, nella più recondita pancia del Palasport, gli addetti ai misteri congressuali che si celebrano nottetempo tra mozioni, listoni, bloccaggi e ordini del giorno. Ma intanto, di giorno, suona e risuona questa diffamazione etnica a sfondo geo-politico. Da fuori l'hanno rinverdita il cicidì Casini e perfino l'ex missino Alemanno. Dal congresso l'hanno negata Minniti, Zani, Mussi, D'Alema, Grandi e Buffo (oppositori), Barbera e Pasquino (oppositori di altro genere, pure disponibili a votazioni vere). Ieri ci è ritornato Mussi, che dopo l'intervento di Cofferati pareva quasi sollevato: «Chi pensava a un congresso bulgaro è stato smentito». In serata, è stata la volta di Folena. E tuttavia, fra tanti sdegnati rimbalzelli, nessuno ha ritenuto di far caso che proprio al congresso ci sono due ospiti innegabilmente bulgari. L'ex ministro degli Esteri Pinnski (del partito socialista) e la signora Ilena Poptodorova, della Sinistra europea, più vicina al pds. Ebbene, senza indulgere nell'ipocrisia del politically correct, c'è da supporre che la disputa non li abbia resi felici. Già in passato, del resto, l'ambasciatore a Roma, signor Tafrov, era insorto contro la «prassi vergognosa» di accostare sistematicamente alla Bulgaria tutto ciò che la politica italiana ritiene spregevole. Una sorta di tic, certo, anche se di solito i cortocircuiti mentali - e poi lessicali - non nascono per caso. Il vizio bulgaro, in effetti, non ha che fare né con la recente e sempre meno credibile Bulgarian-connection sollevata intorno all'attentato al Papa, né con quelle «minestre fredde di yogurt e cetrioli» che Emanuele Macaluso ricor¬ da con qualche rimpianto. Sul fatto che in Bulgaria, Paese eminentemente agricolo, si mangiasse bene concorda anche l'ex responsabile Esteri del pei Antonio Rubbi, che lì si recava spesso, anche in crociera sul Mar Nero, sulla motonave «Ivan Francò». La questione è che nel movimento comunista internazionale, a parte la loro affinità con i sovietici, i dirigenti bulgari non solo venivano eletti con percentuali che si potrebbero definire dalemiane, ma facevano sempre i primi della classe. Con allegria Rubbi racconta ad esempio di quando, «dopo aver l'aticato per un anno e mezzo, ed esser riusciti a eliminare dal lessico della risoluzione di Berlino termini come "marxismoleninismo" o "internazionali- smo proletario", i bulgari salutarono pubblicamente una vacanza di Paietta, che peraltro non leggeva mai i documenti, proprio con quella tiritera lì». Più severo, Macaluso lì ricorda «tetragoni», «ostici», «grezzi», «fedelissimi a Mosca». Tempo fa ha addirittura ventilato l'ipotesi che nel 1973 avessero tentato di accoppare Berlinguer. Dunque l'aggettivo «bulgaro», nel pds ex comunista, richiama oggettivamente un passato poco simpatico. Ma c'è anche una piccola Bulgaria italiana. Al congresso di Milano del 1989, Craxi fu proclamato eletto con il 92,3 per cento. Quindi salì sul palco s nel tripudio: «Per quanto la percentuale bulgara mi imbarazzi un po', vi sono molto obbligato». Naturalmente, poco prima aveva detto che «solo gli osservatori superficiali, gli analisti da poco non si sono accorti che il congresso non è affatto un tutto compatto e omogeneo, piatto e grigio, dominato da un segretario padrone». E lì per lì - ne tengano conto al pds • Bettino lece pure bella figura. Filippo Ceccarelli ■HHiiliii' A sinistra il segretario del ppi Franco Marini A destra il leader di Rifondazione Fausto Bertinotti In alto D'Alema con Mussi e Salvi
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