«Strozzerei i killer dei sassi»

Il Tribunale della libertà crede all'alibi di Montagner: «In cella ho sempre pregato per la donna uccisa e per me» Il Tribunale della libertà crede all'alibi di Montagner: «In cella ho sempre pregato per la donna uccisa e per me» «Strozzerei i killer dei sassi» Libero ilpresunto vecchio della banda Sul muro della sua cella ha lasciato come ricordo un «io sono innocente», graffiato sull'intonaco con il manico del cucchiaio di plastica. E poi se ne è andato, libero dopo 19 giorni di isolamento, il pensiero fisso a «quella povera ragazza uccisa dai sassi». Claudio Montagner, accusato di aver partecipato all'omicidio di Maria Letizia Berdini con altre 10 persone, ieri è stato scarcerato dal tribunale della libertà. Un colpo, per l'inchiesta del procuratore Cuva, che comunque si dichiara sereno e dice «l'inchiesta regge, anzi questa è una conferma della validità delle mie tesi». Giampaolo Zancan, che difende Montagner assieme a Fausto Guerra, va giù duro: «E' l'ennesimo esempio di come intempestivamente si butta il mostro in prima pagina, e di come non si tenga conto che quattro cittadini hanno testimoniato in così delicata vicenda la non presenza sul luogo del fatto nell'ora del fatto stesso. Cittadini che sono stati ricompensati con un avviso di garanzia per false informazioni, per il solo fatto di aver detto la verità». Quindi, fuori «il mostro», quello che avrebbe tirato le pietre alla Cavallosa, quello con la faccia da duro, il «vecchio» - ha 40 anni - con le braccia tatuate e la passione per le moto, che ha una Yamaha 750 «mezzo custom», ma sogna una Harley Davidson «da 40 milioni». Quello che faceva paura agli altri, ai fratelli Furiar», a Loredana Vezzaro, a Paolo Bertocco, a Roberto Siringo, i ragazzi del cavalcavia. I giudici hanno deciso che il suo alibi regge. Domani decideranno su quelli di altri due arrestati, Francesco Lauria e Gianni Mastarone. Lui intanto se ne è tornato a casa, con i capelli grigi tagliati a spazzola, barba lunga, giubbotto dijrylon nero, girocollo grigio ferro, pantaloni neri, scarpe nere, le braccia però tatuate di blu? -dragoni, fiamme, ghirigori esoterici o giù di lì, e il nome di uno dei suoi figli, Diego. Bei tatuaggi, Montagner. Li ha fatti in carcere? «No. Me li ha fatti un mio amico, uno che veniva sempre alla birreria El Paso». Come è andata in carcere? «Un incubo. Ho sempre pregato per la donna uccisa, e anche per me, innocente». Lei è religioso? «Sì, vado in chiesa a San Giacomo. Pregare mi ha aiutato, ma ero tranquillo perché avevo la coscienza a posto. Però ero molto depresso. Io sono malato da anni. Ho chiesto la "terapia", cioè il Xanax, che è un tranquillante». Cosa le ha detto sua moglie? «Si è messa a piangere». Elei? «Io pure. L'ho consolata». Lei è stato accusato da tre persone: la Vezzaro, Gabriele e Sandro Furlan. Dicono di averla vista sul cavalcavia, la accusano di omicidio. Eravate amici? «Amici no. Conoscenti, ecco. Venivano a El Paso, si chiacchierava, si beveva una birra. E poi ciao ciao. Ma io questi non li vedevo da un anno e mezzo. Non venivano più in quel locale. L'ultima volta deve es- TORTONA DAL NOSTRO INVIATO L'Uk 101, autorizzato dall'Istituto superiore di sanità, sarà provato su 400 malati terminali LA PRIGIONIA «119 giorni in cella sono stati un incubo perché io sono innocente. Chi mi ha accusato l'ha fatto per ingarbugliare le indagini» sere stata nella primavera del '95. Ero andato nel negozio dove lavorava la ragazza, poi avevo incrociato Sandro, mi aveva detto "sai, lì la birra è troppo cara, adesso noi andiamo da un'altra parte"». Siete stati messi a confronto... «Sì. Gabriele ha detto " tu c'eri quella sera, ti ho salutato, ricordi?". E io gli ho detto "guarda che ti sbagli. Vi rendete conto di quello che fate? Io ho moglie e figli". Sandro invece non mi guardava mai in faccia, stava girato verso il procuratore, e ridacchiava. "Ma sì che c'eri"». Elei? «Gli ho detto "sei bugiardo". Lui mi ha risposto "sei uno stronzo"». E la ragazza? La guardava in faccia? «No, stava tutta chiusa nel suo giubbotto. Ha detto "quella sera ti ho visto riflesso nello specchietto retrovisore, sei arrivato con Faiella e Lauria"». Ma lei li conosce, questi due? «No. Faiella può darsi che l'abbia incrociato a Tortona. E anche quel- Aldo Cuva, il magistrato di Tortona che ha seguito tutta l'inchiesta sulla «banda dei sassi» LA REPLICA DEL PROCURATORE TORTONA IL CONFRONTO «I Furlan sono dei vigliacchi. Davanti al giudice Gabriele e Sandro dicevano "C'eri anche tu quella sera". E io replicavo "Siete bugiardi"» l'altro, Mastarone, che doveva essere in macchina con me, io non lo conosco proprio». Lei invece la sera del delitto era da un'altra parte, e i giudici le hanno creduto. «Io ero dai Bovolenta, che ristrutturano la casa. Sono andato là alle 16, sono rincasato alle 23. Lo hanno testimoniato Giancarlo e Erika Bovolenta, il suo fidanzato Mauro Di Tomasso, e lo zio della ragazza, Walter Melis. Alle 20, l'ora del delitto, mangiavamo pane e salame». Un lavoro in nero, perché lei lavora al Monopolio, vero? «Sì, ma mio padre era muratore, mi ha insegnato il mestiere. Io ho fatto solo la seconda media, poi, a lavorare. Mi han preso al Monopolio, ma ho continuato a fare gettate di cemento. Quella sera facevo un pavimento, ero stanco morto». Perché i tre l'accusano? «Per incasinare le indagini. So che erano venuti anche a cercarmi, dopo il fatto. Forse volevano che gli dessi un alibi». fendere i propri assistiti, ma io non conosco ancora le motivazioni del tribunale della libertà. So per questioni di cancelleria che la discussione si è protratta sino alle 20,30 di venerdì, questo significa che è stata discussa anche la posizione degli altri due e se non sono in libertà vuol dire che la mia tesi è stata accettata. Finora 5 magistrati hanno preso visione degli atti. Il risultato: una sola scarcerazione». Quindi la decisione del tribunale della libertà non fa vacillare l'inchiesta? «Assolutamente no, anzi, è stata una prova generale del processo che si terrà in assise. Se due restano in cella questo vuol dire che la pista che abbiamo sempre seguito è quel¬ Cosa pensa di loro? «Sono dei vigliacchi. Hanno fatto una cosa che non si deve fare, solo perché sono uno bravo». Ma molti a Tortona dicono di lei che è un duro, che ha spaccato la faccia a uno... «Vecchie storie, quello mi stringeva alla gola, e allora ho sferrato un pugno». Ma lei non ha mai sospettato dei Furlan e degli altri? «No. La sera dei primi arresti, quando la gente in piazza voleva linciarli, io ero lì, mi han detto "sono stati i Furlan", mi sono cascate le braccia. Guardi, io i colpevoli li strozzerei con le mie mani. L'ho detto anche ai carabinieri, "sapessi chi è stato, lo denuncerei, o mi farei giustizia da solo". Se fossi il vedovo, verrei qui e gli sparerei». Cosa farà, adesso? «Domani andrò a trovare i miei genitori, non han fatto altro che piangere in questi 19 giorni». Brunella Giovara «Ci sono le confessioni, questo sarà «Il professionista coinvolto? Su come un processo di mafia coi pentiti» questo servono ancora tanti controlli» MILANO. Alla fine le volevano tutti bene, proprio come ad un'affezionata parente. «Vedrai - le dicevano i coniugi vicini di casa, amici dell'ultima ora - quando tornerai a casa dall'ospedale verrai a vivere con noi». E per garantirsi la gradita presenza le hanno fatto firmare una procura speciale con la quale prelevare, nell'attesa, un po' di contanti dal suo conto in banca. «E' un mondo di gente cattiva - le ricordava invece l'infermiera della clinica - e io sola mi prendo cura di lei». E per farsi ringraziare si è fatta nominare, su un foglio di block notes, erede universale. «Sei solo tu l'unica zia per me», rivendicava la nipote «ritrovata» per rinfrescarle la memoria nel caso La nonnina avesse voluto lasciare qualcosa. Tutti affezionati e partecipi intorno al letto di morte di Giacomina (Mina) Calvi, classe 1913, vedova da 30 anni dell'industriale Anelli, senza figli e con un'unica nipote, Loretta Calvi in Blindt. Ora si sono messi di mezzo gli avvocati e dopo gli avvocati i giudici per allestire in tribunale il palcoscenico della più classica commedia all'italiana: l'eredità contesa. Perché la nonnina, che se n'è andata tre anni fa da questa valle di lacrime, ha lasciato di sé un ricordo indelebile: tre miliardi di lire. Anzi due e mezzo, per essere precisi, visto che 500 milioni se li sono spesi, nei suoi ultimi mesi di vita, gli adorati vicini di casa, i coniugi Piattella, grazie alla procura che si erano fatti firmare promettendole di salvarla dalla solitudine in cui, a quanto pare, l'aveva lasciata la nipote. Meno male che sulla salute di Mina e sull'integrità del suo patrimonio vigilava l'infermiera Concettina Ambrosanio, detta Tina, che ha avvertito la nipote quando ormai la nonnina, ricoverata alla clinica Pio X, si stava spegnendo per una malattia cronica al fegato: «Quelli sono dei corvi e stanno già facendo baldoria». Ne è nato un processo, dove i due vicini di casa hanno patteggiato una condanna per circonvenzione d'incapace. Sembrava tutto finito nel migliore dei modi, con la nipote Loretta (che, secondo il medico della signora Mina, non era ben vista dall'anziana zia) finalmente in grado di godersi l'eredità. Ma sul più bello, l'infermiera Tina è tornata a farsi viva: non più per avvertirla di sperperi da parte di qualche vicino di casa, ma con una carta da bollo del notaio Sala che rendeva noto il testamento olografo della zia defunta, scritto, dice la Tina, un mese prima della morte: «Lascio tutto alla mia brava infermiera». Poche righe su un foglietto di block-notes che hanno diseredato di colpo la nipote Loretta Blindt. La quale è corsa dal magistrato con un esposto in mano. La commedia è appena incominciata. [p. col.] I I Claudio Montagner mostra i tatuaggi sul braccio. A sinistra, il giorno dell'arresto

Luoghi citati: El Paso, Milano, Tortona