Amici e nemici, per referendum di Guido Tiberga

Amici e nemici, per referendum Amici e nemici, per referendum Grande consulto sulle «alleanze impossibili» «Se la Lega ha intenzione di ripresentare la mia candidatura, io accetto con orgoglio. Vi chiedo soltanto una cosa: fate che vicino al mio nome ci sia soltanto un simbolo. Quello della Lega...». Quando Marco Formentini sale sul palco del Palavobis, intorno all'una del pomeriggio, il popolo della Lega maschera bene la delusione: la «base» aspettava Bossi, bandiere e attenzioni erano pronte per lui, e accontentarsi del sindaco non è facile per nessuno. Formentini, però, tiene bene la scena: un paio di frecciate su Prodi tanto per scaldare la platea, poi l'affondo su uno dei temi principali della giornata: la scelta strategica per le elezioni amministrative. Una scelta che il cuore leghista ha già preso, ma che dovrà passare al vaglio dell'ultima invenzione uscita ieri dal cappello di Bossi: un «referendum» per mettere nero su bianco la volontà del congresso. Anche volendo, trovare alleati sarebbe difficile. Lo statuto approvato in mattinata ha cambiato ufficialmente il nome del partito in «Lega Nord per l'indipendenza della Padania». Nel logo è stato inserito il sole a sei punte che da settembre è il simbolo «nazionale». Perfino l'aspetto di Alberto da Giussano è diventato più minaccioso: il leone di Venezia stampato sullo scudo ha chiuso il libro e impugnato la spada. «Come faceva l'antica repubblica marinara quando scendeva in guerra - spiega il presidente del congresso Fabrizio Comencini - perché anche la Padania ha iniziato la sua guerra democratica...». Non c'è dubbio che la base non voglia neppure sentir parlare di alleanze: al richiamo di Formentini alla «Lega da sola», la platea esplode come imo stadio: campanacci, bandiere, urla di «li-ber-tà, liber-tà, li-ber-tà». Eppure Bossi prende tempo: il leader chiede al «suo» congresso una cambiale in bianco. «C'è da votare», dice Comencini, e le minuti, ma chiamarlo «referendum» è troppo. In fondo non è neppure un sondaggio: le «schede» vengono distribuite a tutti: delegati, ospiti, pubblico. Se ne trovano dappertutto, a disposizione di chiunque le chieda. Vicino all'urna, piazzata nel palazzetto, non ci sono controlli. Può votare chiunque, anche più di una volta. Sullo stampato preparato da Bossi ci sono sette domande: la Lega deve presentarsi da sola o con qualcuno? E nel caso si possano fare alleanze, con chi si devono fare: con le liste civiche? Con tutto il Polo? Con tutto l'Ulivo? Con i singoli partiti del Polo o dell'Ulivo? Sette quesiti cui si può rispondere con «non più di due preferenze», ma che in realtà hanno già una risposta. In tribuna i militanti sono più che convinti, e chi va sul palco non risparmia nessuno dei potenziali alleati: partiti tradizionali e nuove formazioni, meno che mai quelle in cui militano i «traditori del popolo padano». Sulla Pivetti è quasi un tiro al bersaglio: «Anche quando si nascondono sotto il simbolo di un orso - dice il presidente del partito Stefano Stefani - i topi restano sempre topi. Pantegane che hanno abbandonato la nostra nave senza capire che noi non affonderemo mai...». Le dichiarazioni di voto sono a senso unico. Soltanto una voce va fuori dal coro: «Se il referendum di aprile per l'indipendenza della Padania dovesse andare male - prova a hostess in camicetta verde distribuiscono cinquemila copie di un questionario preparato lì sui due piedi. L'happening del voto si concretizza in una ventina di e SUCCESSO AL PALAVOBIS dire Maria Bertoldi, delegata di Feltre - perché mai dovremmo lasciare le nostre città in mano alle sinistre?». La Bertoldi non riesce neppure a finire, travolta dalle urla e dagli insulti. «Lasciatela parlare - sorride Comencini -. Dopo, almeno, la fischierete con più gusto...». Un'ora più tardi, dopo l'intervento di Bossi, nessuno ha più il minimo dubbio. Stamani, comunque, i risultati «ufficiali». Guido Tiberga

Luoghi citati: Feltre, Giussano, Venezia