DA FORMICHE A PERSONE di Enzo Bettiza
DA FORMICHE A PERSONE DA FORMICHE A PERSONE SE prendiamo come punto di partenza il 1949, data di fondazione della Cina popolare, non possiamo fare a meno di suddividere mezzo secolo di storia comunista cinese in due metà essenziali e contrapposte. Anno più anno meno, abbiamo un primo periodo di cinque lustri selvaggiamente sconvolti dalla dirompente personalità utopica di Mao, cui seguirà un periodo di altri cinque lustri razionalmente capovolti dalla sorprendente personalità pragmatica di Deng. Nel 1976, spartiacque traumatico del quasi cinquantennio, un universo surreale, arbitrario e violento crolla d'un colpo con tre decessi simultanei. Mao muore fisicamente, la rivoluzione culturale muore ideologicamente, la nefasta vedova di Mao e la «banda dei quattro» muoiono politicamente. Nel 1977 Deng, risorgendo miracolosamente dalla sua ennesima caduta, torna ai vertici del potere e nel 1978 lancia, insieme con le «quattro modernizzazioni», la quarta rivoluzione cinese del secolo. Dopo la prima rivoluzione repubblicana e nazionalista di Sun Yat-sen, dopo la seconda di tipo sovietico avviata nel 1949, dopo la terza segnata dal maoismo ruggente degli Anni Sessanta, la quarta rivoluzione denghista sovverte in maniera drastica la rotta ricongiungendosi ai primordi modernizzatori e capitalistici di Sun Yat-sen. I venticinque anni di Deng, tutti concentrati in un'univoca strategia di sviluppo e di riconversione economica, si contrappongono con la nettezza di una cesura epocale ai venticinque anni di Mao, tutti oscillanti e sempre naufraganti nelle tremende distruzioni umane e materiali inflitte all'oceano in tempesta della sterminata Cina. Quanti saranno stati i cine Audience buona ma senza si, i tibetani, i mongoli, i kazaki, gli uiguri immolati sui roghi permanenti di un titanismo ideologico insieme rudimentale, visionario e prometeico? Le stime minori si aggirano sulla quarantina di milioni di contadini sacrificati nell'inane esperimento del «grande balzo», quando ogni graticola di cortile doveva simulare un altoforno in formato bonsai, senza contare le vittime travolte nel terremoto della rivoluzione culturale. Secondo taluni esperti più pessimisti il totale dei cadaveri, divorati da quell'ideologia autofaga, supererebbe i cento milioni facendo addirittura impallidire i giganteschi eccidi staliniani. E' l'avvento di Deng che mette un freno definitivo a questo barbarico comunismo asiatico, degno di Gengis Khan, non a caso cantato nelle sue mediocri poesie da Mao Zedong. L'eccezionalità fulminea della metamorfosi denghista è che essa comincia subito, quasi senza soluzione di continuità, dopo la fine del maoismo. In poche settimane si dissolve un universo di incubi e di penurie che pareva indistruttibile. Cessano da un giorno all'altro le lunghe marce egualitarie verso il nulla. La Cina, come altre volte nelle infinite altalene del suo passato, ritorna in un baleno dal caos alla normalità. Finalmente si compie per positivo il vero grande balzo; un miliardo di uomini balzano infatti dall'inferno al computer, abbandonano la «pentola di ferro comune» per recarsi al supermercato rifornito, riscoprono il valore della moneta e il bene di consumo, prendono a raccontarsi in una storia nuova più alacre e più accordata alle realtà del mondo contemporaneo. Enzo Bettiza CONTINUA A PAG. 3 QUARTA COLONNA record: 13 milioni. Fans
Persone citate: Gengis Khan, Mao, Mao Zedong, Sun Yat-sen
Luoghi citati: Cina
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