Berlinguer e la Storia negata

polemica. Il ministro replica ai suoi critici difendendo il Novecento e la «scuola nazionale» polemica. Il ministro replica ai suoi critici difendendo il Novecento e la «scuola nazionale» Berlinguer e la Storia negata «Non sono un idolatra della contemporaneità» «Ecco il punto: da dove partire, dove arrivare? A Hitler e Stalin? A Krusciov?» BENE, e che il dibattito continui. Vedo con soddisfazione che la decisione di rendere obbligatorio lo studio del '900 nell'ultimo anno delle medie e delle superiori - con il conseguente riassestamento dei corsi di storia negli altri anni - continua a far discutere, spingendo storici, intellettuali, docenti, pedagogisti, a intervenire sull'argomento quasi quotidianamente. Registro una pluralità di consensi; ma certo non voglio ignorare le obiezioni, come quelle ad esempio riportate nel servizio apparso su Tuttolibri («La battaglia della storia»), che vanno a sommarsi a quelle già manifestate nei mesi e nelle settimane scorsi, ma che non mi sembrano tuttavia sufficienti, come mi chiede Mario Soldati sempre su La Stampa, a ritirare un decreto a lungo meditato e da tanto atteso. Fra tutte, mi pare, ce n'è una che assorbe le maggiori preoccupazioni: facendo studiare nell'ultimo anno di medie e superiori solo il '900, si comprime lo studio di tutta la storia precedente. In particolare, osservano alcuni miei critici, si comprime troppe lo studio del Medio Evo, così come, sottolineano altri, non si mette abbastanza in evidenza la centralità storica della Rivoluzione francese. Rispondo sommessamente: forse che fermandosi allo studio della prima guerra mondiale si può dispiegare l'approfondimento delle civiltà antiche, del Medio Evo, del Rinascimento, della Rivoluzione francese, dell'Ottocento, padre del '900, con l'ampiezza che meriterebbero? Certamente lo studio scolasti- Raccogliendo i funghì mi sono fatto il «4 X 4» Sono un contadino con circa 800-900 metri di poderi. I miei nonni, qui, soffrivano la fame. Ma ora stanno tutti bene. Ci siamo fatti ristrutturare le case con il contributo dello Stato; possediamo trattori e fuoristrada; non paghiamo tasse. Non abbiamo bisogno di comprare niente, né carne, né uova, né latte, né frutta, né verdura. Io compro solo il pane. Due anni fa, con il guadagno della vendita dei funghi, mi sono comprato la Panda 4x4, che qui è necessaria per andare sulle strade in salita e nella neve. I soldi delle pensioni e delle invalidità li portiamo tutti alle casse rurali o alle poste o alle banche (magari ci facciamo fregare dalle banche); ma siamo tutti miliardari. Poveracci sono quelli che vivono nelle città, che devono palare l'affitto, il riscaldamento, perché non hanno della legna come noi; devono comprarsi persino due foglie di prezzemolo! Sergio Soma, Mondovì Ultimi ed eremiti in un mondo così Ora di pranzo. La tv parla della morte, per agguato, di una persona «irreprensibile, forse troppo onesta...» della Usi di... virgolette perché non ricordo bene i particolari, ascoltati, almeno all'inizio, in modo distratto; del resto il discorso si può benissimo generalizzare e collocarlo in tante situazioni e tanti contesti diversi. Dico a mia moglie: «Avrà fatto il suo lavoro; avrà dato fastidio a qualcuno facendo chiudere qualche esercizio, ecc.». Prosegue il servizio: «... Aveva fatto chiudere il mercato di...». Cosa debbo aggiungere? Una riflessione: quell'inciso, «...troppoonesto...»? Ma, a questo mondo, secondo me, o si è onesti o non lo si è. E se si ha paura (legittima! in un mondo come que¬ Anche il Nord può sentirsi sfruttato Italia unita (ancorché con sistema federale) oppure divisa? Mi pare che, in ogni caso, non si debba esaminare il problema con visione decisamente a senso unico. Non si può continuare a lamentare (come si fa da decenni) uno sfruttamento del Sud e, nello stesso tempo, invocare la solidarietà, come si è fatto, mesi or sono, anche autorevolmente da Catania, al fine di sostenere l'unità del Paese. La necessità di non contraddirsi impone semmai di affermare: «La divisione porrebbe fine, in radice, ad un'ingiustizia, ma non sarebbe opportuna ugualmente; vanno cercate altre vie». Stranamente anche il Nord pare sentirsi sfruttato, forse per la visione unilaterale sopra indicata, comune a tutta l'Italia. co della storia non può essere valutato per la quantità delle cose studiate, ed è inevitabile che tanti episodi rischino di essere sacrificati, e altri drammaticamente ignorati. Ne sono talmente consapevole che ho già spiegato come questo sia stato un elemento che mi ha ulteriormente spinto nel proporre una riforma basata su due soli cicli anziché tre, proprio per evitare, fra l'altro, che i ragazzi debbano tornare tre volte, e sempre in modo comunque insufficiente rispetto alla bisogna, sugli stessi argomenti. Due soli cicli, il primario e il secondario, dovrebbero dunque consentire un approccio più disteso e più armonico allo studio delle vicende umane nel loro divenire. Ciò che è comunque ineludibile ò il punto di fatto odierno, e cioè che in troppi casi la storia di quasi un secolo, quello nostro, è sostanzialmente esclusa. Credo che non ci fosse altro modo di riequilibrare il sistema. ■H LETTERE AL GIORNA Insegnante e allievi in un'aula scolastica. A destra Ernesto Galli Della Loggia e Sergio Romano GALLI DELLA LOGGIA Insomma, non esiste e non è mai esistito nel dopoguerra «un» manuale, ma tanti e diversi manuali con impianti teorici e storiografici diversi e liberi, che gli insegnanti hanno in tutta libertà scelto e fatto studiare ai loro allievi. Tutto questo sostanzia la libertà di insegnamento che è un patrimonio della scuola italiana e che per quanto mi riguarda intendo assolutamente difendere da ogni incursione. C'è infine, un'ultima e più sostanziale critica rivoltami da Galli Della Loggia: sarei affetto da «Idolatria contemporaneistica». Non credo, anche per i miei trascorsi professionali di storico del diritto, di essere un idolatra della contemporaneità. Né credo di dover fare atto pubblico di fede nell'importanza dello studio delle antiche civiltà dagli Egizi ai Sumeri, da Pericle a Giulio Cesare, fino a Carlo Magno e Robespierre perfinire... Ecco il punto: stabilito da dove partire, come stabilire fin dove arrivare? A Hitler e Stalin? A Yalta? Al piano Marshall? Alla Ricostruzione, alla Guerra fredda, al Concilio, a Krusciov? All'invasione della Cecoslovacchia? Dove insomma finisce la storia e comincia la cronaca? Già oggi molti, molti più insegnanti di quanto non sospetti Galli Della Loggia, insegnano storia arrivando, come aveva stabilito Gentile, «ai giorni nostri». Già, perché fu proprio Giovanni Gentile a stabilire che lo studio della storia doveva arrivare fino «ai giorni nostri», solo che per lui erano settanta anni fa. Luigi Berlinguer

Luoghi citati: Catania, Cecoslovacchia, Italia, Yalta