Senna, il processo è a rischio

Imola, la richiesta degli avvocati potrebbe imporre uno stop al dibattimento sulla morte del campione di FI Imola, la richiesta degli avvocati potrebbe imporre uno stop al dibattimento sulla morte del campione di FI Senna, il processo è a rischio «Devono essere invalidate le perizie dell'accusa» IMOLA piace più di tutti. E le vetture che abbiamo sono prototipi, non dobbiamo dimenticarlo. E' un po' come se fossimo dei collaudatori. Siamo pagati per questo, conosciamo i rischi e ci va bene così». In fondo, Schumacher ha riassunto il pensiero di quasi tutto il mondo della FI. Come si fa a processare la velocità, a portare le regole della strada dentro a un circuito? Dall'altra parte, Maurizio Passarmi ha sempre detto di aver fatto solo il suo dovere. Questa è la legge, signori. Perché secondo loro non fu un incidente, il destino sta nella colpa, negli errori. Non è sceso dal cielo. E così si comincia, i giornalisti ammassati dietro le transenne, gli avvocati inglesi che hanno un sussulto ogni volta che qualcuno dice «complanare», un pubblico di ragazzini sopra, in aula, e la sala video quasi vuota, sotto, al bar. Dei 6 imputati, c'è solo Federico Bendinelli, presidente DAL NOSTRO INVIATO C'è l'odore del caffè. Sale da sotto, dal bar del circolo, quattro vecchi che scherzano al bancone e altri due seduti nella «Sala video in diretta tv per i soci», come annuncia il cartello scritto a mano con il pennarello rosso e attaccato al muro. Non c'è ima foto di Senna, di quelle con il suo sguardo melanconico, con gli occhi appesi nel vuoto che spuntano dall'abitacolo di un bolide. Non c'è da nessuna parte, nemmeno nell'aula. Non c'è neppure la FI, anche se questo è il suo processo, per la morte del più grande di tutti, Ayrton Senna, e perché è strano finire in Procura per una tragedia che bene o male appartiene a questo mondo. Dovranno spiegare se si può morire per colpa cercando di correre più veloce degli altri, se si può tutelare il destino in qualche modo, e in qualsiasi posto, pure qui dove bisogna volare per vincere. Tazio Nuvolari correva tutte le volte dietro alla morte pensando ai suoi due figli andati via troppo presto e ci ha lasciati solo da un letto di vecchiaia. Senna inseguiva la vita e invece è andato diritto alla curva del Tamburello che era giovane e forte. Semplicemente così, un bolide che si spara fuori dalla strada e lui che reclina la testa sulla spalla, in un attimo. Era il 1° maggio del '94, circuito di Imola. E ieri erano le 9,45 quando nel salone delle danze del Comune di Imola il cancelliere ha ordinato «in piedi, entra la Corte» ed è cominciato il processo che può cambiare il mondo della FI, il processo che gli inglesi non accettano e non capiscono e che forse oggi non vorrebbe più nessuno, nemmeno la famiglia di Semia. Adesso però è troppo tardi e ci sono sei imputati che il pm Maurizio Passarmi ha trascinato qui dentro, e fra loro ci sono i responsabili della Williams, Frank Williams in testa, e quelli della pista di Imola. «Se ci sarà una condanna, non verremo mai più a correre in Italia», ha già promesso Max Mosley, presidente della Fia. Per ora è questa l'unica eco del grande circo della velocità in quest'aula strana con il sipario rosso fuoco e il palco dell'orchestra dietro allo scranno della presidenza, con le luci fosforescenti agli angoli della sala e con il pavimento di legno per scivolare meglio sulle note del liscio. Per ora è solo questa, perché al pruno appuntamento non è venuto quasi nessuno e persino l'avvocato dei Senna ha annunciato che la famiglia non si presenterà parte civile. Non c'era la FI, in quest'aula di Imola, anche se dovranno passare molti testimoni, da Schumacher a Damon Hill. Ma oggi non c'erano le sue passioni, non c'era l'eco del suo ardore, non c'erano i suoi uomini, qui dentro. Piue Michael Schumacher ha fatto arrivare il suo pensiero da lontano: «Anch'io tempo fa ho avuto im incidente durante le prove di im Gp per la rottura del piantone dello sterzo. Per fortuna sono uscito illeso. Poteva andar peggio. Ma non ho mai pensato per un attimo di denunciare la mia Casa per un errore della macchina. Noi facciamo questo lavoro perché lo amiamo, ci ■■:.:>.x-:-s:-:-:-:'-.:^:-.v:;-.:^:- FINE DELL'UTOPIA impopolari. E' ancora il senso di questo duplice impegno quello che sembra dominare l'atmosfera del congresso di questi giorni, conferendo anche al discorso del «clintoniano» Veltroni una nota di gravità, che non rinuncia ad accentuare i ineriti (del resto indubbi, in molti casi) dell'azione di governo svolta fin qui, ma che guarda anche alla difficoltà degli impegni imminenti. Una gravità, diciamolo francamente, che non ci dispiace: come Prodi ha sostituito all'immagine pubblicitario-manageriale di Berlusconi una faccia insieme più domestica e problematica, ma perciò più credibile, così sarebbe stato sbagliato aspettarsi dal congresso del maggior partito di governo dell'epoca di Maastricht (accento sull'ultima parte della parola, con allusione alla strettezza) le rutilanze delle assise socialiste della gestione Panseca. Perciò, benissimo: gli ex comunisti che vediamo riuniti in questi giorni mostrano un altro tratto che non può mancare in una classe dirigente che sia davvero tale, e cioè la sobria consapevolezza della società che amministra il circuito di Imola. Lui continua a dire che non ha paura, che non succederà niente. Però, quando il processo comincia, qualcosa succede. E gli avvocati di Adrian Newey, progettista della Williams, e di Roland Bruynseraede, ispettore della Fia, chiedono la nullità di tutte le perizie che riguardano i loro assistiti. «Perché sono stati violati i nostri diritti», dice l'avvocato Luigi Stortoni. «Newey è stato interrogato una sola volta come testimone. E' stato messo nelle condizioni di sentirsi tranquillo e poi a giochi già fatti, quando ormai non poteva più interloquire sugli atti peritali, ha saputo che c'era una richiesta di rinvio a giudizio». Dice che quello che è successo è indegno di im Paese civile. Il pretore Antonio Costanzo annuncia che darà mia risposta solo alla prossima udienza, il 28 febbraio. Certo, se dovesse dar ragione ai difensori cadrebbe buo¬ na parte dell'impalcatura d'accusa che si regge proprio su quelle perizie. E tutto questo diventerebbe quasi un processo vuoto, da rifare dall'inizio. In un angolo, Peter Goodman, l'avvocato che guida la difesa di Frank Williams, ascolta un po' assente: «Le questioni poste sono giuste», dice con molto distacco. Per il resto, non sembra importargli più di tanto. Lui non corre dietro ai taccuini, non insegue le telecamere come fanno i suoi colleghi italiani. Molto inglese. Chiude la borsa con le sue carte, e nessun | commento, please. «Noi insistiamo che quello fu un incidente. Nient'altro. Solo un incidente. Al momento giusto, lo proveremo». Quando tutto finisce, sono le 13,30. Fuori, nel cortile del palazzo, c'è un signore con i capelli bianchi e un vestito tuti.0 verde che esibisce un cartello: «Voghamo la verità. Amici di Ayrton». E lo ripete ai cronisti: «Non ci interessano le condanne. Devono solo dirci perché è morto Senna». Lui si chiama Dante Capanna, faceva il pilota d'aereo e una volta a Fiumicino conobbe quel brasiliano con gli occhi tristi che correva più veloce del vento. Da allora, è entrato nel club degli amici. C'è scritto anche nel suo biglietto da visita, tutto colorato di Brasile, giallo e verde: «Always with us», sempre con noi. Il pm Passarmi scende le scale di corsa, così piccolo e timido, assalito dai cronisti. Ma allora cosa succederà adesso?, gli clùedono. «Non lo so», dice lui fuggendo. Salta il processo? «Spero di no». Le guardie del corpo lo caricano sull'auto. Un'Alfa tutta rossa. I ragazzini si guardano quella macchina che accende i motori nel cortile del palazzo. Va via rombando come i bolidi che loro sognane. Dal bar, sale quell'odore di caffè. Pierangelo Sapegno LE MOLTE VERITÀ1 DI UNA TRAGEDIA 1 ^ L'INCIDENTE. Gran Premio di San Marino del '94: nella curva del Tamburello la Williams di Ayrton Senna si schianta contro il muretto laterale destro. LA TESI I pilota Ayrton Senna ai tempi dei suoi trionfi DI UN EX PILOTA L'ACCUSA. La velocità d'impatto fu di 216 Km/h. LA DIFESA. La velocità era decisamente minore. Alla prima udienza presente solo uno dei sei imputati Schumacher: sappiamo quali rischi affrontiamo in pista LA CAUSA DELLA MORTE. Senna morì perché un pezzo di sospensione gli si conficcò in fronte. L'ACCUSA. Si ruppe il piantone dello sterzo. LA DIFESA. Fu un errore umano. a LA TERZA IPOTESI DEL «SUNDAY TIMES». Senna deviò dalla traiettoria per evitare un oggetto sulla pista. Ma è possibile che la sua abitudine di trattenere il respiro prima ai una curva impegnativa gli abbia fatto perdere la lucidità necessaria: lo ha rivelato un amico del pilota e la stessa versione sarebbe . stata data da un medium.

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