Il bimbo normale dov'è? Per il video non esiste di Si. Ro.
Una ricerca su film, telefilm, cartoni, spot Una ricerca su film, telefilm, cartoni, spot Il bimbo normale dov'è? Per il video non esiste Sullo schermo si rafforzano gli stereotipi femminucce seduttive, maschietti vivaci ROMA. Come sono i bambini ritratti dalla televisione? O sono i bambini della pubblicità, accattivanti, rosei, felici, bambini che se fanno la pipì la fanno di colore azzurro e se hanno fame mangiano un biscotto che sorride, o sono i bambini deU'informazione, poveri, affamati, terrorizzati, bambini che le guerre di Bosnia o di Somalia hanno ridotto solo a occhi pietosi, bambini che la violenza cittadina dei padri o delle madri ha trasformato in animali braccati. E il bambino normale dove sta? Tranne poche eccezioni in televisione non esiste perché non serve: al suo posto c'è un bambino «sintetico», un simbolo al quale affidare messaggi diversi, per lo più diretti agli adulti. Lo dice ima ricerca del Censis, «Il bambino mediato», sponsorizzata da PittiImmagine ed effettuata su «diecimila unità di analisi» tra film, telefilm, cartoni, show, spot, articoli di giornale. Dall'esame di questo materiale escono fuori anche dati curiosi. Per esempio che il bambino «sorridente», o per lo meno che «ce la fa», quello della pubblicità o della fiction, regna col 75% sulle reti Mediaset mentre il bambino «piangente» sta col 60,5 % soprattutto nell'informazione della Rai, oppure che il bambino televisivo, invece di rimuovere luoghi comuni, rafforza stereotipi: le femmine sono sempre seduttive, i maschi vivaci e intelligenti, i padri sono adolescenti compagnoni, le madri onnipotenti fatine che saltellano dal fornello alla scrivania e via così. Per fortuna, commentando i risultati della ricerca, nessuno ha catastroficamente invocato l'anacronistica morte del demone televisivo, ma s'è tentato di riflettere sul perché sia tanto duro e difficile riportare sul piccolo schermo quella che è la realtà Enzo Siciliano quotidiana, faticosamente vissuta dalle famiglie italiane. Giuseppe De Rita, presidente del Censis, ha parlato di un bambino «psichicamente inerte», «focomelico della relazione», che non conosce altro da sé se non il piccolo schermo, invitando i genitori a non lasciare i figli privi di ogni dialogo ma piuttosto a riprendersi il loro ruolo di educatori: «Perché una buona educazione non si ottiene aumentando le materie d'insegnamento quanto trasmettendo la capacità di relazionare». Anche il garante dell'editoria, Casavola, tracciando un percorso storico del concetto di infanzia, ha ribadito la stessa cosa. «La famiglia è deflagrata», ha detto, «perché i genitori non osano più proporsi come modelli, non trasmettono le proprie esperienze, non insegnano il dovere di vivere». E' per questo che il compito del garante dell'editoria non può limitarsi a controllare e sanzionare l'operato dei mass-media, te le visione in testa, ma deve promuovere il rispetto di quei valori che possono salvare la comunità. «E il Parlamento si sbrighi a promulgare la nuova legge sull'emittenza, che dopo da noi arriveranno consigli e suggerimenti». Meno volontaristico, e più concreto, Enzo Siciliano, il quale, da presidente della Rai, ha invocato «soluzioni drastiche» promettendo un maggiore impegno dell'azienda pubblica nella produzione di fiction italiana a discapito degli acquisti, perché facendoci da soli i nostri sceneggiati potremo finalmente evitare l'uso e l'abuso della violenza spettacolarizzata e del sentimentalismo idiota, mali maggiori della tv contemporanea. Tutti, ed è ovvio, hanno espresso soddisfazione per il neonato «Comitato tv e minori» voluto da Prodi. [si. ro.]
Persone citate: Casavola, Enzo Siciliano, Giuseppe De Rita, Prodi
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