Una «telenovela» per Ronconi di Masolino D'amico
La Melato in scena a Roma con la trilogia di O'Neill «Il lutto si addice ad Elettra» La Melato in scena a Roma con la trilogia di O'Neill «Il lutto si addice ad Elettra» Una «telenovela» per Ronconi Una storia di avvelenamenti e suicidi tra dileggio e dramma Nel cast la Pozzi, Massimo Popolizio e la deliziosa Milillo cida; e la nuova Elettra si accinge a una vita di espiazione nella magione deserta. Se non è telenovela questa... In O'Neill tutto ciò si svolge subito dopo la Guerra di Secessione, nella compressione che Ronconi ha ottenuto dagli spigliati traduttori Cesare Garboli e Giorgio Amitrano siamo invece negli anni 1950, anche se si parla di sciabolate e di velieri; le elegantissime scene di Margherita Palli, splendidamente illuminate da Sergio Rossi, giocano con alcune colonne doriche evocanti vecchio Sud (siamo nel West Virginia, anche se chissà perché nella loro nota i traduttori parlano di New England), ma creano anche un paio di interni di sinistra imponenza, oltre a un fondale marino dove le onde sembrano filetti di baccalà; gli elegantissimi costumi di Milena Canonero e Ambra Danon mettono le donne in morbidi lunghi aderenti ma non troppo, talora con cappuccio. La nota romantica è affidata alle musiche di Paolo Terni, ammiccanti a colonne sonore cinematografiche d'epoca. Questo però è un dramma di attori, e la fondamentale ambiguità dell'atteggiamento del regista verso la materia che lo attrae (la abbraccio o la sfotto?) si riflette nei pur magnifici interpreti. Dei quali uno, Massimo Popolizio, opta per la farsa, e ha gran successo sia con la macchietta del rigido marito, sia con quella più articolata del figlio reduce, nevrotico e mammone; una, Elisabetta Pozzi, fa invece sul serio, e la sua spietata Lavinia-Elettra è una creatura complessa e dolente; un'altra ancora, Mariangela Melato, cerca di conciliare gli opposti, adeguandosi alla solita dizione antinaturalistica inflitta da Ronconi (questa volta, per prendere delle distanze), ma al contempo giocandosi le grandi scene da par sua. Gli altri sono Roberto Alpi, un più che accettabile amante, la sempre deliziosa Valeria Milillo e un sollecito ROMA. L'attrazione dei contrari è una delle grandi leggi di natura e le sue conseguenze sono sempre interessanti, anche se non necessariamente pacifiche. Per un po' l'amore di Don José e Carmen rifulge, ma poi dato che nessuno dei due è disposto a modificare se stesso accettando l'altro com'è, le cose finiscono male. Periodicamente Luca Ronconi, artista razionale, intelligente, freddo, moderno, subisce il fascino di opere che sono il suo opposto, ossia assurde, appassionate, antiquate, magari un po' sgangherate. Nella lirica, dove il nostro eccelle, le seduttrici si difendono meglio, date le insormontabili esigenze di direttore d'orchestra e cantanti. Nella prosa, dove è monarca assoluto, il regista ha più mezzi per costringere Carmen a passare lo straccio per terra. Uno è l'ironia, anche se può essere rischiosa. Per esempio, collocare a bordo di una ridicola camionetta il momento più patetico di «Re Lear» non è una soluzione, è un rifugio nella stravaganza e nello sberleffo. Ora, la trilogia «Il lutto si addice ad Elettra», all'Argentina per un mese, è uno dei lavori più appassionati e più sgangherati del nostro secolo. A settant'anni dalla sua composizione abbiamo le idee chiare in proposito. Non lo avviciniamo più con lo stupore e la reverenza che si imposero ai giurati del Nobel; ma salutiamo in Eugene O'Neill, non per nulla figlio di un mattatore specializzato nel «Conte di Montecristo», il precursore della telenovela: le sue sono storiacce, drammoni pieni di conflitti irresistibilmente teatrali, e funzionano solo se li si porge con gusto (attenzione, non ho detto con «buon» gusto; anzi, forse volevo dire con «cattivo» gusto). Nei tredici atti in questione una donna avvelena il marito per amore dell'amante, che è un bastardo della famiglia di lui; la figlia vindice fa ammazzare il drudo della madre dal fratello, che a sua volta si sui¬ LONDRA. Nuovo amore per Vanessa Redgrave: da dicembre la «pasionaria del teatro inglese», 60 anni, famosa per la sua arte ma anche per la sua militanza nell'estrema sinistra, convive con David Harewood, un attore di colore che ha 29 anni meno di lei. «Si intendono molto bene. Vanessa è felice. La differenza d'età non importa. La cosa più importante è che siano felici», ha detto Harvey Redgrave, nipote dell'attrice, al tabloid «Daily Mail». I due si sono conosciuti sul palcoscenico del Riverside Studio, un piccolo teatro londinese dove due anni fa la Redgrave ha allestito la tragedia «Antonio e Cleopatra» vestendo i panni della protagonista e firmando la regia. In quello spettacolo Harewood interpretava una parte minore, quella di Enobarbo. Dal dicembre scorso Tatto- Grandi occasioni, da Fiat. Anche nel weekend. Da febbraio ad aprile, infatti, tutte le Concessionarie e Succursali Fiat dedicheranno un intero weekend al mese a chi. come voi, vorrebbe avere più tempi) per le proprie passioni. 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Masolino d'Amico La Redgrave vive con l'attore David Harewood Massimo Popolizio e Mariangela Melato in un momento dello spettacolo III
Luoghi citati: Argentina, Londra, Roma, West Virginia
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