«Togliete i figli ai mafiosi»

Ma la proposta del sindaco di Corleone riceve un coro di no. I vescovi: i genitori sono responsabili Ma la proposta del sindaco di Corleone riceve un coro di no. I vescovi: i genitori sono responsabili «Togliete i figli ai mafiosi» «Così possiamo salvare gli innocenti» PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE tv non di parte, insomma su tutte le agenzie formative in grado di offrire valori alternativi». Il presidente del tribunale dei minori di Milano Livia Pomodoro ha riconosciuto che un ragazzo che «cresce in un contesto criminale, cresce in condizioni particolari, ma da questo a stabilire in linea generale che bisogna sottrarlo ai genitori mi sembra un salto audace». Secondo la Pomodoro vi sono poi già norme di legge che per il bene del minore consentono il suo allontanamento dai genitori. Rita Battoli Costa, ex deputato regionale del pei e vedova del procuratore della Repubblica assassinato dalle cosche nel 1980, ha pure lei stroncato la proposta di Cipriani. «Nessuno potrà garantire - ha osservato - che a un certo momento da adulti non penserebbero ai loro padri come a eroi perseguitati». famiglia della Cei, secondo il quale «per altro il genitore può sempre ravvedersi». Il direttore della Caritas don Elvio Damoli ha fatto presente il diritto dei figb ai rapporti con i genitori: «Personalmente - ha affermato - preferirei parlare di un rallentamento dei rapporti e di un'opera continuativa di prevenzione». Ancora sul fronte religioso don Giacomo Ribaudo, parroco della chiesa della Magione a Palermo, frequentata da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino quando erano ragazzi, ha osservato: «Non si può smembrare mia famiglia. Sarebbe un grave errore anche morale sottrarre i figli ai boss mafiosi per inserirli in altri contesti». Melita Cavallo, presidente dell'associazione nazionale dei giudici minorili, che è giudice a Napoli, ha tagliato corto: «Spero sia soltanto ima voce provocatoria. Per togliere i figli ai mafiosi occorre puntare sulla scuola, su servizi efficienti e presenti, su una rito di incriminare per favoreggiamento madri, mogli e sorelle dei mafiosi. Per arrivare a tanto occorrerebbe una norma specifica. Secondo il sindaco di Corleone «bisogna togliere i figli ai boss per inserirli in altri contesti, per affidarli ad altri parenti che mafiosi non sono». Questo per sottoporli ad una educazione mirata a «bombardamenti di messaggi e valori che siano alternativi e di contrapposizione ai loro valori tradizionali». «Dobbiamo disarticolare questo sistema di trasmissione di valori - sostiene Cipriani - gli adulti devono pagare per i crimini commessi, ma gli innocenti possiamo salvarli in tempo». Dai vescovi italiani è venuto mi secco no. «Non si può togliere la responsabilità educativa ai genitori se non in casi del tutto eccezionali come quando si rendono colpevoli di reati molto gravi nei confronti dei propri figli», ha commentato Marco Lora, dell' Ufficio Strappare i figli ai mafiosi. Cancellare d'ufficio con una legge la patria potestà esercitata dai boss che diventerebbero così fuorilegge anche nei più cari affetti familiari. La proposta, che ha suscitato un coro di no, viene dal sindaco di Corleone Giuseppe Cipriani del pds che è anche deputato regionale. Cipriani ne ha parlato con «l'Unità» in un'intervista dopo la condanna per associazione mafiosa a 4 anni e 8 mesi di reclusione di Giovanni Riina, il primo dei quattro figli di Totò Riina, il padrino di Cosa Nostra che da Luciano Liggio ereditò il comando della cosca più temibile e sanguinaria della mafia, appunta quella corleonese. Tempo fa Teresa Principato, sostituto procuratore dello staff di Gian Carlo Caselli nella direzione distrettuale antimafia di Palermo, ha sugge- MILANO. Il nome è tutto un programma: «Raina», piccola Rai. E' una società con sede in Liechtenstein nella quale adesso gli inquirenti milanesi che si occupano dell'inchiesta sulle telepromozioni e su Pippo Baudo vogliono vedere chiaro. E così pochi giorni fa hanno fatto partire una rogatoria alla volta dei piccolo principato-paradiso fiscale, per avere ulteriori informazioni sulla natura di questa società che vede, tra i soci costituenti, proprio Baudo. L'esistenza di «Raina», che l'accusa ritiene essere la vera cassaforte estera del noto presentatore, è venuta alla luce alcune settimane fa, quando dall'Inghilterra sono stati spediti al pubblico ministero Giovanna Ichino, dopo che l'autorità giudiziaria aveva già dato il via libera per le carte Fininvest, i risultati di un'altra rogatoria. La richiesta di assistenza a Londra era stata inoltrata dal magistrato dopo che, in alcuni interrogatori, sia Baudo sia il suo manager Giuseppe Gentile avevano sostenuto che la loro società, «Star Program», detenuta al 99 per cento da Baudo, aveva fatto, alla luce del sole, un contratto con una società inglese per l'acquisto di alcuni immobili. Ed effettivamente la rogatoria inglese ha certificato che le cose andarono proprio in questo modo. Ma, tra le carte, un particolare ha colpito il magistrato: e cioè che stranamente, una volta conclusi i contratti d'acquisto, le proprietà venivano trasferite in una società del Liechtenstein a sua volta controllata dalla «Raina» di cui risultava tra i soci fondatori Pippo Baudo. Perché? Il sospetto della procura è che proprio su questa società siano confluiti non soltanto i contratti d'acquisto delle case inglesi di Baudo, ma che la stessa sia servita a comporre una triangolazione Italia-Inghilterra-Liechtenstein per fare arrivare in un paradiso fiscale i soldi in nero delle telepromozioni: il reato ipotizzato per ora è di falso in bilancio. Ma Baudo è già accusato anche per concussione e frode fiscale in un altro processo stralcio, per il quale è stato chiesto il suo rinvio a giudizio assieme a Mara Venier e Rosanna Lambertucci. Il legale del presentatore, avvocato Delfino Siracusano, dice di non sapere nulla della società «Raina»: «E anche per le altre accuse, vedremo come andrà a finire. In particolare per la concussione, nessuno, nei verbali, ha mai detto di aver subito richieste di soldi da Baudo. E il manager Gentile potrebbe aver millantato credito. Rimarrebbero così soltanto i reati fiscali e non è escluso che per questa accusa chiederò il giudizio abbreviato». L'udienza preliminare è prevista per il 12 marzo, davanti al giudice delle indagini preliminari Piccinni Leopardi, proprio il giorno in cui Baudo debutterà a teatro con il suo nuovo spettacolo: «L'uomo che inventò la tivù». (p. col.] Antonio Ravidà

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