La prima alba senza Deng di Francesco Sisci

La prima alba senza Deng La prima alba senza Deng S'è spento a 92 anni il «Piccolo Timoniere» La voce è partita da Hong Kong ed e rimbalzata in tutto il mondo cosi forte che alla fine Pechino ha dovuto confermare nel cuore della notte, infrangendo i suoi inflessibili rituali: Deng Xiaoping è morto. Dopo giorni di nervosismo e grande agitazione, una nota urgente dell'agenzia Nuova Cina diceva ieri che «il Piccolo Timoniere» era deceduto. Deng, 92 anni, l'uomo che ha guidato senza troppi scossoni il più grande Paese del mondo fuori dal sottosviluppo e dal socialismo reale, soffriva da tempo del morbo di Parkinson e aveva da anni un cancro alla prostata: sarebbe spirato per complicazioni respiratorie. Era comparso in pubblico l'ultima volta nel febbraio 1994. La morte è avvenuta in serata, alle 21,08, ma il ministero della Propaganda ha comunicato il fatto alla televisione e agli organi di stampa intimando loro di passare la notizia solo in mattinata (è stata data, infatti, alle 7 dalla tv, mezz'ora prima dalla radio). Ma ormai il velo tra stampa ufficiale e il resto del Paese non è più cosi spesso come un tempo e nella notte mezza città già sapeva. A Zhongnanhai, il Cremlino cinese, le luci non si erano mai spente. 1 vertici del partito erano in piena riunione. La scomparsa di Deng arriva infatti in un momento estremamente delicato per il Paese. Fra dieci giorni si apre la riunione plenaria del Parlamento. C'erano in programma la discussione di una serie di importanti leggi fra cui la riforma del codice penale con l'abolizione del crimine di «attività controrivoluzionaria». Ora bisognerà occuparsi esclusivamente di Deng e di cosa succederà alla leadership del partito comunista e del Paese. PECHINO NOSTRO SERVIZIO LA STAMPA Quotidiano fondalo nel 1867 DIRETTORE RESPONSABILE Carlo Massella CONDIRETTORE Luigi La Spina VICEDIRETTORI Vittorio Sabadin. Paolo Passai ini REDATTORI CAPO CENTRAI J Ruberto licitato Dario <'testo-Dina, Franco Tropea EDITRICE LA STAMPA SI 'A PRESIDENTE Giovanni Agnelli VICEPRESIDENTI Vittorio Caissotti ili ( 'liiusanu I Imbuto Cult Ica AMMINISTRATORE DELEGATO E DIRETTORE GENERALE Paolo Paloschi AMMINISTRATORI Luca Corderò di Monte/eniolo (■invaimi Giovannini Francesco Paolo Matlioli, Alberto Nicolello STABILIMENTO TIPOGRAFICO La Stampa, via JVIarcnco 32, Torino STAMPA IN FAI 'SIMILE * La .Slamila, v, li. Bruna HI. Turino STT srl. v.I'. l'esenti l:M). Roma STS spa. Quinta Strada fó, Catania Nuora SAJIK spa. v. della Giustizia 11. .Milano L'Unione Sarda spa. vie Elmas, Cagliari Nord Ki'lair. IMI Hue du Caire. Itouuaix ( !0N( IESSIONARIA PI IBBL1CITA' l'ublikompass Spu v. Carducci 29, Milano, tel. (02) 86470.1 c. M. d'Azeglio 60, Torino, tel. (Ili 1 ) 6665311 © l!*ii7 Editrice La Stampa SpA Rag. Trili. di Torino n. 613/1926 Certificato n. 31120 del W)2tl'M> La tiratura di Mercoledì 1<I Febbraio lllit" (■stata di 477.IÌ91 copie Il primissimo appuntamento per vedere chi scende e chi sale ai vertici del Paese sarà il funerale di Deng. Nel comunicato ufficiale, l'agenzia cinese ha annunciato la costituzione di un comitato per i funerali, presieduto dal capo dello Stato Jiang Zemin, il delfino di Deng. Non ci sono indicazioni su come si svolgeranno le esequie, che Deng aveva esplicitamente richiesto molto semplici. Ma il comitato ha già detto che non saranno invitati rappresentanti di governi o partiti stranieri. In ogni caso, chiunque succeda a Deng il Paese è in marcia per sempre più rapide riforme economiche, e certamente anche riforme politiche. Il ritorno di Hong Kong alla madrepatria il 1° luglio impone la concessione di una maggiore libertà anche nel resto delia Cina. Pechino sa che non può guidare il territorio con mano di ferro, né può dimostrarsi nei con¬ fronti della libera stampa hongkongina più tirannica dei colonialisti britannici. Un'altra scadenza perseguita i leader ancor prima del 1° luglio, il 4 giugno prossimo sarà l'ottavo anniversario della sanguinosa repressione di Tienanamen. Deng negli anni scorsi aveva detto che non avrebbe tollerato alcuna revisione del giudizio ufficiale su quei fatti prima della sua morte. Secondo la versione di Stato si è trattato di «disordini». In altre parole autorizzava, e qualcuno dice anche «invitava», a rivedere quel giudizio riabilitando quindi quanti vennero epurati. In cima alla lista c'è Zhao Ziyang, il segretario del partito deposto nel 1989 perché sosteneva gli studenti. L'attuale segretario del partito Jiang Zemin ha già indicato nei giorni scorsi che questa è la strada che intende percorrere. Martedì 18 ha presieduto una EL MANDARINO RIFORMISTA ■ camerati della Lunga Marcia lo I chiamavano Tsu Fu-Tzu, «colui H che nasconde l'intelligenza sotto una scorza ruvida»; i russi (che lo odiavano) «il nano»; le guardie rosse «cane puzzolente» e «nemico pubblico numero due»; i milionari arricchiti dal suo socialcapitalismo «architetto eccelso»; i ragazzi del maggio cinese macchiato di sangue «boia della Tiennanmen» e «vecchio tiranno». Rivoluzionario e giustiziere, riformatore pentito e burocrate efficiente, tre volte nella polvere ma sempre pronto a risollevarsi, Deng, in tutte le stagioni, è stato fedele alla millenaria idea cinese della politica come pedagogia, riflesso di un Paese che tratta i bambini come uomini e gli uomini come bambini e che nel marxismo-leninismo ha trovato soltanto un confucianesimo di ricambio per il ventesimo secolo. Il piccolo timoniere che a New York esibiva il cappello da cow boy e entusiasmava gli americani alla ricerca di un comunista simpatico a cui dedicare la copertina di Time, è sempre rimasto legato all'universo burocratico dell'antico impero, dove i riti dell'obbedienza sono il tributo che chi è governato deve rendere a chi comanda e lo nutre. Il capo di un miliardo di comunisti che ha scandalizzato i custodi dell'ortodossia marxista proclamando che «la miseria non è rivoluzionaria», è stato il ritratto del mandarino confuciano: che doveva avere «la forza spirituale di un drago, 0 fisico di un asino, l'insensibilità di una termite e la resistenza di un cammello». La Lunga marcia di questo piccolo uomo di ferro, 60 anni attraverso tre rivoluzioni e dentro la storia travagliata di un terzo dell'umanità, è cominciata nel 1920 sul molo del porto di Shanghai. Un gruppo di ragazzi è in attesa di imbarcarsi su un piroscafo che li porterà in Francia. Hanno giurato fedeltà a un motto severo «duro lavoro, studio austero» e vogliono rubare alla potente Europa i segreti necessari per far rialzare la testa alla Cina umiliata dall'Occidente. Uno di quei ragazzi, abito lunga cerimonia in pompa magna per i funerali di Qin Jiwei. Qin era il ministro della Difesa nel 1989, vicinissimo a Zhao. Faceva parte di un gruppo di alti generali che fino all'ultimo si opposero all'uso dell'esercito contro gli studenti. All'epoca ci furono anche voci che avesse tentato un colpo di mano a favore di Zhao. Le massicce celebrazioni per Qin, a circa due settimane dal suo effettivo decesso, sono un primo segnale che Jiang Zemin intende rovesciare il giudizio su Tienanmen. Ai funerali di Qin era invece assente il premier Li Peng. Li Peng nel 1989 era fra coloro che spingevano per la repressione del movimento. Zhao, 79 anni, è troppo vecchio per qualunque ruolo di primo piano. Ma il suo ritorno potrebbe rafforzare il potere di Jiang Zemin, il quale è oggi sotto un'altra minaccia: un'ingerenza degli altri ultraottantenni veterani della Lunga Marcia ancora vivi e attivi. Fra questi ci sono gli ancora potenti Yang Shangkun, Peng Zhen e Bo Yibo. Una revisione del giudizio su Tienanmen inoltre potrebbe facilitare enormemente il lavoro di Pechino a Hong Kong e potrebbe essere un buon punto di partenza per una ripresa del dialogo ufficiale con Taiwan sulla riunificazione. In realtà in questi ultimi anni ci sono già stati dei progressi in questo senso. L'ex direttore del Quotidiano del Popolo Hu Jiwei, epurato dopo Tienanmen, è stato di recente riabilitato, Nei prossimi giorni Pechino sarà estremamente nervosa. Tutti i dirigenti di livello medio-alto saranno chiamati nella capitale perché attraverso una serie di riunioni bisognerà siglare il giudizio ufficiale sull'era Deng. Francesco Sisci