«Il vascello fantasma è affondato davvero»

«Il vascello fantasma è affondato davvero» «Il vascello fantasma è affondato davvero» «Tv7» ha ricostruito la catastrofe della notte di Natale Il giudice riconosce il feto parte civile in un processo ANCONA. Da tempo si discute sul riconoscimento della personalità giuridica dell'embrione, e ora un feto, che poi ha dato origine a un bambino, si è visto riconoscere i propri diritti in un processo per risarcimento dei danni. Erano stati subiti in un incidente stradale, quando si trovava nel ventre della madre. La vicenda si svolge a Jesi, il processo è in programma il 16 aprile. L'auto dei genitori del bimbo, che ha quattro anni, si scontrò con un autocarro. In seguito all'impatto sua madre lo mise al mondo nel pronto soccorso dell'ospedale, con tre settimane d'anticipo sui tempi. Ieri il bambino si è visto riconoscere il diritto di partecipare come parte lesa al processo a carico del camionista accusato di aver provocato l'incidente. Il capo d'accusa, notificato alla procura presso la pretura di Jesi dal pm Sorana, ipotizza il stessa, affonda. Lanka, erano stati ritrovati esausti scaricati da chissà chi su una spiaggia del Peloponneso, lì per lì nessuno aveva preso sul serio quel racconto confuso che parlava di un viaggio allucinante cominciato in Asia un mese prima, di trasbordi da una nave all'altra, fino a quell'ultimo tragico viaggio da Alessandria d'Egitto verso Malta, prima tappa verso l'Italia, la Grecia, la Germania, la Gran Bretagna, gli Usa, magari. Il sogno di un lavoro, di un'altra vita. Parlavano di una grande barca che arriva sottobordo alla Johan, il mercantile greco dove erano in tanti, tantissimi, in centinaia, stipati nella stiva come animali o casse di merci, arriva per portarli finalmente a terra, e nella notte, con le onde che battono alte sulla fiancata, ne carica cento, duecento, trecento, e chissà come fanno a starci. E infatti caracolla sul mare furioso, si riempie d'acqua, torna indietro per chiedere aiuto, finché, abbandonata a se ROMA. Era tutto vero il racconto dei superstiti del naufragio avvenuto in mezzo al canale di Sicilia la notte di Natale: una catastrofe da 283 morti, forse la più grande della storia deU'immigrazione clandestina. Era vera la storia, ignorata dai media, di quella nave di fantasmi venuti dall'Asia e ignoti alle autorità, inghiottita dal mare in tempesta nei bel mezzo del Canale di Sicilia. Un servizio del nuovo Tv7, in onda stasera su Raiuno, ripercorre oggi quella vicenda che pareva incredibile, rivelando un traffico immenso di uomini tra continenti, in mano alla mafia turca. Uno dei tanti capitob della moderna «tratta degli schiavi» dei quali neppure si ha notizia. Da Malta, quella notte, era arrivata solo una scarna agenzia, che tv e giornab avevano praticamente ignorato. E anche dopo qualche giorno, quando il centinaio di naufraghi di origine asiatica, per un terzo Tamil dello Sri «Gridavano di aiutarli, di farli risalire, ma il comandante della Johan aveva paura delle motovedette della polizia», racconta adesso uno dei superstiti, uno dei fortunati rimasti sulla nave. «Ci disse che stava arrivando una nave militare per aiutarli, e aveva in mano una pistola», racconta un altro, mentre sullo schermo scorrono in sovrimpressione immagini che ricostruiscono, come in un incubo, la sciagura di quella notte. E' tutto vero. Il giornalista di TV7 Puccio Corona e l'operatore Timoteo Salomone hanno ripercorso a ritroso la pista. A Palermo nella comunità Tamil, che dall'inizio aveva cercato di dare l'allarme e aveva coordinato le prime notizie. A Malta dove era stata affittata la «barca», in realtà una vecchia motovedetta della marina inglese lunga 18 metri, uguale a una che è lì nel porto e porta il nome di «Tem- Profughi asiatici durante uno sbarco. 283 di loro sarebbero morti in un naufragio la notte di Natale nato per omicidio i responsabili del traffico: i due maltesi, che secondo i testimoni sarebbero morti, il trafficante d'uomini greco, tal Ikios Giarbudakis, e il comandante della «Johan» che poi si era dato alla fuga, più i sette marinai della stessa nave. Che pare continui a navigare come se niente fosse, con un altro nome. ptation». A noleggiarla per 60 milioni era stato un maltese, tal Marcel Barbara, che però non sapeva pilotarla e si era servito di un pescatore. I giornalisti del Tgl hanno poi ritrovato i superstiti in Grecia, dove proprio in questi giorni il giudice che aveva aperto immediatamente un'inchiesta, ex ministro della Giustizia ha processato per direttissima e condan¬ Maria Grazia Bruzzone A i -A 'J reato di lesioni colpose gravi anche ai danni del feto: tiene conto del parto prematuro e riconosce i diritti del bimbo che adesso, attraverso il padre e la madre, si costituirà parte civile. Il bambino, che gode di perfetta salute, venne al mondo prima del tempo «con sofferenza fetale e gravi problemi respiratori al momento della nascita», afferma il pretore, e di questi elementi si dovrà tener conto al momento di quantificare i danni. L'incidente, causato da una precedenza non rispettata, risale al marzo '93. Alle porte di Jesi la Uno condotta dal padre del bimbo, su cui viaggiava la madre in stato interessante, si scontrò con un autocarro che usciva in retromarcia da un passo privato. Il bimbo nacque col parto cesareo poche ore dopo, mentre la madre era ricoverata in ospedale per le conseguenze di un forte colpo al capo. fj. p.]

Persone citate: Maria Grazia Bruzzone, Puccio Corona, Timoteo Salomone