«Bignami docet»

«Bignami docet» «Bignami docet» I L linguista Tullio De Mauro studia e critica da tempo il modo I con cui sono fatti i nostri libri di testo. Adesso dice che «se il progetto Berlinguer andrà avanti, potrà dare uno scossone, editoria e ministero potrebbero mettere il naso oltre le Alpi». Per vedere che cosa? «Che per gli studenti di storia, in tutte le classi, c'è un libro sottile sottile con un glossarietto in ogni pagina, e c'è un libretto un po' meno sottile con esercizi ed approfondimenti; poi c'è un libro di mille pagine per l'aggiornamento degli insegnanti. Tre sono le funzioni, che noi invece cumuliamo insieme in un unico libro di testo con grossi pasticci: non impariamo mai le cose al momento giusto in modo progressivo, perché i libri dei vari livelli di studio sono appiattiti in un solo livello indifferenziato. Hanno fatto una prova: un'associazione di insegnanti bravi ha mescolato vari esercizi di libri, dalle elementari ai licei e ha chiesto ad altri insegnanti il livello di destinazione: sono tutti da liceo, hanno risposto. Alcuni testi delle elementari sono di uno scibile che saremmo felici di vedere assicurato all'Università». La soluzione? «Edoardo Sanguineti difende il Bignami. lo sono un sanguinetiano estremista: allo studente darei un Bignamino storico con il traliccio dei fatti e un libretto con i documenti e la critica: all'insegnante darei un librone che gli racconti tutto». Lo stesso criterio De Mauro seguirebbe per la letteratura («Bisogna leggere i testi!»), la filosofìa e la storia dell'arte, i cui manuali sono adottati anche all'Università. L'Università sarebbe allora costretta a farsi i suoi specifici, ade¬ E poi rifare, estendere, capire il Novecento non è impresa meccanica e indolore. Tocca nervi ancora scoperti, impone travaglio. Recentissima è la bordata da parte della rivista Area, espressione della destra sociale di Gianni Alemanno e Francesco Storace, contro i manuali più diffusi, accusati di aver dimenticato «l'Olocausto degli italiani infoibati in Istria, Dalmazia e Venezia Giulia ad opera degli slavocomunisti». Brancati è offeso: «Non ho dimenticato per partigianeria. E comunque sto riparando: ho già scritto il massacro delle fosse di Katyn in Polonia e mi documento sulle foibe». Lo stesso fa Camera, che è in contatto con il professor Fogar a Trieste, raccoglie materiali da una profuga di Fiume, interpella gli istriani a Milano. Perché l'omissione, finora? «Quando uno ha preso delle forti legnate, all'inizio si ricorda soltanto di quelle. E io le ho prese da loro, dai fascisti». E' peraltro tutta la storia che oggi inquieta, crea nuovo subbuglio. Rimetter mano ai manuali vuol dire guardarsi dentro, scoprire quanto si è cambiati in questi anni difficili senza più certezze. Si torna a guati libri di studio. discutere metodi, interpretazioni, qualità educativa. Villari ad esempio ammette che adesso nella storia rispetta di più l'azione degli individui, delle singole personalità, non le esaurisce più nel ruolo di rappresentanti delle forze sociali ed economiche. E De Rosa ha sentito l'esi- [c.a.] genza di accentuare ancor di più l'impostazione liberale, sturziana, del suo manuale. Dice che lui non doveva cambiare molto: tocca semmai ad altri farlo, agli ex marxisti. De Rosa, 79 anni, accenna a un suo sentimento che gli è cresciuto nel tempo, quello della sofferenza, del- la fatica che c'è nella storia, «dramma terribile e continuo». Giorni di vera passione, per gli storiografi. E se le nuove periodizzazioni, dopo tanto discutere e lavorare, fossero provvisorie? Sarebbe una bella beffa. Ma sembra proprio di no. Le attuali periodizzazio- ni sono piuttosto da intendersi come «una prima traccia», perché verrà «un riordino sistematico» dei programmi nelle varie materie, ed è dunque in quel quadro globale che esse «saranno perfezionate, armonizzate»: lo dice Nicola Tranfaglia, membro dell'apposita com¬ ANNI'50

Luoghi citati: Dalmazia, Fiume, Istria, Milano, Polonia, Trieste, Venezia Giulia