Tiro al bersaglio sul metrò: assolti

I ragazzi di Roma si sono difesi: ci siamo limitati a prendere a calci una bottiglia I ragazzi di Roma si sono difesi: ci siamo limitati a prendere a calci una bottiglia Tiro al bersaglio sul metrò: assolti Per il giudice ilfatto non costituisce reato ROMA. Assolti perché il fatto non costituisce reato. Escono i ragazzi accusati di aver lanciato sassi sulla testa dei passeggeri della metropolitana di Rebibbia. Da mostri a liberi cittadini in 15 giorni. Una vicenda che ha scatenato prima ira e indignazione per il ripetersi di un gesto criminale e assurdo e che adesso fa riflettere e discutere. In molti si sono indignati per il verdetto di assoluzione. Rimane vivo il racconto dei poliziotti che arrestarono i ragazzi. Presi, dissero allora, mentre si incitavano a lanciare una bottiglia rotta sui passanti. Ma davanti alla verità processuale ci si deve arrendere. I cinque ragazzi sono innocenti. I fatti contestati, per cui il 5 febbraio sono finiti a Regina Coeli, non costituiscono reato. E' stato lo stesso pubblico ministero, Federico De Siervo, nel corso del processo per direttissima svoltosi ieri mattina, a chiedere l'assoluzione di Nicolas Di Napoli, Mirko Pandolfi, Sonia Ferrara, Nunzio Proto e Daniele Brigida. Ai cinque giovani era stata contestata, al momento dell'arresto, l'accusa di attentato alla sicurezza dei trasporti. Ma la pubblica accusa, in udienza, aveva chiesto che l'imputazione fosse derubricata in quella di lancio di corpi contundenti contro veicoli in movimento destinati a pubblici trasporti. E' stata accolta la tesi difensiva secondo cui non è emerso se, nel momento in cui i poliziotti intervenivano per impedire il lancio di oggetti, ci fossero veicoli in movimento. Circostanza rilevata anche dalla pubblica accusa che ha concluso per l'assoluzione. I ragazzi della «metrò» - c'erano anche tre minorenni hanno sempre negato di aver giocato al tiro a bersaglio con le macchine e i passeggeri della metrò. Hanno sempre sostenuto che quel giorno si erano limitati a prendere a calci una bottiglia vuota che poi era andata in frantumi. Accanto a uno dei ragazzi furono trovati anche uh sasso del peso di tre etti e un pezzo di cotto. E secondo il racconto degli investigatori erano stati visti lanciare bottiglie contro i passeggeri della metrò e contro A fianco il procuratore Aldo Cuva. A destra Michele Faiella, scarcerato, assieme al suo avvocato TORTONA DAL NOSTRO INVIATO «Allora, lo riconosce?». «Sì, mi sembra proprio che sia questo». Sul tavolo, davanti a uno degli accusati dell'omicidio del cavalcavia, c'erano dieci foto tessera. Sorpresa: erano nove fotografie di avvocati del foro di Tortona - tra cui alcuni dei difensori di imputati dello stesso processo - più un altro legale, sospettato di essere stato il «consigliere» occulto dei ragazzi del cavalcavia, nei giorni successivi all'omicidio di Maria Letizia Berdini. Quelle dieci foto, mostrate a tre arrestati in tre interrogatori diversi, hanno sollevato una nuvola di veleno su questa inchiesta. Il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Tortona, dopo giorni di malumori, nervosismi e incertezze, si è riunito lunedì sera per esaminare la situazione, e decidere il da farsi. Nessuna presa di posizione ufficiale, al momento, ma è certo che gli avvocati della città (trentotto in tutto, civilisti compresi) si sentono sospettati, e avvertono - chi più, chi meno - l'imbarazzo di dover partecipare a interrogatori, confronti e deposizioni. Il tutto succede in un momento assai delicato delle indagini, cioè a pochi giorni dall'uscita dal carcere di tre personaggi chiave della storia: Loredana Vezzaro (scarcerata dal gip), la ragazza che per prima raccontò la verità al procuratore Cuva. Claudio Montagner (scarcerato dal tribunale della libertà di Torino), indicato come il «vecchio» della banda del cavalcavia Caval-

Luoghi citati: Roma, Torino, Tortona