«La crescita è debole»
« « La crescita è debole » Ciampi: ma ormai siamo un Paese molto affidabile BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Rinviare la partenza dell'Unione monetaria? Ieri i ministri economici e finanziari dei Quindici ne hanno parlato, ma l'idea, secondo un portavoce, è stata accolta «con freddezza». Per Vincenzo Visco «tutti danno per scontato che l'Unione monetaria si farà nei tempi previsti da Maastricht», e Carlo Azeglio Ciampi è stato categorico: «Chi pensa al rinvio di fatto non vuole la moneta unica». Modigliani dice che è la Bundesbank a non volerla? «Onestamente non lo credo - ha detto il ministro -: le banche centrali hanno lavorato troppo e troppo a lungo per crearla. Una rinuncia mi sembrerebbe una contraddizione incredibile». Ma c'è un altro tema che sta diventando una sorta di sceneggiato a puntate: l'ingresso dell'Italia nel primo gruppo dell'euro. In un'intervista pubblicata ieri il belga Alexandre Lamfalussy, presidente dell'Istituto monetario europeo, metteva in guardia gli ottimisti: anche riducendo il deficit al 3% del Pil, ha detto, «può darsi benissimo che il consolidamento del bilancio venga giudicato non credibile» al momento dell'esame. D'altra parte il commissario europeo Yves-Thibault de Silguy smentiva in modo convincente l'esistenza di un documento secondo cui la Germania non entrerebbe mai nell'Uem assieme all'Italia. E un prezioso aiuto ci è arrivato da JeanClaude Juncker, premier e responsabile del Tesoro lussemburghese: «Non c'è alcun motivo per escludere i Paesi mediterranei» dal primo gruppo della moneta unica, «non sarebbe giusto». Con queste note si è aperto ieri mattina il Consiglio Ecofin dei Quindici. In programma lo stato dell'economia dell'Unione e il «programma di convergenza» del Belgio, approvato malgrado l'opposizione di spagnoli e portoghesi, furibondi per le voci di esclusione dei mediterranei, quando il Belgio ha un debito pubblico più che doppio rispetto al relativo parametro di Maastricht (130,4% del Pil nel '96, che dovrebbe calare a 127% quest'anno, ma con un avanzo primario da record: 5,4% ora, 5,8% a fine '97). I doloretti sono cominciati con l'analisi della situazione economica. Buona secondo il rapporto della Commissione, la congiuntura è stata giudicata più prudentemente da altri, soprattutto alla luce della crescente disoccupazione. L'inglese Clark ha previsto «problemi» per quasi tutti, mentre Ciampi ha invitato ì colleghi a «chiedersi come mai negli Usa il progresso tecnologico va avanti ma l'occupazione aumenta». La risposta, ha detto, sta in una «maggiore flessibilità del mercato del lavoro». Ma a chi gli chiedeva se fosse d'accordo con Antonio Fazio, che ha chiesto anche flessibilità salariale, Ciampi ha risposto che l'accordo del '93 contiene già tutte le risposte: «Si tratta di interpretare ed applicare quell'accordo». Ciampi e Visco hanno ribadito il «pieno impegno» dell'Italia a rispettare i parametri di Maastricht e ad accrescere l'avanzo primario fino al 6% del Pil (ora è al 4,1%). I due hanno poi vantato i nostri successi: inflazione al 2,5%, tassi in calo, cambio stabile al di sotto della parità centrale. «Tutto questo in un contesto però di crescita debole, che non vede ancora segni di chiara ripresa», ha detto Ciampi. Sarà per questo che i dubbi sulla nostra partecipazione all'euro si moltiplicano? Di certo bisogna consolidare il bilancio, e si sa che Ciampi vuole una manovrina di aggiustamento e l'anticipo della Finanziaria '98. Ieri non ha insistito, forse per non mettersi in contrasto con Prodi, che è apparso più freddo. La manovrina? «Non la escludo - ha detto il ministro - ma non confermo, perché le cose prima si fanno e poi si dicono». Visco, per una volta più prudente, ha detto che prima bisognerà verificare i dati economici, e ha promesso una manovra '98 più leggera del solito. Ma per fugare i dubbi dei partner - dice Ciampi dobbiamo soprattutto «comunicare maggiormente e rendere evidente il fatto che l'Italia è ormai un Paese affidabile non meno degli altri, e forse più di molti altri. Un Paese che riesce ad assorbire in meno di un anno una svalutazione del 25% e che riesce a far scendere l'inflazione dal 6% al 2,5%, dimostra di avere in sé elementi sostanziali di stabilità, e questo riguarda non solo il governo, ma anche le parti sociali». Fabio Squillante
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