LA SFIDA SCENDE DAL COLLE
LA SFIDA SCENDE DAL COLLE LA SFIDA SCENDE DAL COLLE LO sci cambia pelle: dalla Formula 1 all'atletica. Dopo le vertiginose picchiate o la danza fra i paletti del Sestriere che facevano trattenere il fiato ai tifosi, si schiaccia il telecomando e si va in Norvegia, dove lo spettacolo sarà altrettanto esaltante ma adatto a palati più fini. Dalla Formula 1 all'atletica, appunto, dall'emozione violenta e spettacolare alla spiritualità della sofferenza. I Mondiali di fondo sono una sfida che gli atleti prima di tutto portano contro se stessi, come i corridori del mezzofondo. Anzi, a differenza dell'atletica leggera dove l'avversario è pur sempre un importante punto di riferimento, nel fondo soltanto il cronometro scandisce la bontà o meno dello sforzo contro rivali invisibili. Una disciplina tremenda. Una disciplina che nel corso degli anni, dopo il primo squillo portato da Franco Nones quando vinse le Olimpiadi di Grenoble 1968, ha saputo dare all'Italia un crescendo di grandi soddisfazioni. E anche questa volta le ambizioni sono molte. C'è un collegamento ideale fra il Colle del Sestriere e la piana di Trondheim: lassù Compagnoni e Kostner, ora Di Centa e Belmondo. Là Tomba e Ghedina, qui Fauner e Valbusa. Azzurri forti con le donne e con gli uomini. Lo sci italiano, facendo la somma delle medaglie del Colle e della piana, potrebbe ritrovarsi in paradiso. Ma non è soltanto questione di medaglie. Ha ragione Ghedina a sfogarsi (vedasi l'articolo di questa stessa pagina) e dire che è ingiusto bollare il suo piazzamento nella discesa libera con un avverbio crudele, «solo» terzo. Noi giornalisti invischiati nello sport-spettacolo ormai non abbiamo più mezze misure, mettiamo gli atleti sull'altare o nella polvere. Ma se Di Centa o Belmondo arriveranno «solo» terze, magari a pochi decimi dalla prima e dalla seconda, meriteranno davvero questo avverbio così crudele?
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