LA TENAGLIA DEL FUTURO di Sergio Romano

LA TENAGLIA DELFUTURO LA TENAGLIA DELFUTURO immaginare che cosa potrà accadere nei prossimi anni. Siamo di fronte a un fenomeno straordinario, privo di qualsiasi riferimento e precedente. Un uomo abile e geniale approfitta dei disastri del maoismo e della rivoluzione culturale per costringere la dirigenza del suo partito a sbarazzarsi di tutto il ciarpame ideologico dell'economia marxista-leninista. Come Guizot, primo ministro di Luigi Filippo nella Francia del secolo scorso, incoraggia i suoi connazionali ad arricchirsi e ottiene, in pochi anni, risultati sorprendenti. Ma non rinuncia né al partito unico né al suo controllo totale sulla società civile. Nel museo della storia la Cina di Deng è un essere bastardo, mezzo comunista, mezzo capitalista. Il cinese può commerciare, intraprendere, importare, esportare e speculare alla Borsa di Shanghai come qualsiasi cittadino di una qualsiasi democrazia occidentale. Ma non può dire e pensare cose diverse da quelle che sono iscritte nel grande libro dell'ortodossia comunista e ricevono l'imprimatur del partito. La Nep (Nuova Politica Economica) di Lenin coincise con un periodo di relativa libertà intellettuale. La Nep di Deng coincide con il massacro di Tienanmen e con la sistematica repressione del dissenso. Non basta. La Cina è l'unica economia di mercato in cui i reati contro il patrimonio (ricaduta «fisiologica» di qualsiasi sistema capitalista) vengano tuttora puniti con una pallottola, addebitata ai parenti della vittima. E' probabile che Deng non potesse fare altrimenti. Se avesse cercato di ridurre l'influenza del partito, il «piccolo timoniere» si sarebbe scontrato con la resistenza dei conservatori e avrebbe gettato il Paese nel baratro della guerra civile. Lui stesso, del resto, era convinto che la democrazia avrebbe minacciato l'unità nazionale e reso la Cina ingovernabile. Economia di mercato e disciplina politica sono state in questi anni le ricette complementari del successo cinese. Chi se ne rammarica o pretende che la Cina assomigli all'Occidente, applica criteri europei, come ha osservato Bettiza, a una storia politica e culturale completamente diversa. In coloro che pretendono d'impartire ai cinesi lezioni democratiche vi è più arroganza che democrazia. Ma occorre chiedersi fino a quando questi due fenomeni economia di mercato e regime totalitario - possano convivere senza cercare di distruggersi a vicenda. La libera economia crea una pluralità di interessi; e gli interessi, a loro volta, tendono a organizzarsi per meglio influire suuY decisioni e le direttive del potere politico. Prima o dopo le associazioni, le lobby, le corporazioni vengono alla superficie e si battono per cambiare una legge, modificare un regolamento, ottenere una licenza, riformare il sistema creditizio, ridurre il carico fiscale. Dall'economia alla politica il passo è breve. L'unico modo per legittimare gli interessi è quello di renderli per quanto possibile trasparenti e di creare un luogo in cui essi possano essere rappresentati politicamente. In Cina, invece, gli interessi scorrono come fiumi sotterranei e usano, per raggiungere i loro obiettivi, l'arma del denaro. Deng ha avuto il grande merito di avviare la trasformazione economica di un continente, ma la sua ricetta ha prodotto un'ondata di corruzione che ha inquinato larghi settori dell'amministrazione e del partito. Il Paese che egli lascia in eredità ai suoi successori è stretto in una tenaglia. Non può diventare democratico senza correre il rischio di spaccarsi. Non può rinunciare all'economia di mercato senza suscitare le resistenze dei nuovi ceti sociali creati dalla rivoluzione economica di Deng. Non può restare totalitario senza creare corruzione e dissenso. La ricetta, cui gli eredi di Deng ricorreranno per tenere insieme il puzzle cinese, è probabilmente il nazionalismo. Pur di continuare a controllare il Paese inventeranno nemici e creeranno crisi. Le minacce degli scorsi mesi contro Taiwan sono un segno premonitore della Cina con cui dovremo confrontarci nei prossimi anni. Ecco perché ogni previsione sul «dopo Deng» è letteralmente impossibile. Avremo tuttavia, fra qualche mese, una banderuola che ci permetterà di capire da che parte tira il vento. Questa banderuola è Hong Kong, che Pechino vorrebbe economicamente libera e politicamente servile. Dal modo in cui i cinesi tratteranno i loro nuovi sudditi ricaveremo qualche indicazione sugli umori della RepubbUca Popolare e trarremo presagi per le sorti del mondo. Sergio Romano

Persone citate: Bettiza, Lenin, Luigi Filippo