Tutti ai piedi di Umberto di Guido Tiberga

Tutti ai piedi di Umberto Tutti ai piedi di Umberto E Boso per acclamazione finisce sul palco dono e riciclano i vecchi slogan della sinistra e le cantilene dei gruppi da stadio: «Lotta dura senza paura», «Bruceremo, bruceremo, bruceremo il tricolor...». La domenica è il giorno delle grandi professioni di fede. «Bisogna evangelizzare la Padania», aveva detto Bossi, e sulla metafora del missionario leghista tornano tutti: i segretari «nazionali» che lodano senza riserve il «meraviglioso discorso» di sabato. Giancarlo Pagliarini, che ripete per la millesima volta la teoria della doppia moneta: «Porca sidella! Ma come fanno a non avere ancora capito..». Giuseppe Leoni, che annuncia di aver regalato un abbonamento alla «Padania» persino a Wojtyla: «Così capirà che qualcosa sta cambiando anche nell'informazione...». Francesco Speroni, che non riesce a trattenere un impeto di individuahsmo: «Sembra che stia copiando il discorso Erminio Boso leanze elettorali dicono «no» con una maggioranza vicina al 90 per cento, sono con lui i giovani militanti che idolatrano il segretario, sono con Bossi le camicie verdi, che pure sono state espropriate dai compiti di servizio d'ordine: «Umberto-noi-siamol'esercito-padano», ripetono ogni 10 minuti, trascinandosi dietro l'intero palazzo, anziani e signore compresi. I soldati della Lega continuano ad applaudire pure quando Bossi ricorda che la Padania non ha più bisogno di una guardia nazionale perché «tutto il popolo è guardia nazionale». Applau¬ 4, di Bossi, ma queste cose io me l'ero appuntate già l'altro ieri...». I leghisti sono tutti con il capo, almeno a parole, anche i militanti del Triveneto minacciati dal partito del Nord-Est, i più esposti alle tentazione delle alleanze locali. «Attenti a nani, ballerine e leccapiedi - tuona Roberto Visentin, segretario della "nazione" friulana -. Ce n'è ancora qualcuno tra noi, gente che non ha votato contro solo per la paura di essere scoperto. Per questi vigliacchi ho un solo messaggio: andatevene, siate uomini almeno ima volta...». II Congresso segna la rivalsa degli indipendentisti, gli stessi che nei momenti di moderazione si erano visti piovere addosso gli strali del segretario. Il solito Boso: «Da buon soldato ho obbedito agh ordini del lider maximo, ma lo sapevo che la mia non era una pazzia...». Il duro Borghezio: «Amici combattenti, ab¬ biamo un grande leader». Il durissimo Calderoli, nemico storico del moderato Maroni: «Io l'ho sempre detto che prima o poi l'avremo tirato su il muro: da ima parte noi padani, dall'altra i terroni che non hanno voglia di lavorare». Bossi, in chiusura, li sdogana tutti: «Dietro di loro ci sono sempre stato io, li mandavo avanti perché non potevo espormi di persona». Nel giorno dell'unità, il capo ha una parola buona peremo per Farassino, scaricato senza tanti complimenti a Torino: «Lo so che ce l'ha con me perché non è più segretario e dice che non l'ho aiutato. Ma quando ho inventato la categoria dei padri della Padania apposta per lui. Per averlo qui insieme a noi in questo grande giorno». Gipo lo guarda, e non sa bene se commuoversi o mandarlo all'inferno. Nel dubbio, finirà per applaudire anche lui. Guido Tiberga

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